Il gusto agro dell'aceto

Aceto, “acetum”, dal verbo latino “acere” cioè “inacidire”. Ha origini antichissime: nell’Antico Egitto e poi tra i Romani veniva utilizzato per conservare i cibi e insaporire pietanze.

Si sperimentava già a quei tempi l’uso dell’aceto per la marinatura nella conservazione del pesce. Se il metodo per ottenere l’aceto era conosciuto da tempi remoti, fu solo Pasteur nel 1864 a dimostrare scientificamente come gli Acetobacter, batteri responsabili dell’acetificazione, agivano in presenza di ossigeno. Ciò

consentì di procedere alla produzione

dell’aceto in modo più controllato

e su larga scala.

Forse

non tutti lo sanno, ma l’aceto

rientra nella categoria degli

alimenti nervini, cioè eccitanti. Generalmente quando

si dice aceto si pensa a quello

di vino, ma ne esistono diverse

tipologie: di sidro, di mele, di alcool (aceto bianco)

derivato dalla fermentazione

di alcool distillato o quello

dal tipico color rossastro derivato

dal malto. Ogni paese

di fatto propone il proprio

aceto secondo le tradizioni e

gli alimenti più comuni.

In Giappone preparano l’aceto di riso, in Asia sudorientale e in India quello di cocco, nelle Filippine quello di canna. Nella cucina del Medio Oriente si può gustare un aceto, prodotto in Turchia, ricavato dall’uva passa.

 

Facciamo l’aceto in casa

Qualsiasi vino di media alcolicità

lasciato a contatto con

l’aria tende a inacidire: per

ottenere un buon prodotto

questo processo deve avvenire

nel modo migliore.

In un contenitore versate

un bicchiere di vino, mezzo

bicchiere di aceto naturale

e mezzo bicchiere di acqua.

Copritelo con un panno e sistematelo

sopra un armadio

della cucina, che solitamente

è il posto più caldo della

casa (l’aceto ha bisogno oltre

che di aria anche di una

temperatura sui 25°C). Se volete

accelerare l’acetificazione

potete immergere nel liquido

qualche spaghetto o un pezzo

di pagnotta, in modo che

i lieviti del pane aiutino gli

Acetobacter nel loro compito.

Dopo un paio di settimane, il

vino sarà del tutto inacidito

e sulla superficie del liquido

compariranno macchie

bianco-rossastre, segnale che

si sta formando la “madre”

del futuro aceto. Procuratevi

un’ acetiera in vetro o meglio

ancora in legno e trasferitevi

il prodotto con circa cinque

litri di vino. La botticella va

conservata in luogo pulito e

tiepido (la mia sta in garage,

caldo d’estate e molto freddo

d’inverno), ma non nello stesso

locale dove viene conservato

il vino: si potrebbe correre

il rischio di farlo inacidire!

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Viticoltura di montagna

 La Scuola Italiana di Potatura della vite, itinerante, guidata da Marco Simonit e Pierpaolo Sirch sta operando anche in Valtellina. Una zona di interesse particolare per una viticoltura eroica, di montagna.

La grande maggioranza dei vigneti valtellinesi è stato lavorata fino ad ora, con il metodo tradizionale ad archetto, che ha come elemento di debolezza il forte dispendio in termini di ore/ettaro per la lavorazione. I nuovi impianti che si vedono oggi in valle, per lo più potati a Guyot, in modo da garantire una più uniforme distribuzione della vegetazione e della fascia produttiva, ma anche più facili da potare e rispondenti alle esigenze di produrre uve di qualità, dal conto loro corrono il rischio di non garantire al vigneto la giusta longevità. Inoltre questa tecnica di potatura non è applicabile sui vecchi impianti se non correndo il rischio di perdere molte piante e quindi di un patrimonio genetico importantissimo.

In questa ottica, il metodo di potatura Simonit&Sirch permette di adattare il Guyot dei nuovi impianti alla situazione specifica valtellinese, cercando di prolungare il più possibile la vita delle piante così potate e di convertire i vecchi impianti ad archetto alla potatura a Guyot senza comprometterne la longevità.

L’ obiettivo è in definitiva quello di avere piante più sane e longeve che producano uve di qualità superiore, senza perdere di vista l’alleggerimento dei costi di produzione.

