Timballo parola golosa
#parolegolose Ma un timballo vi sembra un tamburo? Ebbene sì, proprio questa è l’etimologia del golosissimo primo piatto italiano.
E ancora, il timballo è una preparazione gastronomica o il contenitore che lo racchiude?
#parolegolose Ma un timballo vi sembra un tamburo? Ebbene sì, proprio questa è l’etimologia del golosissimo primo piatto italiano.
E ancora, il timballo è una preparazione gastronomica o il contenitore che lo racchiude?
#parolegolose. Viaggi di parole che oltrepassano i confini e mutano forma per rappresentare un'unica, incontrovertibilmente unica, golosità: il (o la) Crème caramel.
Nome francese per un dolce di origine spagnola con il nome di "latte portoghese".In Spagna e in tutti i paesi di lingua spagnola oggi è detto generalmente flan.Dalla Spagna, precisamente dalla Catalogna, arriva la crema catalana, altro dessert al cucchiaio con una base soffice e cremosa, ricoperta da uno straterello croccante di zucchero caramellato.
Non confondiamo crème caramel con crème brûlée: nella prima preparazione il caramello è liquido, nella seconda è solido. E che cos'è il caramello? Null'altro che dello zucchero messo in un pentolino (eventualmente con qualche cucchiaio d'acqua) a fuoco basso per creare una vischiosa struttura che profuma di buono.
#parolegolose. Réclame slogan o claim? Tre parole che scegliamo oggi per raccontarvi la notizia: l'italiana, precisamente calabrese, Fratelli Caffo ha acquistato l'azienda olandese che produceva Petrus.
Una volta la pubblicità era réclame: in origine, termine tipografico nel senso di «chiamata», poi breve cenno nel testo di un giornale, con rinvio agli annunci pubblicitari e infine pubblicità. Diventato poi sinonimo di attività intesa a dare la più ampia diffusione a un prodotto o a un servizio, ai suoi pregi, alla sua utilità e convenienza.
La rèclame è l’anima del commercio dice chi non tralascia occasione di fare réclame a se stesso.
#parolegolose. Merenda. Dal latino merenda, plurale neutro del gerundivo del verbo merēre ‘meritare’; propriamente significa. “cose da meritare”. Parola attestata dal XIV secolo. Merienda in spagnolo, marenda in sloveno-croato (e anche in dialetto triestino). Merende robuste e sostanziose in cui perlopiù non si mangiano le merendine…
Trattasi di un leggero pasto che si fa tra il pranzo e la cena, ma anche a metà mattina se si comincia a lavorare presto: è il caso della marènda triestina per i lavoratori portuali che ha dato origine alla tuttora vivace storia del buffet triestino (precisiamo, nell’era a.C.v, ante Corona virus).Naturalmente merenda è anche lo spuntino che si fa a metà mattina a scuola nell’intervallo fra le lezioni, (quando le lezioni si facevano in aula e non a casa, a distanza).
La merenda sinoira: tradizione piemontese
Sinoira deriva da sina, ossia cena nel dialetto piemontese. Si colloca proprio tra l’orario dello spuntino pomeridiano e quello del pasto serale. Un’usanza in origine praticata dai contadini durante le giornate di lavoro estive o nel periodo della vendemmia, quando fra le 17 e le 18 avevano bisogno di rifocillarsi per poter continuare a lavorare fino al calar del sole. Solitamente i cibi erano trasportati in un fazzolettone (ant el fassolet) e potevano essere mangiati in modo veloce senza bisogno di sedersi a tavola. Gli alimenti più frequenti erano: pane, salame, formaggio, frittate e la soma d’aj(In dialetto piemontese soma indica un carico, quello trasportato in genere in groppa agli animali, aj è l’aglio. Letteralmente soma d’aj significa quindi “carico di aglio”, per sottolineare l’abbondanza dell’ingrediente più saporito della ricetta). Successivamente la merenda sinoira iniziò a essere proposta la domenica nel tardo pomeriggio nelle case di villeggiatura borghesi in campagna, soprattutto in estate, sotto i pergolati, quando si ricevevano degli ospiti. Nel menu carne e zucchine in carpione, acciughe al verde e al rosso, vitello tonnato, insalata russa.
La definizione di merenda che appare sul vocabolario-dizionario piemontese-italiano Sant'Albino del 1859: "Il mangiare fra il desinare e la cena - San Giusep a porta la marenda ant el fassolet, San Michel a porta la marenda an ciel - L'usanza fra i contadini, concede la merenda soltanto da San Giuseppe a fine Settembre (San Michele)”.
Merenda sui prati è anche sinonimo di pic nic all'aria aperta. Oggi 13 aprile 2020 assolutamente vietato.
