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Quali sono le migliori mele del FVG?

Vincitori 2019 del concorso sulle migliori mele FVGVincitori 2019 del concorso sulle migliori mele FVG

ASSEGNATI a PANTIANICCO ALLA 50esima MOSTRA REGIONALE DELLA MELA I PREMI 2019. La Commissione tecnica - composta da rappresentanti delle diverse istituzioni regionali quali: Emilio Beltrame, Regione Autonoma Fvg, Michele Fabro Ersa, Luigi Fabro tecnico frutticolo, Marco Gani Arpa FVG , Paolo Ermacora Università di Udine, Leonardo Barberio Consigliere regionale, Barbara Oian tecnico Ersa e Daniele Della Toffola oltre da Guerrino Della Picca e da Elvio Cisilino, per la pro loco stessa - ha assegnato il premio di eccellenza all'azienda Le Rive di Raffl Manfred di SPILIMBERGO che “si è distinta per la produttività e la qualità del prodotto, per il costante rinnovo varietale, per la conduzione aziendale puntuale e volta all’innovazione tecnologica, per l’infrastrutturazione aziendale, per la gestione agronomica e fitosanitaria del frutteto in un’area che negli ultimi due anni era sotto forte pressione per la massiccia presenza della cimice asiatica”.


Mele cultivar Di CoroneMele cultivar Di Corone

Premio come migliore azienda frutticola biologica quella di Franceschini Paolo di Mortegliano (Ud). Migliore azienda frutticola (di piccole dimensioni) non superiore ai tre ettari l’azienda agricola di Pez Pio di Beano - Codroipo (Ud). Migliore azienda frutticola montana l’azienda agricola Podrecca di Dario Nereo di Lorenzaso -Tolmezzo (Ud).
Per le “migliori cassette di mele” portate in esposizione (e visibili al pubbico) la giuria di tecnici ha considerato come qualità (cultivar) migliori quelle presentate dalle seguenti aziende agricole Fvg : Pierigh per le mele “Gruppo misto”; Bant per le “Golden”; La Tiepola per le “Gala” e con le “Granny Smith””; Pinzano per le “Stark”; Pez per le “Fuji”; Franceschinis per le mele realizzate con coltivazione “biologica”; Podrecca per le mele “autoctone” (cultivar Di Corone).

Conoscete il tokonoma nella casa giapponese?

Conoscere il tokonomaConoscere il tokonoma

Voi appassionati di cultura e life style giapponese conoscete il Tokonoma? Ne parlerà a Gorizia domenica 29 settembre alle 10.45 Giovanna Coen, che i lettori di qbquantobasta ben conoscono.

Nelle case tradizionali giapponesi o nelle case moderne che contengono una washitsu (stanza in stile giapponese) il Tokonoma (床の間) rappresenta il punto focale della stanza, non solo dal punto di vista architettonico, ma più correttamente sociale e culturale. La traduzione strettamente letterale del termine inganna: il ”tokonoma” secondo questo criterio sarebbe uno “spazio del pavimento”, con ben poco significato quindi. Ma una più attenta analisi fa scoprire come questo piccolo spazio rappresenti l’essenza della cultura tradizionale giapponese, assumendo quindi il significato di “spazio della bellezza”.
Nella casa tradizionale giapponese infatti, solitamente non sono esibiti quadri, ritratti o più semplicemente oggetti d’arte. Solamente in questo spazio, la cui origine si perde nel tempo, vengono esposte opere d’arte come pergamene (kakemono o opere di calligrafia), composizioni di fiori o stupendi bonsai, pochi oggetti, bellissimi nella loro apparente semplicità, ma rappresentativi di un intero mondo.

L’incontro vuole pertanto porre l’attenzione su questa caratteristica nicchia che, pur nella sua essenzialità, sa esprimere non solo l’eleganza e la comunione con la natura, tipica della cultura tradizionale giapponese, ma dei concetti che trascendono la rappresentazione per inoltrarsi in ambiti spirituali. 

BONSAI CLUB GORIZIA sala Dora Bassi - Via Garibaldi 7 - GORIZIA

Chi è il pizzaiolo campione del mondo?

Nell'edizione 2018 di Napoli Pizza Village arrivò primo nella categoria pizza di stagione, nel 2016 sfiorò la vittoria arrivando secondo nella categoria Pizza senza Glutine e nel 2015 vinse la categoria Pizza a metro con una pizza battezzata “Terra Mia”, un omaggio a Pino Daniele per celebrare gli ingredienti campani. E all’olio e al pomodoro ha intitolato la sua pizzeria di Melito in provincia di Napoli. Ciro Magnetti, napoletano, è stato incoronato campione Mondiale dei Pizzaioli, vincendo il 18° Trofeo Caputo-pizza napoletana Stg, nella finale del Napoli Pizza Village.

