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Vespa bianco hour da Orsone

Siete pronti a scoprire a nuova annata del Vespa Bianco Bastianich? Presentazione in anteprima sabato 31 maggio con un festa speciale nel giardino del #RistoranteOrsone e con la presenza dell'enologo della Cantina Bastianich: Emilio Del Medico. Sarà un aperitivo conviviale, in piedi, accompagnato dai grandi classici della cucina americana e … dall’arrivo di un ospite speciale.
VESPA HOUR at ORSONE Sabato 31 maggio, dalle 18 alle 19.30. Ingresso 15€
Per maggiori informazioni e prenotazioni tel. al numero 0432.732053

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qbquantobasta numero speciale Buttrio

Eccovi la copertina del numero speciale di qbquantobasta interamente dedicato alla Fiera dei vini di Buttrio. E' il terzo anno - e ne siamo particolarmente onorati - che la Pro Loco e il Comune scelgono il format del nostro mensile per veicolare il programma, gli appuntamenti, gli approfondimenti che si svolgono nella prestigiosa e accogliente sede di Villa di Toppo Florio. Quest'anno le date da segnare in agenda sono il 13 14 15 giugno. Il programma è fittissimo per wine lovers ma anche per famiglie e per gli amanti del benessere naturale. Stay tuned! Ogni giorno nuovi aggiornamenti.

Ma? Ma??? Qui c'è un'altra copertina? Voi quale preferite??

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Nuovo presidente Consorzio delle Doc

Pietro Biscontin nuovo presidente del Consorzio delle Doc del Fvg. E’ l’attuale presidente della Doc Friuli Grave. Adriano Gigante eletto alla vice presidenza. Pietro Biscontin, è il nuovo presidente del Consorzio delle Doc del Fvg. Al termine dell’Assemblea dei soci, che si è tenuta nella nuova sede di Corno di Rosazzo, il rinnovato Consiglio di Amministrazione ha eletto all’unanimità Biscontin, 64 anni, attuale presidente della Doc Friuli Grave e direttore della Cantina Viticoltori friulani “La Delizia” sca, di Casarsa della Delizia. Il nuovo presidente succede a Giorgio Badin (Friuli Isonzo), in una logica di collegialità e rotazione degli incarichi. Durerà in carica tre anni e sarà affiancato dal vice presidente, Adriano Gigante (presidente della Doc Friuli Colli Orientali-Ramandolo) e dal segretario, Marco Rabino, riconfermato alla presidenza della Doc Friuli Aquileia. In accordo con l’Ersa, il Consorzio delle Doc del Fvg gestisce la promozione del vino regionale e coordina l’attività di difesa integrata delle varie aree viticole regionali.
«Oltre alla prosecuzione e all’approfondimento della collaborazione con l’Ersa – spiega Biscontin – ci siamo posti due altri obiettivi ambiziosi: la realizzazione della Doc Friuli (facendo ripartire l’iter che, ora, è in area di parcheggio) e una possibile unione dei Consorzi regionali per razionalizzare i costi e rendere più efficiente la filiera produttiva».
Al Consorzio delle Doc del Fvg aderiscono, attualmente, sei Consorzi di tutela regionali: Friuli Grave, Friuli Colli Orientali-Ramandolo, Friuli Aquileia, Friuli Isonzo, Friuli Latisana e Friuli Annia.

 

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Ritorna a Trieste Mare Morje Vitovska