#parolegolose. Manuela d’Andrea ci ha proposto un goloso Croque madametutto friulano con prosciutto friulano, formaggio Montasio e “uova delle nostre galline ?”. Abbinato a una Ribolla gialla spumantizzata Valentino Butussi. Un vero trionfo di like di gradimentosui social. La sua ricetta:
Dorare il pane per i toast per alcuni minuti in forno o in padella con un po’ di burro. Fare dei toast a 3 piani con prosciutto cotto, formaggio Montasio abbastanza fresco tagliato a fettine. “Dopo avere assemblato il toast, ci spiega, lo passo nel grill del forno o in padella con sopra del formaggio Montasio grattugiato o a fettine. Alla fine ci adagio sopra con delicatezza un uovo all’occhio di bue; basta una semplice spatola piatta, che sicuramente avete in cucina. Servite caldo e con qualche salsa a parte tipo senape o mostarda". Aggiungiamo che conviene togliere la crosticina esterna del pan carrè o pane a cassetta e spalmare da un lato le fette con un velo di mostarda o burro.
Questa ricetta e il nome croque madame ci hanno subito creato una serie di suggestioni per le nostre #parolegolose. A partire dal croque monsieur.
Un croque-monsieur è un sandwich grigliato fatto con prosciutto e formaggio (generalmente emmental o gruyère). E’ di origine francese e in Francia viene servito comunemente nei bar e nei bistrò (del 1910, pare, la prima comparsa ufficiale del nome in un menu). Non dimentichiamo che lo cita anche Marcel Proust nella sua opera più nota. La versione elaborata del croque comprende tra gli ingredienti anche la besciamella, mentre per la variante croque-madame, è obbligatorio l'uovo.
Il croque madame è dunque il croque-monsieur servito con un uovo fritto adagiato sopra la fetta di pane superiore (in una parte della Normandia lo chiamano croque-à-cheval). Per la cronaca c’è anche il croque-mademoiselle associato ad altri tipi di sandwich. Inoltre si possono assaggiare
croque-provençal (con pomodoro)
croque-auvergnat (con formaggio Blu d'Alvernia)
croque-gagnet (con formaggio Gouda e salsiccia andouille)
croque-norvégien (con salmone affumicato al posto del prosciutto)
croque-tartiflette (con fette di patate e formaggio Reblochon).
Attenzione a non confondere croque monsieur, French toast e pain perdu. Si tratta di ricette che coinvolgono toast e pane, con nomi francesi ma non sono sinonimi, anzi sono preparazioni ben distinte.
Il French toast è un piatto composto da pane inzuppato in uova sbattute e in seguito fritto. Negli Usa principalmente si indicano con questo noeme fette di pane in cassetta messe prima a mollo in pastella di uova e latte (o panna montata) e poi fritte nel burro fino a che diventano marroni. Si possono aggiungere a piacere nella pastella cannella, noce moscata, vaniglia. E’ consigliabile l’uso di pane raffermo che non si sgretola a contatto con le uova. Le fette poi si possono spolverizzare con zucchero a velo e guarnire con sciroppo d'acero oppure in versione salata con varie salse o ketchup.
Altri nomi del French toast: eggy bread, German toast, gypsy toast, poor knights, Spanish toast
Il pain perdu è una ricetta antispreco che trasforma il normale pane raffermo in qualcosa di super goloso, quasi un dessert. Letteralmente significa “pane perduto”. Un pane che in un certo senso era andato “perso” diventando raffermo, ma che si trasforma in qualcos’altro. Un piatto del riciclo, una ricetta povera capace di diventare speciale.
Si bagna il pane in una pastella di latte, uova, cannella e zucchero e si cuoce poi nel burro fino a che il pane diventa dorato. Si accompagna a marmellata o frutta cotta.
Con le denominazioni di suppe dorate e soupys yn dorye, il piatto era largamente conosciuto nell'Europa medioevale. Qui si apre tutta un'altra storia che si collega alle schnitte. Ve ne parleremo.
Per concludere:
la Torrija è una ricetta tradizionale simile al PAIN PERDU st preparata in Spagna durante la quaresima e la Settimana santa. E così anche oggi siamo in tema e in accordo con le date del calendario.
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LA PAROLA GOLOSA DI IERI: SETACCIO E TRAMOGGIA VAI AL LINK Mettiamo le parole al setaccio #parolegolose
#parolegolose. Che cosa signifca q.b.? Ormai i nostri lettori lo sanno. E' l'abbreviazione di quanto basta, formula che nelle ricette del passato indicava la quantità di sale, pepe, olio, farina da utilizzare nella ricetta (la pratica quotidiana sopperiva alla precisione della bilancia). Ma ricetta non è un termine solo riferito alla cucina, ma prima di tutto alla pratica medica. Dove la quantità da assumere era un tempo indicata con q.s. cioè quantum satis o quantum sufficit (dal latino). L'espressione quanto basta è solo italiana ed è difficilmente traducibile nelle altre lingue: sale q.b. in inglese potrebbe essere salt to taste (cioè "da assaggiare"). Ma loro hanno la cupcake. letteralmente la torta in tazza.Di queste mini torte si parla già 1796 nel libro American Cookery di Amelia Simmons. La versione più diffusa fa risalire il nome al fatto che all’inizio la cottura avvenisse nelle tazze, ovvero cup in inglese, infatti gli stampi furono inventati più tardi. La seconda versione, a cui ci affidiamo, afferma che essendo dolci di origine anglosassone le quantità degli ingredienti venissero indicate in cup, cioè in tazze, unità di misura usata. Del resto anche nei nostri ricettari si usa(va) scrivere, una tazza di riso, una tazza di latte (senza indicare la misura esatta della tazza...). E poi se in inglese si usa tablespoon anche noi usiamo cucchiaio come ulteriore unità di misura...