 Web: www.consorziovinivaltellina.com

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Friulano da Guinness

IL FRIULANO FA IL SUO INGRESSO NEL “GUINNES WORLD RECORD” CON LA “BOTTIGLIA PIU’ GRANDE DEL MONDO”: OLTRE 2 METRI DI ALTEZZA E 80 CENTIMETRI DI DIAMETRO PER 510 LITRI DELLA DOC COLLIO, ANNATA 2009, DELLE MIGLIORI CANTINE DEL TERRITORIO

La bottiglia del Friulano dei record Due metri e 60 centimetri di altezza e 80 centimetri di diametro, per contenere 510 litri di Friulano Doc Collio, annata 2009, fornito da più di 30 delle migliori cantine del Friuli Venezia Giulia (da Cantina Jermann a Venica & Venica, da Livon a Fantinel): ecco le misure della “Bottiglia più grande al mondo di vino Friulano”, un primato autenticato a Dolegna del Collio da un Ispettore del Guinness World Record che ha sancito ufficialmente l’ingresso di uno dei bianchi più celebri del mondo del vino italiano nel Guinness dei primati, festeggiato, e non poteva essere altrimenti, da un grande brindisi all’iniziativa promossa dal Comune di Dolegna del Collio in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia e le aziende del territorio (info: www.guinnessworldrecords.com).

fonte: www.winenews.it

PS: Aggiungiamo che Donald Ziraldo, il produttore di vino canadese originario del Friuli,  ha pensato subito all'abbinamento con il calice più grande del mondo. Il record precedente era detenuto dall'azienda austriaca Kracher con una cuvée di riesling e chardonnay.

 

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Aspettando Vinitaly

L’EXPORT VOLA, E IL MERCATO INTERNO? Le 3 domande di Vinitaly
dibattito sul sito www.vinitaly.com
All'aumento della qualità e del prestigio della produzione enologica italiana degli ultimi 20 anni non ha corrisposto una crescita del consumo interno, al contrario dell’export che invece continua a salire.

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Grappa friulana a Perugia con Anag

 

Molto apprezzata la grappa friulana a Perugia

Perugia: nella spettacolare Rocca Paolina si è svolta la 4a Edizione dell’Acquavite Italia firmata Anag. Un ricco programma di 3 giorni  della Mostra Mercato Nazionale del distillato ha coinvolto moltissime distillerie. Il nostro  Friuli è stato ben rappresentato dall’Azienda Agricola e  Distilleria Tenuta Villanova di Villanova di Farra (GO), dalla Distilleria Bepi Tosolini di Marsure di Povoletto (UD) e dal Gruppo Caffo – Distilleria Friulia di Pasian di Prato (UD).

 

La più antica e storica Az. Tenuta Villanova che dal 1499 nel cuore del Friuli e della storia produce a tutt’oggi con gran maestria grandi nettari: bollicine, vini fermi, grappe, distillati e olio, per l’occasione ha proposto in degustazione le pluripremiate grappe. Nei libri degli inventari dell’azienda vengono riportati già nel 1797/98 “caratelli per l’acquavita” e una “caldaia rame da lambicco”.

La distillazione avviene nell’alambicco, un’attrezzatura tanto caratteristica ai fini del prodotto ultimo, che, si dice: ogni alambicco firma la grappa prodotta, in maniera riconoscibile ed unica. L’alambicco di Villanova produce grappe ed acquaviti d’uva dalle vinacce e dai fragranti fermentati che riceve direttamente dalle cantine attigue. Nel 1996 l’alambicco è stato sottoposto ad una profonda trasformazione, seguendo le linee di un progetto ambizioso e del tutto unico in Italia: avere la possibilità di poter ripetere in un solo opificio i diversi tipi di distillazione in uso nell’arco di storia che copre gli ultimi 500 anni. Nell’attuale distilleria la grappa si può distillare come all’epoca del Mattioli, grande medico coevo della Tenuta Villanova che esercitò a Gorizia e si occupò con successo di distillazione, oppure come si produceva nel secolo scorso, o ancora, secondo lo stile del novecento.

Il direttore dell’Azienda, Alberto Grossi ha guidato personalmente le degustazioni  dei suoi nettari: la tradizionale Grappa Val di Rose, ottenuta dalla distillazione delle vinacce bianche e rosse con caldaiette a vapore ed è subito riconoscibile grazie alla storica e particolare forma della bottiglia di vetro verde, nonchè dalla stessa impostazione grafica dal 1936.