Ritorna il 6 e il 7 giugno 2014 TRIESTE MAREMORJE VITOVSKA, appuntamento con il vitigno autoctono più celebre del Carso triestino, goriziano e sloveno. I profumi e l’eleganza della Vitovska sono specchio di una terra e di uomini che da secoli si impegnano per creare vini, che al Salone degli Incanti saranno raccontate nelle degustazioni a cura dell’AIS FVG. I ristoratori della provincia di Trieste interpreteranno queste emozioni studiando abbinamenti gastronomici di mare e non solo, per coinvolgere tutti in una grande festa del gusto. Corner shop con prodotti tipici del Carso: vini, formaggi, salumi, miele e olio extravergine che potranno
essere degustati e acquistati. Vi proponiamo il programma completo: Venerdì 6 giugno: alle 15.00 Convegno “Storie e testimonianze di viticoltura eroica del Carso e non solo..” all’Hotel Savoia Excelsior Palace, sala Excelsior, 1° piano, alle 17.00 Apertura ufficiale della Manifestazione, dalle 17.00 alle 23.00 Degustazioni al Salone degli Incanti con accompagnamento di golosità di mare e non solo.
Sabato 7 giugno dalle dalle 17.00 alle 23.00 Degustazioni di Vitovska di oltre 30 viticoltori in abbinamento alle eccellenze della cucina di mare a cura di altrettanti ristoratori della provincia di Trieste.
Nei giorni 6 e 7 giugno, sempre nel Salone degli Incanti, si potranno gustare piatti di mare tipici della tradizione triestina in collaborazione con la FIPE. Ingresso: 15 € (soci AIS, FIPE, ONAV e SLOW FOOD 10 € - esibendo il proprio tesserino) che include: degustazioni di tutti i vini presenti, assaggi gastronomici e accesso alle degustazioni guidate a cura dell’AIS FVG.
Degustazioni guidate: “Anteprima di Vitovska 2013” il 3 giugno condotta da Dennis Metz, Miglior Sommelier Italiano 2012 e vice-Campione Mondiale. In collaborazione con AIS FVG presso l’Hotel NH di Trieste. Info: 340 698 5880
Giovedì 5 giugno “Eroicità a confronto”. I produttori del Carso si confronteranno con viticoltori provenienti da zone “eroiche” per le modalità di lavoro in vigna come avviene per il Carso. Il confronto, aperto al pubblico, si terrà durante una cena presso il Ristorante Lokanda Devetak di San Michele del Carso. Presentazione a cura di Liliana Savioli.

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Vite di donne si intrecciano e dialogano

Donne che non sfruttano la terra ma la fanno fruttare. Sabato 17 maggio a Ferrara, nel giardino dell’agriturismo Principessa Pio, Arianna Fugazza, presidente dell’associazione PIV – inutile ogni tentativo di indovinare quello che non è un acronimo – ha riunito alcune vignaiole per un dialogo che andasse oltre la degustazione. A parlare questa volta non è stato (solo) il vino, ma le produttrici. Moderatrice Lucia Galasso, antropologa dell’alimentazione (evoluzioneculturale.it): “Grazie a questa lunga chiacchierata, sono riuscita a capire un po’ di più le trasformazioni affrontate dalla figura della donna contadina in questi ultimi cento anni.” “Non ci sono quote rosa” dice Lucia “soltanto lavoro duro e faticoso perciò finiamola di dare un’immagine esclusivamente romantica alle donne del vino”. Sono d’accordo e mi sento molto partecipe in questa situazione, come produttrice di vino, che sono stata e sono ancora a livello amatoriale, ma, soprattutto, come comunicatrice e archeologa dell’anima. Sento l’esigenza di comunicare una verità che va ben oltre la degustazione di un vino. Una verità che abbraccia l’insieme, la simbiosi tra la donna e il suo territorio, l’empatia fra la donna e la madre terra. Donne che non sfruttano la terra ma la fanno fruttare, donne portatrici di un seme che germoglierà. Vite di donne continua… Erano presenti: le vignaiole Donatella Agostoni, Ludovica Lusenti, Antonella Tacci, Samantha Vitaletti, Chiara Barioffi, Susanna Grassi, Carolina Gatti, Elena e Paola Conti, Cecilia Naldoni Piccin, Marianna Annio, Elisa Mazzavillani; le artiste Cassandra Wainhouse creatrice di etichette per i vini, Maurizia Gentili. Relatrici: Lucia Galasso antropologa dell’alimentazione, Natascia Artosi di Etica Vitis, Laura Rangoni di Cavoloverde, Michela Iorio di  Tagliatellealragù e io, Michela Pierallini di DettoFatto ComunicAzione.

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Vite di donne: vignaiole si raccontano
 

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Dolcezze intorno alla grappa

Una serata speciale con abbinamenti ricchi di fantasia ideati dall’estetologo del gusto Stelio Smotlak. Il 10 giugno dalle 20.30 all’Enologica Friulana in via Stiria 36 a Udine, l’Anag FVG proporrà l’assaggio di quattro grappe: una giovane, una invecchiata, una aromatizzata e una da vigneto aromatico. La degustazione sarà accompagnata da un gelato alla grappa dell’artigiano gelatiere Manuel Scaramuzza della gelateria Mitzie di Corno di Rosazzo, cioccolatini alla grappa giovane e stravecchia confezionati dalla cioccolatiera Adelia Di Fant dell’omonima bottega artigiana di San Daniele del Friuli e strucchi alla grappa della ditta Giuditta Teresa di Azzida - San Pietro al Natisone. La serata, moderata dal delegato ANAG della provincia di Udine Maurizio D’Osualdo, sarà condotta da Stelio Smotlak. Costo 10,00 euro, soci Anag, Onav Ais 5 euro. È obbligatoria la prenotazione che potrà essere fatta a mezzo mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o
via cellulare al nr. 348 1928479.

