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Graziano Prà il Soave secondo natura

Graziano Pra con il suo border collie nel vignetoGraziano Pra con il suo border collie nel vigneto

E' uno dei nomi imprescindibili quando si parla del Soave, quel territorio che regala uno dei bianchi più apprezzati del mondo. Ma non è soltanto questo, perché per Graziano Prà la scelta di
una viticoltura biologica e sostenibile (concimi organico minerali, letame naturale, lieviti selezionati) è stata fisiologica. Nato e cresciuto in una famiglia di agricoltori, gente che lavorava la terra fin dai tempi del bisnonno, con il rispetto dovuto alla terra stessa; poi l’adesione ad Arcigola che divenne Slow Food. Per Graziano Prà fare vini buoni e sostenibili è stato un passo naturale (non ha certificazione, come molti vignaioli, “tanto non serve, basta far bene le cose, senza veleni”). “Ero un predestinato – dice, quando lo incontro nella sua bella cantina a misura d’ambiente a Monteforte d’Alpone –, ma sono stato più fortunato dei miei due fratelli più grandi: ho potuto studiare Enologia a Conegliano. Erano gli anni Settanta e il vino, all’epoca, non se la stava passando tanto bene, perché si parlava e, in molti casi si trattava davvero, di sofisticazioni. Poi nell’86 ci fu lo scandalo del metanolo. Un decennio da dimenticare. Ma, grazie anche a personaggi come Veronelli e Soldati, si capì che il vino italiano aveva grandi potenzialità”.

Facciamo un passo indietro: nel 1979 muore il padre di Graziano e allora, proprio allora, nacque quella che è l’attuale azienda vitivinicola a Monteforte d’Alpone, rocca del Soave, che da pochi anni si è arricchita anche di un po’ di ettari nel cuore dei grandi rossi veronesi nell’alta valle di Mezzane. È proprio Graziano, forte dei suoi studi di Conegliano, a convincere uno dei fratelli a fare del vino la produzione più importante dell’azienda di famiglia. Affittarono cisterne, cantine, macchinari e cominciarono. Allora l’azienda era in tutto di 7 ettari, ma attorno stavano
nascendo piccole industrie di tutti i tipi e il fratello decise abbastanza presto di dedicarsi ad altro. Graziano invece perseverò: una volta fatto il vino, lo metteva in damigiane e di sabato le andava a vendere porta a porta (all’epoca una famiglia acquistava anche due damigiane da 54 litri a settimana), presentandosi e presentando il suo vino. Fu l’inizio di tutto. Nel 1983, ecco la prima bottiglia di Soave. Ma non solo. Graziano, che trova anche il tempo di insegnare enologia a Verona, dove tiene lezioni in un’aula stracolma insegnando tutto del vino dal campo, alla cantina alle degustazioni, scopre la fiera di Düsseldorf. Ci va con i suoi vini ma non vende nulla. “La svolta arriva con Vinitaly nel 1989, grazie a una catena di enoteche tedesche”, mi racconta. “Ero preoccupato perché non avevo una bella cantina, quelli arrivano in Mercedes con autista e segretaria e mi ordinano 1006 bottiglie, tutto quello che avevo”.

Graziano Prà nella sua cantinaGraziano Prà nella sua cantina

Da allora Prà non si è più fermato, gli ettari vitati sono 32 su 40, e dopo l’acquisto dei terreni in Valpolicella (“quei terreni erano già a coltura biologica e tali sono rimasti”, precisa) nel 2001 le bottiglie sono diventate 500.000, il 98% delle quali se ne va all’estero in 42 paesi, fra i quali i mercati più forti sono Germania, Stati Uniti e Paesi Scandinavi. Tra i suoi vini il Soave Classico Staforte, un bianco di grande raffinatezza; il Soave Classico Montegrande, un vino che sa di perfezione; Otto (dedicato all’amatissimo border collie), un Soave semplice e freschissimo; Le
Fontane, Recioto Soave docg, splendido vino da meditazione o da fine pasto fra un formaggio e un biscotto; La Morandina, Valpolicella Superiore; La Morandina Ripasso e l’Amarone: grandi rossi secondo la tradizione della zona.

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