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Ad Acquasparta la festa del Rinascimento - Palazzo Cesi e la nascita dell'Accademia dei Lincei

Pagina 2 di 2: Palazzo Cesi e la nascita dell'Accademia dei Lincei

 

Palazzo Cesi cortilePalazzo Cesi cortile


CHI ERA FEDERICO CESI

 

Federico Cesi (1586-1630) era un patrizio umbro-romano, appassionato studioso di scienze naturali, soprattutto di botanica. Per promuovere e coltivare questi studi naturalistici, fondò a Roma nel 1603 un sodalizio con tre giovani amici, l'olandese Giovanni Heckius (italianizzato in "Ecchio"), il marchigiano Francesco Stelluti e l'umbro Anastasio de Filiis, denominando la loro compagnia come Accademia dei Lincei, per l'eccezionale acutezza di sguardo attribuita alla lince, un felino di ancor non estinta specie, preso a simbolo della dotta compagnia di studiosi.

Oggetto dello studio dell'Accademia erano tutte le scienze della natura, da indagarsi con libera osservazione sperimentale, di là da ogni vincolo di tradizione e autorità. 

 Palazzo Federico CesiPalazzo Federico Cesi

Accademia dei Lincei


Il 17 agosto 1603 Federico Cesi riunisce nel palazzo di famiglia, in via della Maschera d'Oro a Roma, gli amici Anastasio de Filiis di Terni, il marchigiano Francesco Stelluti e l’olandese Johannes van Heeck, con i quali fonda l'Accademia dei Lincei, così denominata per l'eccezionale acutezza di sguardo attribuita alla lince, preso a simbolo della dotta compagnia di studiosi. 

Gli scopi del sodalizio linceo sono espressi nel Lynceographum, l'ampio statuto programmatico del giovane nobile, ripetutamente sottoposto al giudizio e alle correzioni degli altri "fratelli". Finita la costruzione del Palazzo Cesi ad Acquasparta, Federico “il Linceo” nel 1604, si ritira sconfortato e deluso dall'atteggiamento del padre, intollerante e assai poco comprensivo nei confronti delle attività dell'Accademia. Una volta superata la fase critica, i quattro fondatori dell'Accademia riprendono a riunirsi nelle sale del palazzo e, dopo il 1618, Federico vi stabilisce la propria dimora.
Palazzo CesiPalazzo Cesi

Theatrum Totius Naturae


Il Theatrum totius Naturae, progettato da Federico Cesi il Linceo intorno al 1615, doveva configurarsi come una sorta di grande Enciclopedia storico-naturalistica del cosmo e farsi manifesto, al tempo stesso, di una nuova filosofia della natura (Speculum rationis). Articolata in varie sezioni, dalla fisica alla cosmologia, dalla meteorologia alla biologia e alla bibliografia, quest'opera grandiosa non poté essere realizzata per intero nel breve arco di vita di Federico Cesi. Recentemente presso l’Institut de France di Parigi sono state scoperte più di mille carte preparatorie redatte da Cesi per il suo Theatrum, che ancora oggi risultano di notevole importanza. Fra queste sono conservati i preziosi disegni delle «piante imperfette». Con questa categoria egli si riferiva a funghi, felci e fossili, corpi «mutilati» che difettavano delle caratteristiche tipiche delle altre forme di vita e che risultavano di difficile classificazione. Questi organismi erano interessanti soprattutto perché mancavano di un visibile apparato riproduttivo con cui poter spiegare la loro genesi. Per indagare quello che considerava un misterioso segreto della natura e della vita, Federico utilizzò uno strumento a lui pervenuto da Galilei, il microscopio. Questo «occhialino», che non si confaceva allo sguardo di Galileo, in quegli anni rivolto al cielo, si adattava perfettamente alle ricerche degli altri accademici, interessati soprattutto alla biologia.

Palazzo Cesi Sala Le fatiche di ErcolePalazzo Cesi Sala Le fatiche di Ercole

Palazzo Cesi ad Acquasparta 


Cinquecentesca dimora di una illustre e prestigiosa famiglia umbro-romana e sede nei primi anni del XVII sec., dell'attività scientifica del Principe Federico Cesi II detto il Linceo e della prima Accademia dei Lincei. Acquasparta fu centro di un feudo che nel 1540 Gian Giacomo Cesi e la moglie Isabella di Alviano ottennero da Pier Luigi Farnese. La costruzione del Palazzo Cesi cominciò nel 1561 per volere del Cardinale Federico I sul luogo di una rocca distrutta nei primi anni del XVI secolo nel corso delle guerre fra Todi, Terni e Spoleto e di cui si utilizzano le torri, uniche strutture superstiti. I lavori si conclusero intorno al 1579 anno del matrimonio di Federico Cesi figlio di Angelo Cesi e Beatrice Caetani, nipote di Gian Giacomo e Isabella d'Alviano, con Olimpia Corsini. Dal 1565 è documentato come architetto del palazzo, il milanese Giovan Domenico Bianchi.