   
 

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Dalla selezione per Vinibuoni d'Italia

La Guida Vinibuoni d'Italia diretta da Mario Busso è particolarmente cara al nostro cuore, del resto come testata qbquantobasta saremo partner per il terzo anno dell'evento - unico nel panorama delle guide - "Oggi le corone le decido io"  (si terrà a fine luglio a Buttrio nella sale di Villa di Toppo Florio). Ci piace quindi proporre ai nostri lettori le parole di uno dei numerosi appassionati esperti che fanno parte delle commissioni per le selezioni preliminari delle finali. Filippo di Vinietici (alla fine dell'articolo il link completo per leggere il suo pezzo integrale) ha partecipato alle degustazioni di vini friulani.
"Quando Paolo mi ha chiesto di partecipare ad un paio di giorni di degustazione dei vini friulani per la Guida dei Vini Buoni d’Italia, ho accettato di buon grado. Curioso per i vini, per le persone con cui avrei degustato e per vedere cosa succede dietro le quinte di una guida. Nel 2008 con Cristian, mentre eravamo a Londra per lavoro, siamo andati a vedere le degustazioni per l’International Wine Challenge, restando colpiti dalla professionalità con cui il tutto era gestito, dai primi assaggi, a quelli successivi, fino all’analisi chimica del vino da premiare. Agli assaggiatori delle Guida dei Vini Buoni, i vini arrivano bendati, numerati e corredati di due sole informazioni: annata e vitigno/blend. Nelle schede di degustazione sono riportati due parametri molto importanti: tipicità e bevibilità. Se uno di questi due descrittori non rientra nei canoni richiesti, il vino viene scartato o premiato con una sola stella, nel caso in cui altri vini dell’azienda raggiungano buoni punteggi.  In due sole sessioni, non sono riuscito a fare molto ma ho potuto farmi un’idea, di come il mondo del vino vada portato sempre più vicino al consumatore. Le aziende che hanno capito l’importanza di avere uve di alta qualità, corrette lavorazioni in cantina volte all’espressione più piacevole possibile di quel territorio (senza trucco) e che con la stessa passione con cui producono, comunicano il loro lavoro anche attraverso la piacevolezza del vino, spiccano nel panorama medio delle aziende, piccole o grandi che siano. Il bisogno del consumatore è quello di stare bene, avendo la certezza di bere un vino che valorizza il lavoro dell’uomo e del territorio. Un vino che non ha bisogno di essere spiegato per essere apprezzato.  Una Guida redatta in modo “corretto” è una “guida” appunto, per consumatori e produttori.
articolo completo al link http://www.vinietici.com/varie/con-le-mani-si-fa-con-le-mani-si-degusta/#.U3hc6f7JQaQ.facebook

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Da Capovilla, il guru della distillazione


Era una splendida giornata di sole e ci siamo trovati…No! Niente temini scolastici, non è il mio stile. Ricomincio… Istrionico, occhi azzurri, grande comunicatore, naso fine, sperimentatore, competente. In poche parole: il guru della distillazione. Gianni Capovilla. Colui che ha nobilitato e reso eleganti ed emozionanti  i distillati, siano essi di vinaccia (grappa) o di frutta. Lo si può ascoltare, senza pericolo di annoiarsi, per ore. Per altrettanto tempo si possono assaggiare, avendo per ognuna delle forte emozioni, le sue produzioni. Il tempo e la scienza sono gli ingredienti che creano la differenza. Il tempo dedicato alla ricerca dell’ingrediente di altissima qualità, il tempo dedicato alla distillazione a bagnomaria, il tempo dedicato alla seconda distillazione, il tempo dedicato all’invecchiamento e anche il tempo dedicato alla etichettatura (etichette tutte scritte a mano e legate con un cordoncino a ogni bottiglia). La scienza nell’ adattare alle sue esigenze e sperimentazioni gli alambicchi, la scienza nell'aprire e chiudere valvole, la scienza nello scegliere i materiali delle tubazioni, la scienza nel risparmio sia energetico che idrico, la scienza nel tagliare teste e code e la scienza per effettuare mille altre operazioni per ottenere il meglio del meglio. Tanti distillati, di tutti i tipi di frutta, ma anche rhum agricole. Lo produce nelle Antille francesi,  utilizzando solo canna da zucchero biologica. Ce lo serve con un cubetto di ghiaccio e una scorzetta di lime selvatico. Un nettare che racconta di terre lontane, di sole, di caldo, di fiori e frutta fresca. Un nettare intrigante come chi lo produce.  P.S. Era un'altra delle imperdibili visite didattiche dell'ANAG FVG!

