Skip to main content

Antichi meloni reggiani Presidio Slow food

Melone rospo protagonista di quadri del '600Melone rospo protagonista di quadri del '600

Presìdi Slow Food: gli antichi meloni reggiani. «Mio nonno era un commerciante di frutta e io ricordavo quando, da bambino, mangiavo dei meloni che non ho mai più trovato in giro, ricorda il professor Mirco Marconi dell'Istituto Antonio Zanelli di Reggio Emilia.  Così siamo partiti, perlustrando la Bassa reggiana e il mantovano. Prima recuperando la zucca Cappello da prete, entrata a far parte dell’Arca del Gusto Slow Food, e poi orientandoci verso meloni e angurie.

La coltivazione di meloni, nel Reggiano, ha una lunga tradizione, in particolare nelle valli tra Novellara, Guastalla e Santa Vittoria. Il lavoro di riscoperta portato avanti dall’Istituto Zanelli ha consentito di recuperarne quattro varietà, ognuna diversa dall’altra per caratteristiche e sapore.

melone rospamelone rospa

MELONE ROSPA.  «È uno dei più antichi in assoluto in Italia - spiega Marconi -. Ha un aspetto simile a una zucca e deve il suo nome alle verruche sulla superficie». E particolare è anche il gusto, non molto dolce, sapido e leggermente piccante, caratteristiche che lo rendono eccellente cotto al forno con cioccolato e amaretti, come le pesche. Il melone rospa compare in vari dipinti italiani del ‘600 e anche negli affreschi di Palazzo Te, a Mantova, ne vengono raffigurati di simili. Fu citato anche dall’agronomo reggiano Filippo Re in un documento del 1811.

MELONE RAMPARINO. Deve il suo nome al fatto che cresce bene come rampicante. È un melone dal gusto un po’ più difficile: poco dolce e con note pepate, per questo motivo può anche essere utilizzato in insalata. melone ramparinomelone ramparino

MELONI BANANA. Sono chiamati così per la polpa bianca e l’aroma che richiama il frutto omonimo. Il primo è quello di Santa Vittoria, profumatissimo e dalla forma ellittica, l’altro il Lentigione, più tondeggiante: «Dei quattro, il Lentigione è forse il più interessante - commenta Marconi - e si presta a essere mangiato come frutto più che ad accompagnare i tradizionali salumi». «Lo ricordavano poche persone, solo nell’area tra Brescello (nel Reggiano) e Sorbolo (in provincia di Parma), ma non siamo ancora riusciti a scoprirne l’origine, anche se ci sono varie ipotesi in campo, come il suo arrivo dalla Libia in epoca coloniale, visto che qualcuno pare lo chiamasse “tripolino”».
«La nostra zona è molto adatta alla coltivazione delle cucurbitacee - prosegue Marconi - ma in molti negli ultimi decenni si sono orientati su colture moderne, abbandonando le varietà antiche per una questione di gusto e di facilità di commercializzazione». Il Presidio Slow Food nasce anche per raccontare la storia di varietà che possono diventare un valore aggiunto per i produttori: «Uno dei nuovi coltivatori dei meloni reggiani si occupa di grani antichi ma ha accolto con entusiasmo il progetto e, in un pezzetto di terra, ha piantato anche i nostri semi».

Oggi le aziende produttrici sono nove, quasi tutte bio.  L’area di produzione coincide con le zone di pianura e pedecollinari della provincia di Reggio Emilia, e aree omogenee e limitrofe delle province di Parma, Cremona e Mantova.

  • Creato il .
  • Ultimo aggiornamento il .
Privacy Policy