Le Grappe di Moscato e di Malvasia Istriana, ottenute da vinacce selezionate di uve autoctone di produzione propria, distillate con caldaia a bagnomaria. Il Distillato di Traminer aromatico ottenuto con caldaia a bagnomaria, dal mosto d’uva di Traminer aromatico. Tutte pluripremiate con medaglie d’oro. La Grappa di Pignolo, ottenuta con distillazione con caldaia a bagnomaria delle vinacce selezionate dell’autoctono Pignolo è stata invece scelta per l’evento dopo cena con il “Toscanello”. Il profumo ed il gusto nettamente decisi e di lunga struttura si sono ben amalgamati con il sigaro.

   

La Distileria Bepi Tosolini ha proposto in degustazione la linea Most: acquavite da mosto d’uva. Il Most, fiore all'occhiello dell'azienda nasce dall'uva pigiata e diraspata che viene lasciata fermentare in tini di legno di frassino che, secondo la grande tradizione di famiglia, mantengono meglio le delicate caratteristiche organolettiche del distillato, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto puro e la trasparenza bianca.

La distillazione è effettuata con alambicchi in rame a ciclo discontinuo, concepiti da Bepi Tosolini oltre 50 anni fa in modo da garantire la persistenza dei sapori e dei profumi della vendemmia. Il risultato è un'acquavite dal bouquet delicato, profumata, persistente sul palato e asciutta sul finale. I vitigni prescelti per questa linea sono davvero speciali: il raro Picolit caratteristico del Friuli, la Ribolla Gialla, il Ramandolo, il Fragolino, il Moscato Rosa e, in esclusiva per la serie storica, la Ribolla Nera.

Molto apprezzato l'Amaro Tosolini antico rimedio: liquore d'erbe dal 1918. Questo raffinato liquore preparato secondo la ricetta del fondatore Bepi Tosolini con l'originale miscela di 15 varietà di erbe officinali, tra le quali l'angelica, l'anice stellato, l'assenzio marino e la genziana, macerate nei tini di frassino in acquavite e purissima acqua delle Alpi Friulane. Nessun aroma articifiale nè alcun colorante lo rendono ancor di più un prodotto di qualità. Gradevolissimo e profumato con i suoi 30 gradi.

 

La Distilleria Distilador del Friul che dal 2006 fa parte nel gruppo Caffo, oggi tra i principali players del mercato italiano degli alcolici grazie al rinomato Vecchio Amaro del Capo e degli altri ottimi liquori e distillati creati in circa un secolo di attività. L’esperto Mastro Distillatore friulano, Stefano Durbino che sovrintende all’attività della Distilleria Friulia, ha acquisito l’arte della distillazione dal padre Renzo che nel 1962 avviò lo stabilimento nella frazione Passons (UD).

Ad Acquavite Italia hanno presentato tutta la collezione di Grappe Monovitigno “Fri”: Cabernet, Chardonnay, Refosco, Garganega, Merlot, Pinot Grigio, Durella, Muller Thurgau e Prosecco ottenute con la distillazione metodo “fogolar” che consente di ottenere una grappa di qualità superiore. La flemma viene ridistillata con il sistema discontinuo con caldere a bagnomaria a vapore e con colonna discontinua. Piccole partite di materia prima sono inoltre distillate direttamente nelle caldaie a vapore.

I visitatori si sono soffermati volentieri a centellinare la Sgnape dal Fogolar Stravecchia, dal prezioso colore ambrato, un aroma morbido ma deciso, tipico della tradizione friulana. Grappa che nasce dalla selezione di pregiati distillati di vinaccia, lasciati maturare naturalmente in fusti di rovere per oltre 18 mesi.

Tanti distillati del Friuli presenti sono stati pluripremiati dall’Anag in vari concorsi e anche ad Acquavite Italia hanno suscitato molto interesse ed apprezzamento. La distillazione, una vera passione e gran tradizione dei friulani deve continuare, perché in questa manifestazione la grappa si è ripresentata luccicante e brillante più che mai. Ottimismo e ripresa della grappa una bevanda ora santificata come toccasana, baldanzosa come lo spirito del popolo che l’ha inventata.