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Faces: Brasile chiama Friuli risponde

Dal Brasile Ana Paula Crasto, diplomatasi sommelier a Udine, ci manda la notizia del lancio avvenuto in questi giorni in Brasile del vino ufficiale dei mondiali di calcio 2014, ideato da una studentessa brasiliana che ha studiato a Udine. Il progetto Faces riassume in tre vini – bianco, rosato, rosso – le peculiarità del Brasile. Monica Rossetti, iscritta al corso di laurea magistrale interateneo in Viticoltura, Enologia e Mercati vitivinicoli, giovane brasiliana di origini vicentine, studentessa dell’Università di Udine che già esercita la professione di enologa ha ideato il vino dei mondiali di calcio.  Lo ha stabilito la Fifa che ha così premiato il suo progetto, denominato “Faces” (facce), che sintetizza in tre vini – un bianco, un rosato e un rosso – le diverse ‘facce’ del Brasile: la multietnicità, la gioia di vivere e la predominanza di popolazione giovane. L’accordo con gli organizzatori dei mondiali prevede l’utilizzo del marchio Fifa nelle etichette dei vini “Faces”, già degustati dalla presidente brasiliana Dilma Rousseff alla festa del vino a Caxias do Sul (Rio Grande do Sul).
Il progetto prevede un vino bianco composto dalla miscela dei tre vitigni a bacca bianca maggiormente coltivati in Brasile; un rosato creato da due vitigni a bacca rossa particolarmente accattivanti per colore e freschezza di gusto, e un rosso, che rappresentata la multietnicità, nato da un taglio di undici vini, come il numero di giocatori di una squadra di calcio. La produzione è della cantina di Lidio Carraro, il cui nome denota le origini italiane. I vini del progetto sono già stati “collaudati” durante la Confederations Cup nel 2013, che ha visto interamente consumate le 200 mila bottiglie di prova, derivanti dalla vendemmia 2012. Visti i risultati del test, per i mondiali sono già disponibili un milione di bottiglie della vendemmia 2013. Monica Rossetti, trentunenne di Bento Gonçalves (Rio Grande do Sul) è discendente di una famiglia della provincia di Vicenza emigrata in quei luoghi alla fine del 1800. Nel 2005 si è laureata in Viticoltura ed Enologia all’Istituto federale “Rio Grande do Sul” di Bento Gonçalves, con il quale dal 2012 l’Università di Udine collabora per l’attribuzione del doppio titolo di laurea internazionale. Conseguito il titolo, Rossetti, oltre a iscriversi al corso magistrale dell’ateneo friulano, ha intrapreso la professione di enologa in Brasile e in Italia.
«L’Università di Udine – sottolineano i docenti Roberto Zironi ed Enrico Peterlunger, presidenti rispettivamente del corso di laurea in Viticoltura ed enologia e di quello magistrale in Viticoltura, enologia e mercati vitivinicoli – è orgogliosa del prestigioso risultato raggiunto dal progetto enologico; si tratta di un riconoscimento che conferma le capacità e la preparazione dell’autrice, e la qualità e le potenzialità internazionali della formazione e delle ricerche svolte nel settore vitivinicolo nel nostro ateneo».

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Forse non bastano i cinque sensi per il vino

Ci affidiamo solo e completamente ai nostri sensi quando si tratta di vino? E' un errore visto che la sensazione di barricato, ovvero quel mix di sentori legati all'affinamento in legno, è percepita dal nervo trigemino. Quali sono i composti che percepiamo per primi nel vino? Di solito quelli legati al fruttato, che peraltro sono i primi a dissolversi. Lo ha scoperto un nuovo studio condotto da Carolyn Ross della Washington State University pubblicato sulla rivista Food Quality and Preference. “Ci possono essere centinaia di diversi composti aromatici nel vino che tessono una intricata relazione tra gusto, aroma e sapore”.  Dalle sperimentazioni è emerso che più complesso è il vino, minori sono le differenze di durata tra i vari aromi rilevabili. Tra le percezioni che hanno invece una maggiore durata c'è quello di legno che però non è avvertito dai sensi ma dal nervo trigemino. A scoprirlo un gruppo di scienziati della Ruhr-Universitata Bochum (Germania), guidato da Hanns Hatt, che ha pubblicato il nuovo studio sulla rivista Chemical Senses. Il trigemino è, tra l'altro, il nervo responsabile della percezione del dolore e della temperatura. I ricercatori hanno dimostrato che pazienti con nervi del gusto danneggiati, e incapaci di sentire i cinque sapori di base (dolce, umami, salato, amaro e acido), riuscivano ancora a sentire quell'aroma di barrique, tipico dei vini invecchiati in botti di rovere, sulle loro lingue. Nel caso il nervo trigemino sia danneggiato, come ricreato su cellule di topi in coltura, il sapore di barrique non veniva percepito.
Fonte: http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/mondo-enoico/19066-non-sempre-i-sensi-ci-possono-dire-tutto-sul-vino.htm