Conoscete â Cjallèdde?

Paolo Leoci ci racconta qui i passaggi necessari per preparare al meglio â Cjallèdde, piatto tradizionale della cucina povera pugliese, ricca di ecotipi locali, fresca e leggera, adatta a pasti frugali estivi. Di seguito i passaggi essenziali per la preparazione. Naturalmente la disponibilità di prodotti tipici locali rende il tutto più golosamente magnificente. leoci sugoleoci sugo

Schiacciare i pomodori Regina maturi, freschi o al filo, dopo averli pelati, al fine di creare una spremuta sul fondo della coppa, aggiungere aglio tagliato molto finemente, origano e olio fruttato intenso con mediane del piccante e amaro notevoli, le Cultivar Coratina e/o Cima di Mola vanno benissimo.  Tagliare in 4 i pomodori. 

Utilizzare la Cipolla di Acquaviva delle Fonti, ottima da mangiare cruda per sapore delicato e profumato...

Non piangete! Sminuzzate la cipolla a fette e tagliate a tocchetti ecotipi locali di "Cucumis melo" quali Barattiere e Scopatizzo...

Aggiungere pomodori Fiaschetto e/o Perina di Egnathia maturi e un cornaletto verde, meglio se Diavolicchio di Carovigno.
Aggiungere già spezzati in parti uniformi e bagnati in acqua fresca e salata al punto da ottenere la giusta arrendevolezza alla masticazione, il tarallone di farina 0 di Monopoli, la Frisa salentina d'orzo e la Frisella di semola da grano Senatore Cappelli. Amalgamare per bene e adornare con basilico fresco.

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Quando è nato il Bergader


Insalatona con Edelpilz BergaderInsalatona con Edelpilz Bergader

Circa 120 anni fa nel paesino alpino di Waging am See è cominciata la storia di successo dell’impresa familiare Bergader, che con passione da allora produce prodotti caseari. Bergader vuol dire "vena di montagna", un nome che racconta la provenienza di questo formaggio che ha origine nelle alte vette alpine in cui sorgono ruscelli d’acqua fresca, che scivolano verso valle dando nutrimento ai prati e alle mucche che producono un latte di altissima qualità. Il formaggio Edelpilz, storico formaggio erborinato di Bergader creato dal fondatore Basil Weixler, è una specialità cremosa e piccante.  “Una buona impresa è come un buon formaggio. Stagiona” afferma Charlotte Steffel, figlia del fondatore Basil Weixeler.

 La ricetta con il Bergader

Qui vi proponiamo un'insalata ricca e dal gusto deciso con il Bergader come ingrediente. 

INGREDIENTI 

50 g di radicchio rosso
50 g di carote
50 g di insalata
30 g di rucola
100 g Edelpilz
20 cl latte/panna

PREPARAZIONE
Lava accuratamente le verdure e tagliale in piccole dimensioni; aggiungi 50 g. di Edelpilz tagliato a cubetti.
Sciogli gli altri 50 g. di Edelpilz nel latte/panna, a fuoco basso, fino a ottenerne una salsa fluida.
Condisci l’insalata con un cucchiaio di olio di oliva e, una volta che l'hai composta nel piatto, distribuisci sopra la salsa di Edelpilz tiepida.

CONSIGLIO: puoi rendere questa insalata un piatto ancora più completo, aggiungendo del pollo cotto in forma di scaloppina, passato nella farina e saltato in padella con burro, sfumato al vino bianco e insaporito con zafferano o curry. 

Volete provare un dolce dalla salsa insolita? Ecco per voi la ricetta del tortino al cioccolato con salsa piccantina Tortino al cioccolato con Edelpilz Bergader

 

 

Di chi è il marchio Calici di Stelle

Calici di Stelle è un marchio di proprietà del Movimento Turismo del Vino, registrato e protetto giuridicamente per contrastarne qualunque abuso/imitazione e garantire ai consumatori qualità e professionalità nell’accoglienza, tratti distintivi delle cantine MTV.

