Amber wine i vini georgiani (prima parte)

Successo annunciato per il recente Orange Wine Festival di Isola d'Istria (29 aprile 2018). Grande e affollata festa di appassionati. Al mattino era in programma - in collaborazione con l'Ambasciata Georgiana in Slovenia una masterclass sui vini georgiani tenuto da Giorgi Dakishvili (Orgo wine), moderato dal giornalista Sašo Dravinec, ospite l'ambasciatore Zurab Bekaia. Io ero presente per qbquantobasta da sempre affascinato da quello che alcuni definiscono "il quarto colore del vino". 8000 anni di storia, cultura e tradizione: un debito storico che gli amanti del vino hanno ancora oggi nei confronti di una terra che ha visto la nascita della viticoltura e dove – non a caso – è stata scoperta la prima cantina del mondo, datata 4.000 a.C. Un  paese del Caucaso meridionale, bagnato a ovest dal Mar Nero, con un territorio prevalentemente montuoso,  ma con grande diversità di micro zone che influenzano la cultura dell’uva. La Georgia può contare su un’impressionante biodiversità: l’ampelografia classifica 525 tipologie di vitigni georgiani. In nessun altro luogo del pianeta esiste una tale varietà. La storia, dicevamo. Omero nell’Odissea racconta dei vini profumati e frizzanti della Colchide (oggi Georgia occidentale), Apollonio Rodio narra come gli Argonauti abbiano trovato una fontana di vino nel palazzo di Aieti (in Colchide) e si siano riposati all’ombra della vite. L’importanza della coltura della vite e dell’enologia per la Georgia è messa in risalto anche dalla figura simbolo del cristianesimo del Paese, Santa Nino (Nouné, Nina, Cristiana). La croce utilizzata dalla santa che convertì il re d’Iberia al cristianesimo nel 327 d.C., infatti, è fatta di tralci di vite, oggi simbolo della cristianità georgiana. Nel 2013 l'Unesco ha riconosciuto il metodo tradizionale di vinificazione georgiano nelle anfore, Qvevri o Kevri, come patrimonio intangibile dell'umanità. La foto qui sotto è del 1881 e si riferisce alla missione scientifica in Georgia dell'antropologo e archeologo francese Ernest Chantre. 

 

Le Qvevri sono il segreto del miglior vino georgiano: gigantesche anfore fatte a mano con un sapere tramandato, interrate per mantenere la temperatura costante durante la vinificazione, fatta con lunghe macerazioni sulle bucce che generano vini dal colore dorato brillante e dai sapori complessi, talora scorbutici, opulenti, spesso inattesi. In Europa si chiamano Orange wine, qui li chiamano Amber wine.

Sei le regioni votate alla coltivazione delle viti: Abkhazia, Samegrelo, Guria, Adjara, Meskheti, Kakheti, Kartli, Racha e Lechkumi e un totale di 18 PDO (Protected Designations of Origin), 15 nella area sud/est dove le maggiori varietà sono Rkatsiteli, Mtsvane e Saperavi e 3 nel centro/ovest dove invece si coltivano maggiormente le qualità bianche Tsitska, Tsolikauri e Chinuri (vini freschi e fruttati); l’area inoltre è famosa per la Khavanchkara (varietà Aleqsandrouli e Mujuretuli) e altri vini semi dolci. Attualmente sono circa trenta le varietà di uve in commercio. 

I più blasonati vini georgiani: “Mukhuzani”, amarognolo, dal gusto piacevole; “Tetra”, amarognolo e lievemente paglierino; “Teliani”, rubino e lievemente ambrato; “Manavis”, frizzante e dolce; “Kindzmarauli”, con retrogusto di miele; “Tibaani”, dal gusto fruttato e, infine, “Khvanchkara”, ambrato e vellutato. Accostarsi ai vini georgiani non è semplice, non possono esser paragonati ad alcun altro tipo di vino. Bisogna approcciarsi all’assaggio dimenticando quel che si è finora bevuto, con la mente assolutamente sgombra da pregiudizi e ricordi gustativi. Sono sapori non convenzionali, talmente antichi da non far serbar memoria. Sono vini di anima, complessi per la loro storia. Ancora arcaici.

 

 

Orange Wines

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