E la #parolagolosa RICETTA da che cosa nasce? Nasce prima in ambito medico, deriva dal latino recepta, femminile del participio passato del verbo recipĕre. Era il rimedio indicato per i preparati galenici e per la loro somministrazione: cominciava perlopiù con la parola recipecioè prendi. In seconda battuta il vocabolo è passato a indicare gli ingredienti, le dosi e le modalità con cui preparare pietanze, dolci, conserve, bibite e bevande varie, o anche prodotti non alimentari.
In inglese ricetta culinaria si dice recipe, mentre la ricetta del medico è prescription. Anche in francese le due indicazioni sono diversificate: recette e prescriptioni (anche ordonnance). In tedesco ricetta medica o culinaria è Rezept.
LA PAROLA GOLOSA DI IERI: PROFUMO Profumo di buono! Profumo di casa
#PAROLEGOLOSE 5. Pro fumo deriva sicuramente dal latino; alcuni in passato ritenevano dall'unione di pro (davanti) e fumus (fumo) con il significato di vapore che si espande. Ora l'etimologia accreditata vede la parola fumo unito a per, in una sorta di complemento di moto attraverso luogo. In ogni caso il vocabolo indicava e indica: “fumo odoroso che si abbrucia o che si fa bollire, tuttociò che è atto a rendere buon odore" quindi con il significato originario di suffumigi odorosi, molto spesso a base di incenso. Dal profumo dei fiori al profumo di pulito, è passato a indicare anche tutte le cose buone che si possono annusare in cucina o altrove: dal profumo di arrosto della nonna al profumo del pane dal fornaio (un profumo talmente ancestrale che in molti luoghi di vendita di prodotti alimentari viene diffuso artificialmente). Per noi friulani il più buon profumo deja vu è probabilmente quello della polenta (al ven e mi tente l'odor di polente). Nelle nostre cucine oggi, in ogni caso, i profumi - con i fumi - stanno sparendo: siamo tutti a caccia delle più potenti cappe aspiranti!
I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia (Ardengo Soffici)
Dolce, soave, delicato, forte, acuto, sottile, penetrante, il termine profumo ha quasi sempre una valenza positiva ed è sinonimo di buon odore e fragranza. Con valore antifrastico, alludendo a cattivi odori, si può usare "senti che profumino di muffa!"
E poi c'è il profumo come miscela di essenze odorose:il vocabolario Treccani bene spiega "essenze odorose di origine vegetale (olî essenziali), animale (muschio, zibetto, ambra grigia), oppure sintetiche (alcoli, esteri, eteri, aldeidi, ecc.) opportunamente dosate così da ottenere un odore piacevole e caratteristico, e usate sotto forma di soluzioni alcoliche (estratti) o idroalcoliche (acque di toeletta), di aerosol, o per preparare polveri profumate. #PAROLEGOLOSE
LA PAROLA GOLOSA DI DOMANI: RICETTA q.b. potrebbe diventare q.s. E la ricetta?
LA PAROLA GOLOSA DI IERI: MAFALDA & SESAMO Mafalda, sesamo o giuggiulena
#PAROLEGOLOSE 4. Moto perpetuo. Apro il vocabolario e leggo: «Sedia, vedi seggiola». Cerco seggiola e trovo: «Vedi sedia». Leo Longanesi (La sua signora, 1957). Oggi è andata un po’ così anche per me. Volevo cercare per voi il vero significato di alcuni pani speciali, la ricetta del link Mafalde al sesamo. Ho cominciato la ricerca con Mafalda e ho trovato "nome di origine portoghese che significa 'forte in combattimento'. Nome tradizionale di casa Savoia, di cui si ricorda la principessa Mafalda, figlia di Vittorio Emanuele III, morta in un campo di concentramento nel 1944. Mafalda, personaggio immaginario protagonista dell'omonima striscia a fumetti realizzata dall'argentino Joaquín Lavado, in arte Quino". E poi più niente, finché alla fine su un sito locale siciliano ho letto “pane creato in Sicilia nell’Ottocento e dedicato da un panettiere catanese alla figlia del re di Savoia agli inizi del secolo scorso (probabilmente in occasione della nascita nel 1902). Ebbene, questo è tutto e ci dobbiamo accontentare, in assenza di ulteriori conferme storiche scritte.
Sul sesamo invece [latino sēsămum, dal gr. σήσαμον, voce di origine orientale] ci illumina il Treccani: 1. Erba annua (Sesamum indicum), appartenente al genere omonimo della famiglia Pedaliacee, originaria dell’Asia tropicale, coltivata in molti paesi caldi, particolarmente in India, dove esistono decine di razze colturali, (...) frutto a capsula allungata, contenente numerosi semi, lunghi qualche millimetro, bianchi, rossastri o neri, utilizzati nell’alimentazione umana (pane, dolciumi, ecc.) e per l’estrazione dell’olio.