L'Associazione Movimento Turismo del Vino è un ente non profit e annovera circa 900 fra le più prestigiose cantine d'Italia, selezionate sulla base di specifici requisiti, primo fra tutti quello della qualità dell'accoglienza enoturistica. Obiettivo dell’associazione è promuovere la cultura del vino attraverso le visite nei luoghi di produzione. Ai turisti del vino il Movimento vuole, da una parte, far conoscere più da vicino l’attività e i prodotti delle cantine aderenti, dall’altra, offrire un esempio di come si può fare impresa nel rispetto delle tradizioni, della salvaguardia dell'ambiente e dell'agricoltura di qualità. Come qbquantobasta siamo orgogliosi di essere media partner del MTV del Friuli Venezia Giulia. 

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Quali sono le sagre di qualità?

Sono 21 le sagre organizzate dalle Pro Loco aderenti all’Unpli che nel 2019 hanno ottenuto la certificazione “Sagra di qualità”. Il marchio distintivo è stato fortemente voluto dall’Unione Nazionale delle Pro Loco per identificare le sagre rappresentative della storia e della tradizione, le manifestazioni che vantano un passato di legame con il territorio e che abbiano come obiettivo la promozione e creazione di sinergie con le attività economiche locali. La cerimonia di premiazione nel corso della quale sarà consegnato il marchio “Sagra di qualità” si svolgerà lunedì 22 luglio 2019 al Senato (Sala Koch, palazzo Madama).

L’istituzione del marchio punta alla valorizzazione dei prodotti tipici (Doc, Dop, o inseriti nelle banche dati dei prodotti agroalimentari tradizionali regionali) e alla promozione del cibo e dei piatti tipici della cucina tradizionale e contadina. Attività che è stata riconosciuta anche dal protocollo siglato dall'Unpli con il ministero delle Politiche agricole; al centro dell’azione dell’Unione Pro Loco i prodotti tipici dei territori ed anche la tutela della cultura, del folklore, delle tradizioni, del turismo e dell’economia del territorio.

Fra i requisiti necessari all'attribuzione del riconoscimento "Sagra di qualità", la promozione degli operatori locali del settore eno-gastronomico e turistico (quali produttori, ristoratori, artigiani, albergatori) come attività economiche correlate alla cultura del cibo, la storicità di almeno 5 anni; inoltre, la richiesta di valutazione deve essere inviata almeno 180 giorni prima dell’evento, cui seguono un’analisi della documentazione e una verifica sul campo.

 

Sagra di qualità. I vincitori dell’edizione 2019.

L’elenco delle iniziative si estende per l’intera penisola, isole comprese:

“Sagra della Porchetta e dei Fagioli con le Cotiche”, Monte Santa Maria Tiberina (Perugia);

“Sagra di S. Gaetano”, Ponti sul Mincio (Mantova);

“Sagra della Fojata e della Attorta”, Sellano (Perugia);

“Festa del tortello alla lastra”, Chiusi della Verna loc. Corezzo (Arezzo);

“Sagra del Ciammarrucchiello”, Buonalbergo (Benevento);

“Sagra dei Bigoli e dei prodotti del Parco del Monte Cucco”, Costacciaro (Perugia);

“Sagra dell’agnello a bujone”, Valentano (Viterbo);

“Sagra del fagiolo”, Sarconi (Potenza);

“Festa della chisola”, Borgonovo Val Tidone (Piacenza);

“Sagra della porchetta”, Monte S. Savino (Arezzo);

“Festa del grano”, Raddusa (Catania);

“Festa della nocciola”, Baiano (Avellino);

“Sagra dei fichi”, Miglionico (Matera);

“Festival Aglianico Tumact me tulez”, Barile (Potenza);

“Mostra Mercato Marroni del Monfenera”, Pederobba (Treviso);

“Sagra della lumaca” Gesico (Cagliari);

“Sagra della Varola”, Melfi (Potenza);

“Sagra della Ciuiga”, San Lorenzo Dorsino (Trento) (nella foto); 

“Sagra delle olive”, Gonnosfanadiga (Sud Sardegna);

“Festa delle castagne e del miele di castagno”, Valle di Soffumbergo (Udine);

“Sagra del Baccalà”, Sant’Omero (Teramo).

“Negli anni le sagre hanno consentito di far scoprire varietà ed eccellenze locali e molti di questi eventi sono divenuti grandi attrattori turistici per il territorio” afferma il presidente dell’Unpli, Antonino La Spina. “Con il marchio “Sagra di qualità” intendiamo salvaguardare e promuovere quelle manifestazioni – prosegue – che spesso sono il mezzo per la riscoperta di saperi e usi legati alla lavorazione e trasformazione dei prodotti dell’enogastronomia”. Ulteriori dettagli, il disciplinare e altre informazioni sulla “Sagra di qualità” QUI: 

 

Se non è carne giapponese...quanto costa al chilo

Probabilmente è la carne più buona che esista al mondo, ma, sappiamo, i gusti sono gusti. Quel che è certo è che la Hida Waigu è tra le più costose, arrivando a costare anche 1.000 dollari al chilogrammo. La Taki Japan International è il primo importatore specializzato in Italia. A tutti gli effetti si tratta di carne “rurale” comprata dagli allevatori, impossibile da trovare nei canali della grande distribuzione. Ogni parte di carne arriva accompagnata da un certificato di autenticità rilasciato dal Ministero dell'Agricoltura e da un attestato di DNA – Proof, per ogni singolo animale, con tanto di impronta 3D del muso sul certificato.