L’esterno è animato dal grande portale a bugne molto rilevate sulla cui sommità si innestano la loggia in pietra e una serie di finestre con gli stipiti di travertino. Il prospetto si articola verso la piazza F. Cesi con due robusti avancorpi laterali, all'interno verso il giardino è coronato da una elegante loggia a due piani. Nel cortile antistante si trova l'orto botanico e la torretta dove il principe era solito ritirarsi.

Nel palazzo si accede dall'androne agli ambienti del piano terra, dal portico con una scala anticamente ornata di statue dentro le nicchie si sale al piano nobile in cui affreschi e soffitti lignei a cassettoni con intagli testimoniano ancora oggi la ricchezza della decorazione delle sale. Realizzati probabilmente su disegni di Giovanni Domenico Bianchi e forse ispirati a quelli di palazzo Farnese a Roma, sono da considerarsi tra gli esempi più importanti di questo altissimo artigianato in area romana. Nei cassettoni del salone sono intagliate figure di Ercole, putti, trofei d'armi e mascheroni e in quello centrale un grande stemma dei Cesi sorretto da due figure di Vittorie. I fregi ad affresco celebrano la famiglia Cesi ispirandosi alla vite di Plutarco ed esaltano le virtù militari di Gian Giacomo e di Angelo Cesi e la personalità di Paolo Emilio, primo cardinale della famiglia, uomo ricchissimo, colto e potente. Per la decorazione degli ambienti al piano terreno di destinazione privata si ricorse al ricchissimo patrimonio della mitologia soprattutto alle Metamorfosi di Ovidio. Tra le decorazioni pittoriche è ben visibile lo stendardo con l'emblema dell'Accademia, cioè la lince contornata da una corona d'alloro, simbolo della ricerca scientifica e della proverbiale acutezza di vista della lince, e invito a non fermarsi alle apparenze sensibili della realtà. I documenti e i caratteri stilistici hanno consentito di identificare il responsabile degli affreschi con Giovan Battista Lombardelli un pittore di origine marchigiana dalla pittura ricca di piacevoli effetti e di gustoso senso narrativo che proprio in quegli anni trovò fortuna a Roma lavorando nei Palazzi Vaticani e in molte chiese romane.

Fra il 1618 e il 1624 Federico il Linceo fece decorare al piano terreno "la sala di Callisto" con le storie della ninfa amata da Giove e trasformata da Giunone in orsa. La scena al centro della volta con Diana e Callisto deriva dal modello illustre del dipinto di Tiziano ora esposto a Vienna. Federico fece inoltre dipingere nelle stanze delle targhe con iscrizioni e motti in latino, greco ed ebraico in cui esprime i suoi ideali di ricerca, una epigrafe che sovrasta l'architrave di una delle porte della sala della "genealogia dei Cesi" sede delle riunioni del 1609 esprime una sorta di  testamento spirituale, l'idea di un rinnovamento culturale basato su profonde convinzioni di ordine etico ed epistemologico.

Intessuta di mitologie e storie romane di trionfi e allegorie di emblemi, la decorazione che arricchisce palazzo Cesi costituisce uno dei maggiori esempi della pittura di gusto romano in Umbria del periodo di rinascita del Cinquecento.

Interessante nella sala del trono un enorme camino, dove il Principe era solito dissertare sulla conoscenza scientifica con i suoi ospiti, fra i quali l’illustre Galileo, che nell'aprile 1624 fu ospite a Palazzo.  Disabitato per lungo tempo, utilizzato per ospitare i senzatetto nel dopoguerra, l'edificio fu infine acquistato nel 1964 dall'università di Perugia.


Carsulae – Area Archeologica


L’area archeologica di Carsulae comprende le rovine del municipio romano di età augustea, sorto ai lati della via Flaminia, presso San Gemini e Acquasparta, località note sin dall’antichità per le loro fonti di acque minerali. Restano visibili ai visitatori i resti dei principali monumenti pubblici, civili e religiosi: la Curia e i templi Gemini – affaccianti sul foro –, la basilica, il teatro e l’anfiteatro, questi ultimi lungo la via Flaminia, che entrava in città attraverso il monumentale arco di San Damiano. Il tratto urbano della strada formava il cardo maximus, lastricato con basoli di pietra calcarea e munito di marciapiedi e di canalizzazioni per lo scolo delle acque. Monumenti funerari sono visibili a nord dell’arco di San Damiano, mentre nella zona opposta sono visibili i resti di un impianto termale. Testimonianza della diffusione del cristianesimo è la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, ricavata in epoca medievale da un preesistente edificio romano lungo la Flaminia. 

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