 

 

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ecosostenibilità in cantina

Il titolo del convegno a prima vista non era particolarmente invitante: “Ecosostenibilità e vantaggio competitivo nelle imprese vinicole”. Il risultato è stato di tutt’altro tenore e il workshop organizzato da E-On (colosso tedesco dell’energia, 80 miliardi di fatturato in tutto il mondo, 5 Gigawatt installati in Italia) e da Vinitaly, si è trasformato in una straordinaria passerella delle “migliori pratiche” eco-energetiche delle più grandi aziende vinicole italiane. “Progetto nel fotovoltaico, sperimentazioni nelle biomasse e studi sul packaging e gli imballi”. Per saperne di più collegarsi al link http://www.gamberorosso.it/media/2011/02/264849.pdf

 

“Trecento mq di pannelli fotovoltaici nella cantina di Menfi; a Noto la prima Cantina Invisibile che limita al massimo l’impatto ambientale”.

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Strada del vino provincia Gorizia

Nasce il Comitato Promotore della Strada del Vino della Provincia di Gorizia

 Martedì 22 febbraio alle ore 17 si è svolta, presso la Fondazione Villa Russiz, la riunione di aziende vitivinicole, realtà turistiche e istituzioni della Provincia di Gorizia interessate a dare vita alla Strada del Vino.

Il Movimento Turismo del Vino Friuli Venezia Giulia, promotore dell’iniziativa e rappresentato dalla Presidente Elda Felluga e dal direttore Massimo Del Mestre, ha invitato i presenti al fine di discutere il regolamento provinciale e i punti salienti alla base di un progetto fattivo per la nascita della Strada del Vino della Provincia di Gorizia.

 In seguito alla lettura integrale dei principali documenti di pertinenza e ad un’ampia e proficua discussione, si è deciso di formalizzare la nascita del Comitato Promotore della Strada, grazie alle firme di oltre 30 imprenditori del settore e rappresentanti istituzionali.

In tale contesto è stato anche eletto all’unanimità in qualità di rappresentante del Comitato il giovane e dinamico Roberto Komjanc della azienda Alessio Komjanc di San Floriano del Collio, associata da oltre dieci anni al Movimento Turismo del Vino FVG di cui ha condiviso i progetti di formazione, certificazione dell’accoglienza in cantina e commercializzazione delle proposte enoturistiche.

“Vista l’ampia partecipazione all’incontro – dichiara Elda Felluga – crediamo che gli auspici siano i migliori per creare un vero e proprio tavolo di lavoro che sia propedeutico ad un piano di marketing territoriale strettamente operativo”.

Nel corso dell’appuntamento è stato infatti sottolineato come la Strada del Vino nascente, forte dei numerosi esempi sul territorio italiano, possa avere buone chance di sviluppo imparando sia dagli errori che dai virtuosismi di altre esperienze simili.

“Una Strada del Vino può essere realisticamente progettata – afferma Massimo Del Mestre – solo se si basa su un meccanismo di auto sostentamento finanziario e se si crea una forte rete di coordinamento non solo provinciale ma regionale proprio per abbattere i costi di gestione”

Ora sarà compito del neonato Comitato Promotore indire un’ulteriore riunione durante la quale discutere i vari elementi che comporranno la base fondante del progetto quali il Disciplinare, la cartografia, il logo e il nome di questa Strada del Vino così importante per il nostro territorio.

info: Movimento Turismo del Vino Friuli Venezia Giulia
Tel 0432.289540 Fax 0432.294021
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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La nuova Carta dei vini

Stringere un nuovo patto tra produttori vinicoli e ristoratori

Carta dei vini: meno elenchi e più consigli

Mai più “elenchi del telefono”, sì invece a carte dei vini agili, riassortite frequentemente e con tante proposte al calice. Ma soprattutto il ristoratore deve riappropriarsi del ruolo di guida, consigliando il cliente nella scelta del vino. È quanto in sintesi emerso alla tavola rotonda “Il Vino nella Ristorazione privilegiando il Territorio” promossa dalla Strada dei vini DOC Lison Pramaggiore e dalla Provincia di Venezia, a palazzo Ca' Corner di Venezia.

“Il ristorante classico non esiste più – ha esordito Enzo Vizzari, curatore delle guide de L'Espresso – esistono tanti modi diversi di mangiare fuori. Dalla pausa pranzo all'aperitivo: per ciascuno di essi si deve trovare il modo giusto di proporre il vino. Nella maggior parte dei casi è necessario fare servizio al calice oppure servire le mezze bottiglie. La proposta non può mai essere standard, ma calibrata sul menu, sia esso stagionale o settimanale”.