Nei primi mesi di vita i manzi vengono alimentati a erba, allo stato quasi brado, per poi passare al fieno di riso e altri mangimi rigorosamente vegetali autoctoni. L’alimentazione dei bovini è determinante per far sì che la carne assuma delle qualità molto particolari. La principale caratteristica del Wagyu, riscontrabile anche a occhio nudo sui tagli ancora crudi, è la percentuale e la distribuzione di grasso interno alle fibre che forma una ragnatela, come un marmo, sempre più importante a seconda della marezzatura (marbling) di riferimento. Maggiore è la presenza di grasso tra le fibre, più è buona e pregiata la carne, ed è anche più salutare per il nostro organismo. A differenza delle carni degli animali allevati in occidente, infatti, il grasso di questi manzi presenta aminoacidi utili e grassi insaturi, che, anziché provocare l’innalzamento del colesterolo, lo riducono! Un po’ come curare la propria salute, a suon di bistecche saporite.

Conoscete l'ostrica rosa di Scardovari?

Venerdì 24 maggio 2019 al ristorante Maltraversi all'interno del Castello di Arzignano (VI) omaggio alle ostriche italiane con una degustazione guidata. A condurre la serata l’ostricoltore Alessio Greguoldo. Noi di qbquantobasta saremo presenti!#ociseioseguiqb. L’Ostrica Rosa Tarbouriechsarà protagonista di una serata dedicata all’eccellenza dell’ostricoltura nazionale, grazie allo chef Daniel Lazzaro, da sempre attentissimo nella selezione e preparazione di specialità di pesce, il pubblico potrà così conoscere e assaporare l’ostrica originaria del Delta del Po.

L’idea nasce dal desiderio di raccontare il territorio attraverso le eccellenze del mare e la testimonianza diretta di chi lavora duramente per portarle sulle nostre tavole. Per farlo, sono state scelte le ostriche di Scardovari, laguna in provincia di Rovigo, nella quale si alleva la varietà di Ostrica Rosa Tarbouriech. Questa rientra nella tipologia di ostriche allevate in verticale, ovvero legate a una corda e tirate fuori dall’acqua per simulare la marea. Il nome della varietà deriva dall’ostricoltore francese Tarbouriech che ideò questo sistema di coltivazione. È detta inoltre rosa per via della tonalità delle striature del guscio esterno generate dall’esposizione al sole. I presenti conosceranno e assaporeranno la varietà sotto la guida dell’ostricoltore Alessio Greguoldo, che avrà il compito di illustrare le caratteristiche delle ostriche e il concetto di merroir, cioè come la zona di allevamento influisce sulle proprietà finali e specifiche del frutto. La degustazione guidata sarà preceduta da un aperitivo di benvenuto con specialità di Scardovari e si completerà con un primo piatto sempre a base di pescato rodigino.

La serata del 24 maggio è organizzata in collaborazione con Oyster Oasis, azienda che riunisce produttori di ostriche e altre prelibatezze ittiche da diversi Paesi e che rifornisce in particolare il settore Ho.re.ca.

La degustazione è a numero chiuso ed è pertanto necessaria la prenotazione. Si svolgerà nell’Oysteria del ristorante Maltraversi, area del locale dal design informale e curato pensata per l’assaggio di ostriche e altre specialità esposte al pubblico all’interno della teca del balcone a vista.

La disfida del tortello del Mugello

A Scarperia è in programma la prima “Disfida del tortello mugellano”. Appuntamento venerdì 17 maggio 2019 in Palazzo dei Vicari: una giornata intera tra approfondimenti, cooking show stellati e mercato. 

“L’appuntamento – spiega il presidente dell’Associazione Cuochi Fiorentini, Massimiliano Catizzone – vuole rappresentare un momento di approfondimento gastronomico e culturale su uno dei prodotti tipici del Mugello, riconosciuto made in Tuscany a livello internazionale. Tanti chef del territorio hanno aderito, e siamo sicuri che questa manifestazione possa essere un volano di sviluppo importante per l’intera zona”.

