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Lo stracchino all'antica delle Valli Orobiche

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stracchino all'antica delle valli Orobichestracchino all'antica delle valli Orobiche“Racconta il formaggio del cuore”, concorso per appassionati scrittori di cucina promosso dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese e dalla Condotta Slow Food Gianni Cosetti con la collaborazione di qbquantobasta rivista mensile di gusto e buongusto nell’euroregione in occasione della manifestazione “Gemona, Formaggio… e dintorni”. Pubblichiamo il racconto del cuore del terzo classificato: Eleonora Gaspari con Stracchino all'antica delle Valli Orobiche.

C'era una volta una malga sul cocuzzolo delle alpi Orobiche che produceva un formaggio con il latte delle sue mucche.... Questo sarebbe l'inizio della storia se la malga fosse solo un bellissimo ricordo raccontato dai nostri nonni, invece la storia che oggi vi voglio raccontare inizia così.
C'è una malga sul cocuzzolo delle alpi orobiche, lontana dal caos della città e dallo smog, che produce ancora secondo la vecchia tradizione, un formaggio a latte crudo, con il latte delle sue mucche, un formaggio che prende il nome di "Stracchino all’antica delle Valli Orobiche".
Una malga immersa nel verde e senza la possibilità di essere contaminata dal progresso dell'uomo, una malga che può essere raggiunta solo a piedi grazie a un sentiero un po' impervio; dopo una scarpinata di 45 minuti si giunge in un vero e proprio paradiso, lontano da tutto e tutti, dove le mucche pascolano felicemente sui loro prati e producono un latte anzi il latte che dà vita allo Stracchino all’antica delle Alpi Orobiche.

Lo stracchino era il formaggio preferito di mia nonna, quello che non mancava mai nel suo frigorifero e la sua frase ricorrente nelle feste "grandi", come le chiamava lei, era: "Vengo a mangiare da te ma voglio polenta e stracchì", ecco perché lo stracchino è il formaggio del mio cuore!
Lo stracchino, lo conosciamo tutti, perché si trova in qualsiasi banco frigo dei supermercati ma lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche ha una tradizione tutta sua e non ha niente a che vedere con quelli simil spalmabili e quasi privi di gusto che si trovano in commercio.

Lo stracchino, anticamente, era il formaggio principe dell'economia familiare, prodotto utilizzando il latte appena munto, crudo appunto, delle poche mucche che ogni famiglia possedeva. Questo formaggio si produceva durante il periodo della transumanza, da qui si presuppone derivi il doppio significato del termine Stracchino ossia "Stracch" che in bergamasco significa stanco ed era dipeso dalle mucche stanche dalla transumanza, oppure dalle erbe non più floride e rigogliose, stanche, del periodo autunnale.

Oggigiorno immaginiamo la stalla solo ed esclusivamente come un luogo per il ricovero degli animali; anticamente, invece, era un luogo equiparato alla casa, un rifugio caldo, grazie al calore emanato dalle bestie, per trascorrere le fredde notti d'inverno, mentre le donne lavoravano a maglia, i bambini giocavano a campana e gli uomini si dedicavano alla produzione del formaggio, dei salumi e quello che serviva per il sostentamento della famiglia. Il fatto di avere un luogo dedicato alla produzione del formaggio all'interno della stalla faceva sì che il contadino non dovesse uscire, correndo il rischio di raffreddare il latte appena
munto, ma poteva lavorarlo direttamente sul posto. Rapportandolo al gergo attuale, si può dire che era un formaggio a Km0!


Lo Stracchino all’antica delle Alpi Orobiche è un formaggio prodotto con latte crudo, in quanto fuoriuscendo dalle mammelle delle vacche ad una temperatura compresa tra i 35° - 37°, può essere lavorato senza essere ulteriormente scaldato. Il contadino, quindi, mungeva le sue mucche e dopo aver messo da parte il latte necessario per l'uso quotidiano della famiglia, il resto lo portava nel suo piccolo caseificio all'interno della stalla e qui aggiungeva il caglio: come per magia dopo una ventina di minuti si formava la cagliata.
Anche il caglio era prodotto direttamente dal contadino, usando l'abomaso, lo stomaco che serviva
ai vitellini per digerire il latte materno, i vitellini venivano macellati a 40gg dalla nascita proprio per
evitare che l'abomaso si atrofizzasse e non fosse più utilizzabile per produrre il caglio.
L'abomaso prelevato dal vitellino, veniva riempito con il sale e fatto seccare vicino al camino. Una
volta completamente seccato, veniva tritato e utilizzato come caglio.


La particolarità dello Stracchino all’antica delle Valli Orobiche è che la cagliata non viene rotta, ma
viene tagliata molto delicatamente in quadrotti piuttosto regolari grossi come una noce, così da
separare il siero dalla parte casearia, con degli arnesi chiamati, "basla" una sorta di bastardella
senza manici e con fondo tondo, la "spada", un altro arnese di legno a forma di spada e lo "spino",
un pezzo di ramo del biancospino. Una volta tagliata, la cagliata viene messa nelle apposite forme di legno rettangolari con le "büsche", dei fili d'erba privi di foglie che conferiscono la classica rigatura sulla crosta dello
stracchino.
A questo punto inizia il periodo della stufatura ossia il tempo di riposo e stagionatura dello stracchino, che dopo qualche giorno è pronto per essere mangiato. Trattandosi di un formaggio che faceva parte dell'economia familiare era consumato assieme ad altri elementi poveri come la polenta.


Ed è proprio con l'abbinamento di questi due elementi principe della dieta dei contadini di un tempo che vi propongo una ricetta tipica delle valli Orobiche rivisitata in chiave street food.
Vi propongo i "brüstolot", delle crocchette grosse quanto un mandarino a base di polenta ripiene di stracchino e cotte sulla brace del camino, abbrustolite quindi, da qui il termine "brüstolot". Io le cucino sulla piastra e le abbino a della salvia e carote in pastella e dei bocconcini di stracchino
sempre in pastella. Un antipasto ricco e golosissimo, in vero e proprio street food style!

Ricetta dei Brustolot con stracchino in pastella
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