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Prendersi cura dell'ospite

Prendersi cura dell’ospite

 Invitare qualcuno alla nostra tavola significa prendere su di noi la cura della sua felicità finché rimane sotto il nostro tetto, così scrisse Anthelme Brillat-Savarin, magistrato, autore di saggi di diritto, eccellente ospite e gradevole conversatore, il cui nome è legato soprattutto al trattato Fisiologia del gusto (1825), interessante meditazione sulla civiltà e sui piaceri della tavola.

Prendersi cura della felicità della persona che invitiamo a condividere il desco pare una bella responsabilità, eppure è proprio questo che facciamo quando ci prodighiamo affinché non manchi nulla, la conversazione sia piacevole e l’atmosfera serena. Da perfetti padroni di casa ci preoccupiamo che il cibo sia di gradimento, teniamo in considerazione i gusti e le predilezioni verso qualche particolare pietanza, evitando di impiegare prodotti a cui è intollerante.

L’ospite deve sentirsi a suo agio: non lo asfissieremo pertanto con eccesso di zelo nel dispensare le nostre attenzioni, non gli riempiremo il piatto con porzioni sovrabbondanti, non insisteremo perché ne prenda ancora né che assaggi tutto e tanto meno lo solleciteremo a finire tutto quello che gli abbiamo somministrato.

Non ironizzeremo sul fatto che non vuole “neanche assaggiare” il nostro specialissimo vino e neppure sul fatto che brinda con acqua. Avere cura della sua felicità implica anche evitargli ogni motivo di imbarazzo.

Nel rispetto di una regola che trova le sue radici nell’antica nozione di ospitalità, alla persona invitata in casa nostra non faremo mai in nessun modo capire che la sua presenza si sta prolungando oltre i tempi limite della nostra stanchezza e altrettanto non insisteremo per trattenerla quando avrà comunicato la sua partenza.

Non chiedere di fermarsi “ancora un po’” a molti può sembrare una scortesia ma, volendo attenerci ai sacri canoni, questa è una frase da evitare. Mostreremo in tal modo la massima considerazione per il visitatore e lo terremo libero dall’obbligo di compiacerci.

Così, se prenderemo su di noi la cura della felicità dell’invitato, la sua felicità diventerà anche la nostra.

 

 

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