La giornata si divide in tre momenti distinti: dalle 10,30 alle 12,30 Palazzo dei Vicari ospiterà una lezione- conferenza dedicata al tortello mugellano, cui parteciperanno professori universitari, docenti dell’istituto alberghiero “Chino Chini”, rappresentanti delle associazioni di settore (Coldiretti, Slow Food, ecc…), cuochi, giornalisti. Dalle 14,30 alle 16,30 va in scena invece la disfida: ognuno degli chef in gara proporrà dal vivo la sua interpretazione del classico tortello di patate.

Al vincitore un prezioso tortello opera dal maestro orafo  Paolo Penko.

Preceduto dall’esibizione degli sbandieratori, dalle 12,30 alle 22 nei due grandi gazebo si terrà un mercato in cui verranno esposti, somministrati venduti prodotti tipici (oltre ai tortelli  preparati da pastai artigianali, anche salumi, formaggi, ecc…). Cooking show degli chef stellati, inclusi Maria Probst de “La Tenda Rossa” di Cerbaia e Antonello Sardi della Tenuta “Le Tre Virtù” a Scarperia.

 

Risotto con la marcundela

Cuocete a vapore una piccola marcundela Butussi per almeno 40 minuti. Lasciatela intiepidire e tritatela grossolanamente al coltello. Tritate finemente mezza cipolla e riducete a dadini 400 g di zucca. Soffriggete le verdure assieme a due cucchiai di olio di oliva. Nel frattempo scaldate un litro di brodo vegetale. Aggiungete alle verdure 400 g di riso Carnaroli, sale, pepe e tostate il tutto. Sfumate con un bicchiere di vino bianco, aggiungete la marcundela tritata e proseguite la cottura per 18-20 minuti a fuoco dolce versando il brodo di tanto in tanto. Spegnete il fuoco, aggiungete 30 g di burro, due cucchiai di Parmigiano grattugiato e un cucchiaio di prezzemolo tritato. Mescolate e servite.

La Marcundela o Martundela friulana è un insaccato inserito nell'elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione Friuli Venezia Giulia. Si ottiene dalla macinatura di alcune parti del maiale tra cui fegato, milza, reni, polmoni, grassi teneri del ventre e carni sanguinolente. La conciatura viene effettuata con sale, pepe e, talvolta, anche aglio e vino. Dall'impasto si ricavano delle sfere di circa 150 grammi che vengono insaccate, generalmente, nell'omento o nel budello torto. Le sfere di carne macinata e insaccata si fanno tiposare su un ripiano cosparso di farina di polenta. Un tempo la Marcundela veniva servita al mattino cotta in burro e acqua e accompagnata dalla polenta. Viene tradizionalmente cotta nel vino, ma è ottima anche come ingrediente per sughi e risotti.

La ricetta è stata pubblicata sul numero di dicembre 2018 del mensile qbquantobasta. 

 

 

Il dolce simbolo della Bretagna

Dal 19 al 22 febbraio la boulangerie Egalitè ospita a Milano un viaggio alla scoperta dei sapori della Bretagna. Delle ostriche diploidi degli ostricoltori Jean-Noël & Tifenn Yvon vi abbiamo già raccontato 

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E' il momento dunque di farvi conoscere il Kouign-Amann, il dolce simbolo della Bretagna, creato nel 1860 da servire accompagnato dal sidro di mele. Il nome in lingua bretone significa “pane dolce di burro”.La tradizione fa risalire la sua origine al 1860, quando il panettiere Yves-René Scordia, nella cittadina di Douarnenez, decise di improvvisare un impasto con le materie prime disponibili in bottega: farina, burro salato e zucchero. Il risultato è ancora oggi sorprendente. Il maestro boulanger Thierry Loy, orgogliosamente bretone - segue la ricetta originale nella quale farina, burro salato e zucchero vengono miscelate in parti uguali. Il risultato è un dolce morbido all’interno, dorato all’esterno e con un’irresistibile crosta caramellata sui bordi. Una vera delizia, sia a colazione, sia  come merenda o dessert. Dolce alternativa sono i famosi biscotti bretoni al burro salato: farina di grano, burro salato, zucchero e uova sono gli ingredienti di questi gustosi frollini friabili. Da Égalité li troverete in quattro varianti: le Palet Breton di puro burro o con pepite di cioccolata, la Galette Bretonne di puro burro e la più sottile Galette fine Bretonne. Da accompagnare con le bollicine della Bretagna, perfetto accompagnamento per kouign-amann e biscotti bretoni: il sidro di mele brut Bayeux! Un prodotto IGP, di  un’antica sidreria gestita dalla stessa famiglia dal 1832.