C'è bisogno di qualità ma anche di marketing. La domanda è: quali vini in quali mercati e con quali modalità di distribuzione. Serve da parte dei produttori una consapevolezza del proprio prodotto in rapporto con le caratteristiche dei propri competitori. Solo così si può capire che strada prendere e dove si può arrivare. La comunicazione arriva solo a questo punto, ha sottolineato Vizzari.

 

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eco sostenibilità in cantina

ECO-SOSTENIBILITA’ E VANTAGGIO COMPETITIVO NELLE IMPRESE VINICOLE
Mercoledì 23 febbraio 2011 Centro Congressi PalaExpo di Veronafiere, Viale del Lavoro 8, Verona Sala Vivaldi – ore 10,00

Anche nel mondo vitivinicolo sta crescendo la consapevolezza che un’attività “eco-sostenibile” sia non solo necessaria per preservare l’ambiente, ma rappresenti al tempo stesso un’opportunità di crescita delle imprese.
Si moltiplicano, infatti, nelle cantine gli esempi che vanno in questa direzione: dal fotovoltaico alle biomasse, dal risparmio idrico agli imballaggi riciclati per finire con l’agricoltura sostenibile e le misure per il risparmio energetico.
E.ON Energia e Vinitaly promuovono un evento che vede un primo momento dedicato alle tematiche scientifiche ed economiche e un secondo in cui si presentano le esperienze di alcune aziende vinicole dell’eccellenza italiana, che hanno saputo sfruttare scelte eco-sostenibili per il miglioramento delle loro performance.

RELATORI

Moderatore: Katy Mandurino, Il Sole 24 Ore

Conferenza:
* Indirizzo di saluto del Sindaco di Verona, Flavio Tosi, di un Rappresentante della Regione Veneto e di Giovanni Mantovani Direttore Generale della Fiera di Verona.

· Giacomo Mojoli, giornalista, docente universitario, socio fondatore di “Slow Food”
· Fabio Renzi, Segretario generale “Fondazione Symbola”
· Prof. Attilio Scienza, Professore Ordinario di Viticoltura presso la Facoltà di Agraria della Università di Milano
· Enrico Morandi, Direttore Sales Large Clients E.ON Energia

TAVOLA ROTONDA:
· Renzo Cotarella, Amministratore Delegato Marchesi Antinori
· Lorenzo Biscontin, Direttore marketing Santa Margherita Wine Group
· Filippo Carletti, Direttore Generale della Arnaldo Caprai
· Alessio Planeta, Amministratore Delegato Azienda Planeta
· Arturo Ziliani, Gruppo Berlucchi

 

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Conegliano Valdobbiadene: brand territoriale

 

Conegliano Valdobbiadene: un brand territoriale

A solo un anno dall’ottenimento della Docg il Conegliano Valdobbiadene si conferma sempre più come un fenomeno unico che può essere assimilato allo Champagne. Infatti questo prosecco superiore è un vero e proprio brand territoriale che nasce in una zona così bella e particolare che ha permesso di avviare il progetto perché diventi patrimonio dell’Unesco.

Il dossier, inviato dal ministero dei beni culturali e da quello dell’agricoltura, è già al vaglio dell’Ente per il formale inserimento nella lista dei candidati italiani. Il territorio valdobbiadenese è infatti caratterizzato da una morfologia collinare che determina un gioco di colori e di microclimi unici nel loro genere. La pendenza dei fianchi di queste colline è così ripida che i vigneti vengono condotti esclusivamente a mano. Qui nasce la tipologia Rive (in dialetto locale significa “alta collina”) introdotta contestualmente alla Docg. Per fregiarsi di questo “titolo” il vino deve provenire da vigneti collocati nello stesso comune o frazione di comune su un’unica Riva.

“Per riconoscere il Conegliano Valdobbiadene – spiega Franco Adami, presidente del consorzio di tutela – bisogna cercare la scritta “Conegliano Valdobbiadene” che nell’etichetta può essere da sola o associata al nome Prosecco per le tipologie ‘frizzante”’e ‘tranquillo’ o Prosecco Superiore per lo spumante”.

