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I vini di Gravner in una degustazione speciale


Il 17 sarà, a dispetto della cabala, un numero da ricordare. È il numero del giorno di settembre in cui Mateja e Josko Gravner hanno aperto la loro casa e la cantina alla Fondazione Italiana Sommelier FVG. Non solo il 17 è numero da ricordare da ricordare ma anche 8,9,10... il nome dl nuovo vino che abbiamo assaggiato in anteprima assoluta.  Potrebbe interessarti anche 8,9,10 il nuovo vino di Gravner vendemmiato a novembre
Di Josko Gravner si è detto di tutto e lo si  etichettato in tanti modi: dal vituperio alla celebrazione; dall’innovatore all’utopista; ora tutti sono unanimemente concordi nel definirlo un grande del vino, un maestro.


Non credo sia stata ipocrisia, forse era anche un po' d’inconscio “timore reverenziale”, anche da parte degli altri produttori, per la sua filosofia o, come mi piace definirla, la sua arte di fare il vino. Sì proprio l’arte di fare il vino; sono convinto che tutti i vignaioli a modo loro, siano degli artisti; Josko è un grande artista, volendo paragonarlo a qualche nome… per me, è il Caravaggio dell’enologia, per l’intensa espressività dei suoi vini per il fatto di non soggiacere a convenzionali regole, ma soprattutto per la tipicità dei suoi vini.

È uno spirito libero, un anticonformista, uno che ha voluto e saputo cogliere l’essenza del vino; quel succo curato nella sua estrema semplicità nel rispetto totale della natura, e nel rispetto della sacralità del vino stesso. È quel vignaiolo che non solo conosce se stesso, ma conosce la sua terra, com’è composta e cosa riesce a dare; conosce, uno per uno, i suoi ceppi piantati in quella particolare zona collinosa, Oslavia – a cavallo tra la Slovenia ed il Friuli - che con i terreni arenacei-marnosi, minerali e con una condizione orografica peculiare, è particolarmente vocata alla crescita della vite.
È questo un piccolo lembo di terra friulana, dove le uve e i vini di Josko Gravner esprimono una grande individualità, profumi unici e intriganti tali da renderli caratteristici, esclusivi e piacevoli.
La filosofia di Josko nel fare il vino può racchiudersi in un suo semplice concetto: “…il vino prende forma e nasce nel vigneto. In una terra difficile, con la luce e il calore del sole. Con l’amore per la pianta che va rinnovato ogni giorno. Al momento dell’impianto, affidandola solo ai terreni migliori. Poi, sapendo interpretare le sue necessità, contenendo la sua esuberanza. È un amore che la vigna ricambierà generosamente, assecondando il corso delle stagioni per dare un frutto dolce e maturo…”


E come a tutti quelli che credono nelle loro idee e vanno avanti incuranti di quello che gli altri dicano o pensino; i fatti gli hanno dato ragione. È riuscito a perforare la dura corazza della diffidenza. Oggi Josko Gravner è il vignaiolo nell’accezione più ampia del termine: è un’icona e i suoi vini sono indiscutibilmente dei must.
I vini di Josko sono anche frutto di studi e ricerche approfondite, prescindendo dagli interessi commerciali, che potevano essere già vantaggiosi, si convince, intimamente, che deve proporre vini naturali; cioè interferire il meno possibile sui cicli che la natura impone, facendogli rafforzare il legame con la sua terra, bandendo concimi chimici e antiparassitari; sfruttando, al limite dello stress, la pianta anche con vendemmie tardive per ottenere le sue uve mature come vuole lui e come la natura gli permette. Uve poi lavorate dopo la macerazione sulle bucce con fermentazione spontanea e senza preoccuparsi delle temperature, evitando anche l’utilizzo di lieviti e con un
moderato uso della solforosa. La sua originale (ora non più, parecchi vignaioli lo stanno imitandolo), forma di
vinificazione si rifa a “come si faceva una volta” in epoca romana, prima dell’avvento delle botti che rivoluzionò per certi versi il trasporto e la maturazione del vino. Fa macerare le uve in anfore in terracotta che d’altra misura e
forma erano destinate al trasporto. Anfore che provengono dalla lontana e martoriata Georgia dove Josko
personalmente è andato a sceglierle.

Da queste nasce un prodotto al di fuori delle convenzioni classiche del vino e difficilmente omologabile con altri che si trovano in commercio. I suoi sono vini che toccano nel profondo, sono di grande passione, possono sembrare “difficili” ma conquistano al secondo sorso per la loro inconfondibile “tipicità”.

I vini che Mateja e Josko Gravner hanno proposto la sera della degustazione, 17 settembre, sono stati, a dir poco,
sorprendenti.
Il primo un Bianco Breg 2007. Un blend di Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay e Riesling in percentuali variabili da anno ad anno. Il colore è quello che colpisce in prima battuta: un oro antico, ambrato. Al naso un susseguirsi di sentori dall’albicocca, al timo; dalla salvia a note agrumate e biscotti alla nocciola. Tenendolo nel bicchiere i profumi galoppano, spaziano e inebriano. Al gusto è di un’eleganza unica; intenso e molto persistente con una freschezza
inaspettata e una bevibilità disarmanti.
Il secondo: un fuoriclasse. Una ribolla annata 2007. Un vino di alta qualità. Nel bicchiere il colore è giallo ambra e luminoso. Al naso di un’intensità, complessità e finezza che s’inseguono e inondano le vie nasali di aromi di cacao, castagne secche, sentori floreali di viola, rosa appassita e altre che ad elencarle si rischia di esagerare. Occorre assaggiarlo per rendersene conto. Al gusto è caldo, morbido e molto fresco e si ha la sensazione che una nuvola profumata invada le papille con sentori di spezie e frutta disidratata. Di una persistenza straordinaria.
È stata poi la volta di un rosso. Il rosso Breg 2004. Uve Pignolo. Sensazionale. Nel bicchiere è di un rosso rubino intenso, compatto e denso. Al naso intenso e ampio, di una particolare finezza; sentori di frutti rossi ribes, more mature, e note balsamiche unite a spezie, completano il quadro olfattivo. Al gusto è morbido, caldo, i tannini non invadenti anzi vellutati; una mineralità unita alla freschezza lo completano. Intenso ed equilibrato di una finezza e persistenza che fanno innamorare.
8, 9 e 10. Un vino strabiliante e non esagero.
Di un giallo dorato con tendenza all’ambra, compatto e brillante. Al naso molto intenso e ampio, fine ed equilibrato. Dominano sentori floreali e note balsamiche; frutta secca dalle mandorle alle nocciole tostate e fichi, dolci ma non troppo maturi; di quella dolcezza che piace e ti porta a riassaggiarlo; ammaliano la sua morbidezza, la freschezza e la mineralità. È un insieme di tre annate, il 2008, il 2009 e il 2010, di uve di Ribolla Gialla curate da Josko Gravner aiutato dalla sua terra, dalla natura, con quelle muffe nobili che spesso attaccano i grappoli. Muffe sapientemente controllate. È un vino che farà parlare tanto di sè; è un vino che racchiude una storia… racchiude ricordi che vengono da… dentro.
I vini di Gravner sono, tutti, destinati a reggere il confronto con il tempo. Josko dice: “…Se il vino non tocca il cuore e l’anima, è solo una bibita!” I suoi vini hanno mi hanno toccato il cuore e l’anima.
Grazie Mateja…grazie Josko.

Le foto sono di Luis Walter Bortolotto e la gallery completa la potete visualizzare QUI

 

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