Égalité, Via Melzo 22, Milano

 

La peka in breve

foto Carlo Sclauzerofoto Carlo Sclauzero

La Peka è una pentola di ghisa costituita da un vassoio sul quale si adagiano le carni - manzo, capretto, maiale o vitello- chiusa da un coperchio molto pesante a forma di campana (cripnja), il tutto ricoperto di braci ardenti per cottura perfetta. E' una tecnica molto amata e diffusa in Dalmazia. Ma il piatto (che prende il nome dal suo contenitore) lo potete trovare anche da Klaniscek Wine&Stay, agritursimo con alloggio di Oslavia, località Ossario. 

Scoprire il Prosekar ancestrale

Il Prosekar ancestrale è stato presentato recentemente con successo a Bruxelles. Noi di q bne abbiamo scritto sul numero di dicembre 2018. Scopritelo con noi. Prosekar è lo spumante prodotto con metodo ancestrale, cioè antico, quello che alcuni chiamano vino “col fondo” e che diventa più limpido o velato secondo il metodo di filtrazione usato. “Dai terrazzamenti tra Carso e mare, un bicchiere pieno di storia”. Basterebbe questa sintetica frase a presentare un vino che sta vivendo una vivace rinascita grazie alla passione e all’attenzione di una nuova generazione di vignaioli. Lo abbiamo assaggiato e apprezzato in varie declinazioni alla Serata Carsica conclusiva dell’evento Okusi Krasa Sapori del Carso da Krizman a Monrupino, dove è stato presentato da Alessio Stoka (nella foto con Aurora Endrici), presidente dell’Associazione creata nel 2017 per il Prosekar (termine che in lingua slovena significa “di Prosecco”). 

Già nel 1873 in Umno kletarstvo- Le buone pratiche vinicole Josip Vošnjak descrive il metodo di produzione fatto di frequenti travasi del mosto ancora non completamente fermentato di varie qualità di uva bianca tra cui di fondamentale è l’autoctona Glera.
Info: Assoc. Prosekar, Prosecco – Prosek 2 34151 Trieste. 

La novità dei fermentini

Michele Schiavina e Gert Jan de GrootMichele Schiavina e Gert Jan de Groot

I nostri lettori più fedeli sicuramente conoscono il Cicioni, il primo nato della famiglia dei Fermentini (abbiamo anche intervistato la creatrice Daniela Cicioni). Ora questa categoria di prodotto, lanciato dall'azienda ravennate Euro Company, ha un compagno che ha ricevuto a Londra al Food Matters Live il premio per il miglior ingrediente naturale dell’anno: trattasi di un fermentino di anacardi spalmabile proclamato “Best Natural ingredient of the year”. Il Food Matters Live è un evento internazionale annuale incentrato sulle connessioni tra cibo, salute, nutrizione e innovazione. Tutti elementi che contraddistinguono anche l’attività dell’azienda ravennate che negli ultimi anni ha rivoluzionato il proprio assortimento verso un futuro di prodotti più più salubri, promuovendo la cultura della sana alimentazione come primo e fondamentale strumento di tutela della salute e di prevenzione. I fermentini sono prodotti che si ricavano dalla fermentazione della frutta secca e dei semi oleosi con la sola aggiunta di acqua e sale: a seconda della maturazione possono essere freschi o stagionati, a pasta dura o molle. I fermentini sono prodotti completamente naturali e, per definizione, non prevedono l’aggiunta di altri ingredienti se non di origine vegetale.

 

Conoscete la Pitina?

Le Valli Pordenonesi, più precisamente Val Tramontina, Valcellina, Val Colvera, custodiscono orgogliosamente e valorizzano un prodotto della gastronomia del passato: la Pitina (chiamata anche, a seconda della vallata, Peta, Petina o Petuccia), ancora oggi descritta come una specie di polpetta, di dimensioni un po' più grandi. La Pitina è fatta di carne magra di capra, pecora o montone (un tempo si usava anche quella di ungulati selvatici: cervo, daino capriolo) tritata e impastata con una concia di sale, pepe, finocchio selvatico o altre erbe, che viene pressata a forma appunto di polpetta, passata nella farina di mais (quella da polenta) e quindi fatta affumicare. Un tempo l'affumicatura veniva effettuata nel camino di casa (il fogher o fogolar), oggi in apposito affumicatoi (un'operazione che ha la durata di 3-4 giorni). Le “pitine” costituivano un tempo la “riserva” di carne, da far durare anche per mesi. Oggi la Pitina è una squisitezza ricercata dai buongustai: consumata cruda, affettata sottile, o cotta nel tradizionale piatto che la vede accompagnata dalla immancabile polenta.