Quali sono le caratteristiche che fanno del Prosecco un Conegliano Valdobbiadene?
Le uve devono provenire dai 15 comuni collinari delimitati dalle due capitali produttive di Conegliano e Valdobbiadene. il vino deve essere prodotto con il taglio delle uve del vitigno Glera (nome che sostituisce quello di Prosecco) al minimo dell’85% e della varietà locali Verdisio, Bianchetta, Boschera, Glera Lunga per un massimo del 15%. La resa per ettaro per il Docg rimarrà sempre a 135 quintali per ettaro. La varietà spumante si è arricchita della versione Rive. Il Rive porterà in etichetta il nome del comune o della frazione di origine delle uve. La resa non deve superare i 130 quintali per ettaro con l’obbligo della raccolta manuale e dell’indicazione del millesimo. Il vertice della piramide qualitativa è occupato dal Superiore Cartizze, la cui resa in vigneto rimane di 120 quintali per ettaro e la produzione è unicamente della tipologia spumante. Il Cartizze nasce in unica collina di circa 100 ettari ubicata fra le località di santo Stefano, Saccol e San Pietro di Barbozza. Ogni bottiglia del Conegliano-Valdobbiadene riporta un numero che permette di risalire l’intera filiera.

Quali sono i numeri del Conegliano Valdobbiadene?
La produzione totale è di quasi 61milioni di cui 53milioni nella tipologia spumante e di queste 1,3milioni sono Superiore Cartizze. La tipologia frizzante vanta 7,5milioni di bottiglie mentre il tranquillo di ferma a poco più di 360mila bottiglie. Il valore al consumo è di 380milioni di euro di cui il 30% viene generato all’estero. Il primo paese cliente è la Germania seguita dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dalla Svizzera, dal Canada e dal Brasile. La nostra è l’unica denominazione che ha visto una crescita negli ultimi due anni che si è attestata al 6% mentre negli ultimi dieci anni l’incremento è stato del 10%. Anche per il 2010 si prevede un incremento che prevediamo sia intorno alle due cifre. Nella filiera produttiva sono impiegati poco meno di 3mila viticoltori, 454 vinificatori, 166 case spumantistiche, 250 enologi e 1500 addetti vari.

Cosa caratterizza il territorio dove nasce un vino così unico?
Nelle colline dell’area Conegliano Valdobbiadene ci sono condizioni orogeologiche e climatiche uniche e non esportabili. Qui si verifica una situazione che vede esposizione solare, piovosità ed escursioni termiche uniche al mondo. Queste uve, già ottime per basi spumanti, vengono poi lavorate con metodologie e tecniche che sono rimaste immutate da sempre. La scuola enologica di Conegliano nasce infatti nel 1876 quando Carpené porta in questa zona la metodologia piemontese di spumantizzazione. Questa tradizione, unica al mondo, permette di ottenere un prodotto che oggi è diventato un fenomeno unico e irripetibile, un vero e proprio brand.

fonte Alessandra Iannello, www.luxgallery.it

 

Alessandra Iannello

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Il boom del Prosecco preoccupa

Preoccupazione per il boom produttivo del Prosecco 

 Lo sviluppo delle coltivazioni di Prosecco ora incute timori agli operatori. L’allarme è stato lanciato dal titolare dei marchi Villa Sandi e La Gioiosa (che nel 2010 hanno prodotto 18 milioni di bottiglie, 11 milioni delle quali di Prosecco per un fatturato di 52,2 milioni) e confermato dai vertici del Consorzio Doc.

Lo scorso anno il Prosecco si è fatto in due con la creazione di una docg per il prodotto di Conegliano Valdobbiadene e di una macro doc per il territorio che va da Vicenza a Trieste. Due marchi distinti tutelati da due diversi consorzi, ma mentre per la Docg le superfici produttive sono blindate e non è possibile impiantare nuovi vigneti, nel territorio della nuova Doc è stato consentito di impiantare nuovi ettari di vigneto.

Il risultato, spiega Giancarlo Moretti Polegato, è che nell’arco di un biennio sono stati realizzati 3mila nuovi ettari. “Se questo processo di crescita non sarà governato, in breve tempo delle buone quotazioni attuali resterà solo il ricordo”.

In tutti i casi nella scorsa vendemmia le uve Glera (vitigno base del Prosecco) sono state quotate fino a 150 euro al quintale, il 50% in più dell’anno precedente”. “Un’esplosione del Prosecco doc finirebbe per avere conseguenze pesanti anche sul nostro prodotto, spiega Giancarlo Vettorello, direttore del conorszio Docg.

Fonte: Giorgio dell’Orefice, Il Sole 24 ore del 23.01.2011

 


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