Skip to main content

Sciacchetrà, il passito dolce delle Cinque Terre

Il nostro divertente giro d'Italia dei passiti su qbquantobasta questo mese fa tappa in Liguria, in uno degli angoli più belli d'Italia: le Cinque Terre, in provincia di La Spezia. Siamo nella Riviera di Levante, una costa frastagliata, caratterizzata da scogliere a picco, insenature, baie,  piccole spiagge che va da Genova al Golfo della Spezia. Le Cinque Terre sono il tratto più bello e famoso in tutto il mondo di questa costa,  in cui si susseguono, come gemme incastonate nella roccia, i borghi di Monterosso al Mare, Vernazza, Comiglia, Manarola e Riomaggiore. Nel 1997, su istanza della provincia di La Spezia, le Cinque Terre sono state inserite tra i Patrimoni dell'Umanità dall'UNESCO, con la la seguente motivazione: "La riviera ligure orientale delle Cinque Terre è un paesaggio culturale di valore eccezionale che rappresenta l'armoniosa interazione stabilitasi tra l'uomo e la natura per realizzare un paesaggio di qualità eccezionale, che manifesta un modo di vita tradizionale millenario e che continua a giocare un ruolo socioeconomico di primo piano nella vita della società". Un esempio di questa armoniosa interazione è rappresentato dalla trasformazione dei boschi, che da sempre hanno ricoperto quella costa, in "cian", terrazzamenti su cui coltivare nei secoli orti, vigneti ed uliveti.

Lo Sciacchetrà è il vino passito dolce delle Cinque Terre, unico per caratteristiche e timbri, grazie al particolare microclima del territorio, in cui si fondono il mare e la roccia, le carezze del vento ed il calore del sole. Il nome Sciacchetrà sembra derivare da un antico termine con cui si indicavano le bevande fermentate: "shekar". Al di là della sua origine, il termine è attestato solo alla fine dell'Ottocento: sembra che tra i primi ad utilizzarlo sia stato il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini nel suo scritto di memorie Riomaggiore: ricordando le tante estati trascorse nel borgo delle Cinque Terre, afferma che «in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras».

Per la produzione dello Sciacchetrà si usano prevalentemente uve di Albarola, Bosco e Vermentino, ottenute da vigne spesso coltivate “alla greca”, basse, in cui per la raccolta dei grappoli si deve stare in ginocchio sotto le pergole: tipica modalità di coltivazione delle zone molto battute dai venti. A queste difficoltà bisogna aggiungere che alcuni dei vigneti sorgono in punti così impervi da essere raggiungibili dai viticoltori solo con il  trenino a cremagliera.
La tecnica del suo appassimento potrebbe essere stata introdotta a Riomaggiore nell'VIII° secolo a.C. da esuli greci.

Veronelli rendeva onore e merito ai vigneron del territorio definendoli "angeli matti" : per capire "matti" basta guardare una foto delle vigne; "angeli" per l'importante opera di salvaguardia del territorio: mantenere i muretti a secco dei terrazzamenti, che modellano e contengono il terreno, è la prima cosa da fare per prevenire le frane.  Nel corso dei secoli molti personaggi illustri hanno parlato dello  Sciacchetrà, spesso in termini entusiastici: si pensi a Boccaccio, Petrarca, Giosuè Carducci, che lo descrisse come l'essenza di tutte le ebbrezze dionisiache, Giovanni Pascoli, Gabriele D'Annunzio e il già citato Telemaco Signorini.

Mauro Giacomo Bertolli è direttore di  www.italiadelvino.com autore della Rubrica “Andar per vini” su food24 in www.ilsole24ore.com
Oltre che su qbquantobasta scrive per Millevigne, Lombardia Verde e altre riviste

  • Creato il .
  • Ultimo aggiornamento il .
Privacy Policy