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Alta Langa Docg in sintesi

L'Alta Langa Docg è lo spumante brut del Piemonte. Fu il primo metodo classico a essere prodotto in Italia, fin dalla metà dell’Ottocento, nelle “Cattedrali Sotterranee” oggi riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco. È fatto di uve Pinot Nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; può essere bianco o rosé, brut o pas dosé e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi. L’Alta Langa è esclusivamente millesimato, riporta cioè sempre in etichetta l’anno della vendemmia. Ha sfumature da giallo paglierino a oro intenso e aromi che ricordano la frutta bianca e gli agrumi con sentori di crosta di pane. Al palato è armonico, caratterizzato da una delicata sapidità. L'Alta Langa rosé ha un colore rosa cipria o più marcato quando è giovane, l’intensità aromatica tipica del Pinot Nero, con profumi che spaziano dal pomplemo alle spezie, un gusto fruttato, equilibrato, ampio e lungo. I NUMERI DELL'ALTA LANGA DOCG: 103 soci del Consorzio, 78 vigneron, 25 case spumantiere, 280 ettari di vigneto (130 in provincia di Cuneo, 130 in provincia di Asti, 20 in provincia di Alessandria), non tutti ancora in produzione - diventeranno 350 nel 2021. Oltre 1.300.000 bottiglie prodotte nel 2018  (rivolte soprattutto al mercato interno: 95%). 

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Ostriche naturali diploidi o triploidi

Le ostriche sono gli architetti delle scogliere, delle baie e degli ecosistemi marini che le ospitano e le proteggono durante le diverse fasi della loro crescita. Utili indicatori delle condizioni ambientali dei litorali, questi molluschi bivalvi svolgono una preziosa funzione di filtro delle acque. Le ostriche sono l'espressione perfetta del loro terroir: acquisiscono infatti un sapore specifico a seconda del tenore in sale, della temperatura dell'acqua, della natura del fondale, dell'estensione delle maree e della forza delle correnti marine. Per garantire una sempre maggiore disponibilità del prodotto, alcuni ricercatori hanno manipolato il patrimonio genetico delle ostriche attraverso l'aggiunta di un cromosoma, trasformando le ostriche naturali (diploidi) nelle cosiddette triploidi (sterili), chiamate anche "ostriche delle 4 stagioni". Le ostriche triploidi consacrano infatti la parte più consistente della loro energia a nutrirsi e a ingrassare e per questo possono essere commercializzate a partire dai 18 mesi, anziché dopo tre anni, in qualsiasi stagione. Oggi, sono soprattutto i piccoli ostricoltori a subire la concorrenza delle ostriche triploidi e a pagare le conseguenze delle epidemie virali che sempre più colpiscono questi molluschi. Per questo, i produttori del Presidio Slow Food “Ostriche naturali della Bretagna”, insieme agli ostricoltori della rete di Ostréiculture Durable et Solidaire dell'associazione Cohérence, hanno scelto di mantenere  la tradizione, rispettando i cicli naturali dei molluschi. Il Presidio garantisce ostriche nate in mare e condizioni di allevamento rispettose, grazie a un disciplinare sottoscritto da tutti i produttori. Tra le altre norme, si prevede che non possano essere coltivate più di 4.000 ostriche per ettaro e che tutte debbano essere allevate in mare. Questo fronte di ostricoltori, che oggi si batte per proteggere la biodiversità dell'ecosistema marino, è il solo garante dei gusti autentici dei numerosi terroir bretoni vocati alle ostriche.

Che cos è e come si fa la bagna cauda

La ricetta è quella depositata dal notaio dall'Accademia della Cucina di Asti.

Ingredienti per 12 persone

12 teste di aglio, 6 bicchieri da vino di olio d’oliva (extravergine) e, se possibile, un bicchierino di olio di noci, 6 etti di acciughe rosse di Spagna.

Preparazione 

Tagliare a fettine gli spicchi d’aglio precedentemente svestiti e privati del germoglio. Porre l’aglio in un tegame di coccio, aggiungere un bicchiere d’olio.

Iniziare la cottura a fuoco bassissimo rimescolando con il cucchiaio di legno e avendo cura che non prenda colore.

Aggiungere poi le acciughe dissalate, diliscate, lavate nel vino rosso e asciugate, rimestandole delicatamente.

