Scuole di cucina, ancora per quanto?

Rileggendo qua e là il nostro quotidiano, andando a ritroso o saltabeccando trasversalmente, è piacevole scoprire l'evoluzione non solo delle nostre rughe di espressione, diciamo così, ma anche una certa evoluzione del sentire comune in ambito culinario. Qui vi riproponiamo un post del 2010, come lo aggiornereste a distanza di oltre quattro anni? Aspettiamo i vostri commenti (per commentare basta registrarsi al sito, iscrizione gratuita).

"Le scuole di cucina per non professionisti, scriveva Gabriella Pecchia, sono nate qualche decennio fa, dirette a un pubblico strettamente femminile e di élite, dove signore e signorine “bene” e di buona famiglia andavano a imparare i segreti della cucina, abilità fondamentale per la perfetta moglie, madre, padrona di casa o candidata a tale mission.

Ora le scuole di cucina sono tante, accessibili a tutti; sono diventate luoghi di ritrovo di tendenza, dove non solo si impara a cucinare ma si condivide la passione per questa arte, si stringono relazioni interpersonali unite da un fil rouge, il cibo, che lega tutti in maniera magica ed esclusiva. Il cibo è aggregante per sua caratteristica.

Ogni lezione ha lo scopo di far scoprire nuove tecniche culinarie, nuovi gusti e abbinamenti tenendo sempre presente che saper cucinare vuol dire alimentarsi correttamente e risparmiare non poco sulle spese mensili di famiglie e single. La partecipazione ai corsi è varia: donne e uomini di tutte le età e condizioni sociali, ma soprattutto giovani coppie e single che hanno capito che mangiare bene è importante per la salute e fa bene all’anima, all’amicizia e all’amore.

E oggi le scuole di cucina sono diventate piuttosto singole lezioni con un particolare docente o uno specifico argomento? Voi che ci andate raccontateci qual è il motivo principale: imparare? risparmiare? socializzare? assistere a uno spettacolo? sentirsi parte del mood culinario? impastare