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Teranum 2018 riflessioni con Saba

 

Un uomo innaffia il suo campo. Poi scende/  così erta del monte una scaletta,/ che pare, come avanza, il piede metta/ nel vuoto. Il mare sterminato è sotto./ Ricompare. Si affanna ancora attorno/ quel ritaglio di terra/ grigia, ingombra/ di sterpi, a fiore del sasso. Seduto/ all'osteria, bevo quest'aspro vino (Umberto Saba, Contovello). Riusciamo a immaginarlo, Umberto Saba che in un’osmiza del piccolo paesino di Contovello se ne sta seduto su una panca di legno, sotto le fronde di un albero. Si gode il mare, il silenzio, la pace sorseggiando sereno “quest’aspro vino”. Con tutta probabilità si trattava proprio di Terrano, La produzione di questo vino rosso, meglio noto con il nome di Terrano del Carso (kraški teran), risale probabilmente agli inizi dell'era cristiana. Nel medioevo, affermano i documenti, si regalava il vino Terrano agli ospiti illustri in occasione di una visita nella città di Udine, nel vicino Friuli. Fino al XIX il Terrano era molto amato qui nell’area giuliana ed era il vino più caro di Trieste. Molte sarebbero ancora le notizie da scrivere, ma il mio compito, come inviata di qbquantobasta, è un report su Teranum (e i vini rossi del Carso), la manifestazione organizzata dall’Associazione Viticoltori del Carso, con l’obiettivo di divulgare e salvaguardare questo vino dalle caratteristiche particolari, forse non facile da capire per l’elevata freschezza. Il Terrano si presenta rosso rubino dai riflessi violacei, spiccano al naso la frutta rossa croccante e succosa, accompagnata da profumi balsamici e di sottobosco.  Il sorso è molto fresco, diretto, forse un po’ sgarbato, ma molto coinvolgente; un vino che rispecchia il territorio e chi lo produce, un vino che forse non si fa amare da tutti, ma di certo non si dimentica facilmente. 

L’edizione 2018 di Teranum è stata veramente importante, non solo per il record di viticoltori presenti, ma anche e soprattutto perché è stato firmato un disciplinare transfrontaliero fra Italia e Slovenia. Il progetto, partito da ottobre 2015, ha coinvolto l'Associazione Viticoltori del Carso in una serie di incontri con i colleghi di oltreconfine, accompagnati dalle istituzioni regionali e statali. L'obiettivo era evitare che i produttori del Carso perdessero la storica denominazione nell’etichetta. Proprio per questo era indispensabile condividere con la Slovenia la realizzazione di un disciplinare e quindi una Doc transfrontaliera. E questa qui sotto è probabilmente l'immagine emblematica dell'evento con un sorridente Matej Skerli. 


Nel disciplinare vengono definite le caratteristiche del vino, che assume la denominazione di Teran e che viene prodotto sull'altipiano carsico italiano e sloveno. Tra le specifiche definite dal documento, oltre all'area geografica di produzione e i procedimenti enologici, viene stabilita la varietà (refosco), la quantità di uva per ettaro (9000 kg), il legame tra ambiente geografico e caratteristiche del prodotto e infine le qualifiche per la certificazione. È stato superato il problema relativo all'arricchimento del saccarosio, permesso in Slovenia ma vietato in Italia. Le parti infatti hanno convenuto di fare riferimento alla normativa europea.
Seduto all’osteria Umberto Saba compiaciuto beve l’aspro vino. E noi con lui.

Foto di Umberto Saba, fonte: Fabrizio Falconi - Blogspot

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