Coprire con il restante olio e portare l’intingolo a cottura a fuoco dolce per mezz’ora, badando che la bagna non frigga.

Al termine della cottura si potrà aggiungere, se piace un sapore più morbido, un pezzetto di burro freschissimo.

Versare la bagna negli appositi “fujot” (fornellini di coccio) e accompagnarla con

verdure crude: cardi gobbi di Nizza Monferrato, topinambur, cuori di cavolo bianco, indivia e scarola, peperoni freschi e sotto graspa, cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera; verdure cotte: barbabietole rosse, patate lesse, cipolle al forno, zucca fritta, peperoni arrostiti.

E' tradizione raccogliere alla fine lo “spesso della bagna” strapazzandovi dentro l’uovo.

ph Giulio Morraph Giulio Morra

La bagna cauda si fa con l'attrezzatura necessaria

Un bavagliolone. Un dian di terracotta; una s-cionfetta o uno scaldino di coccio pieno di braci; in mancanza, un fornelletto ad alcool; un cucchiaio di legno; una retina frangifiamma se si cucina con il gas.

1. Mettete il dian a bagno nell’acqua fredda e lasciatelo per almeno un paio d’ore: ciò gli eviterà di creparsi durante la cottura dell’intingolo.

2. Mettete a bagno le acciughe in acqua fresca abbondante; dopo 5-10 minuti diliscatele con cura, asciugate i filetti ottenuti e teneteli pronti in un contenitore. Le acciughe vanno lavate con sola acqua.

3. Dedicatevi all’aglio: pelatelo, poi tagliate ogni spicchio a metà nel verso della lunghezza ed eliminate il germoglio interno (operazione importantissima!). Raccogliete gli spicchi così trattati in un pentolino e copriteli con latte fresco. Portate a bollore, poi abbassate il fuoco e lasciate sobbollire pianissimo per 15-20 minuti, fino a quando l’aglio abbia raggiunto una consistenza molto morbida.

4. Togliete il dian dall’ammollo e asciugatelo bene. Ponetelo a fuoco moderatissimo (se usate la cucina a gas non dimenticate la reticella frangifiamma) con mezzo bicchiere di olio. Quando l’olio comincia a scaldarsi unite tutte le acciughe, e badando di non farlo mai friggere, mescolando con il cucchiaio di legno fatele sciogliere completamente.

5. A questo punto unite l’aglio sgocciolato dal residuo latte di pre-cottura; mescolate bene, e schiacciate gli spicchi con il cucchiaio di legno fino a conferire al tutto una consistenza cremosa.

6. Unite tutto il restante olio ed eventualmente il burro; sempre a fuoco bassissimo continuate la cottura per 20-30 minuti. L’olio non deve mai friggere.

7. Se avete la fortuna di possedere una s-cionfetta (o un altro scaldino di coccio) e un camino, fate un bel fuoco di legna di vite o di olivo. Preparate un letto di cenere nella s-cionfetta, riempitela di braci per due terzi della sua capienza, e copritele con una coltre di cenere.

Ponete lo scaldino in mezzo al tavolo, sistemateci sopra il dian della Bagna che in questo modo si manterrà alla temperatura ottimale per tutta la serata. Se non disponete di simili attrezzature ripiegate sul trespolino della fondue bourguignonne e sul relativo fornelletto ad alcool, ma badate di sorvegliarne attentamente la fiamma in modo tale che la bagna non frigga mai o all’opposto non si raffreddi troppo. Stessa regola se usate i pignattini “fujot” in terracotta.

Il GALATEO della Bagna Cauda vieta di fare “palot”.

Esiste un “galateo” comportamentale del mangiatore di Bagna Cauda che vieta ad esempio di “caricare” eccessivamente il proprio boccone usando foglie di cavolo o altri pezzi di verdura a mo’ di “palot” (paletta) raccogliendo troppa parte “ricca” della salsa. Sconveniente anche intingere pezzi di verdura già morsicati, o il pane che, imbevendosi, ne asporterebbe disoneste quantità. I neofiti della Bagna facciano attenzione ai primi bocconi, la scottatura è un’eventualità molto frequente. Si intinge tutti insieme in un’allegra e vociante confusione: non ci sono turni né altri formalismi da rispettare. Il rito finale prevede in molti casi che nel dian ancora caldo si faccia cuocere lentamente un uovo di gallina o di quaglia strapazzato, che si può arricchire con una “grattatina” di tartufo bianco. Diffusa anche la presenza del brodo caldo con funzioni “detergenti” d’apertura dello stomaco in vista della Bagna Cauda o di chiusura a conclusione del rito.

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