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La birra artigianale italiana è maggiorenne

La birra artigianale italiana diventa maggiorenne. Con cinque innovazioni, 350 birrifici e oltre 1.000 etichette abbiamo smesso di imparare dagli altri. Italiani popolo di navigatori, di amanti del vino e della pasta. Sì, ma dovremmo anche aggiungere: italiani amanti della birra artigianale. Eh sì, perché è ormai innegabile che l’estro creativo che ci contraddistingue nel mondo – e quel famoso “Made in Italy” ne è il marchio – ci ha portato a essere considerati come uno dei maggiori produttori di birra, non tanto per la quantità, ma piuttosto per la qualità.
Diciotto anni e cinque innovazioni. La giovane-Italia-brassicola si affaccia nel mondo del luppolo nel 1996, dunque, se facciamo il paragone con “i Paesi che contano” come Germania, Belgio, Regno Unito, Olanda e Irlanda non è molto tempo fa. Verissimo, ma il “da quanto” si fa birra va bilanciato con il “come la si fa”. Gli americani, per esempio, hanno cominciato a “creare” birra nel 1975 con Michael Jackson – no, non è il cantante ma un omonimo giornalista – che ha dato il via a quella che loro chiamano “renaissance”, e ha permesso agli Stati Uniti di diventare il primo produttore di birra al mondo. Da noi, in pochi anni, i nostri birrifici hanno inanellato numerose vittorie e ricevuto molti riconoscimenti internazionali, non solo per la qualità del prodotto realizzato, ma anche per le svariate novità che il nostro Paese ha mostrato di saper ideare. L’Italia, infatti, quest’anno è tornata dalla World Cup Beer – in sostanza i mondiali della birra che si svolgono ogni due anni e con migliaia di etichette in competizione – con quattro medaglie: tre d’argento e una di bronzo. Giusto per dire.
Inoltre, la comunità internazionale ci riconosce ben cinque innovazioni, prima su tutte la birra alle castagne a cui va il merito di essere stata la prima tipologia a contraddistinguerci all’interno del panorama birraio. Un prodotto nostrano che, mediante svariati e diversificati trattamenti, conferisce un particolare sapore e morbidezza unico al mondo. Ora ne produciamo tantissimi tipi come la “Castagnale” del reatino Birrificio del Borgo, o la “Bastarda doppia” del Birrificio Amiata fatta con castagne e alloro.
Dopo di che, in Italia la legge permette di fare birra con il 40% di cereali alternativi al malto d’orzo, questo perché tutto quello che ha un contenuto zuccherino può essere un fermentescente. Che significa? Semplice, Tommaso Ponzo di Spizzicaluna Brewing, ci spiega che di conseguenza possiamo utilizzare la segale, il riso, il frumento, il mais, l’avena o il farro anziché l’orzo. Come per esempio la “B.I.-Weizen” al frumento del Birrificio Italiano, la “American Rye” del Birrificio Leonessa che è fatta con la segale o la “Saggia” dell’assisano Birrificio dell’Eremo prodotta con l’avena.
La terza innovazione – le Barley Wine – è da ricondurre meramente all’estro creativo italiano. Perché anche se non era propriamente una nostra tipologia, la sua profonda reinterpretazione, unita alla secolare cultura del vino, ha reso possibile la creazione di un nuovo stile tutto italiano. La birra si divide in bassa e alta fermentazione. Alle alte fermentazioni si ottiene un lievito dello stesso tipo di quello del vino, perciò possiamo utilizzare tutta la nostra conoscenza enologica per creare delle birre estremamente corpose e dal profumo e sapore intenso. Per esempio la “Salty Dog” di Toccalmatto affinata in botti di whisky torbato, o la “Xyauyù” del Birrificio Baladin basata su uve rosse o anche la nuova “Grape Ipa” dei lodigiani della Brewfist, cioè una Ipa – Indian Pale Ale – fatta con mosto di vino bianco.
La quarta sono le Saison e anche qui vale lo stesso discorso fatto per le Barley Wine. Quella che viene denominata “Saison” non è una tipologia nata in Italia, bensì uno stile birraio stagionale – prodotto quindi solo in alcune stagioni dell’anno, in questo caso solitamente in primavera-estate – del Belgio meridionale, più precisamente della Vallonia. Noi non abbiamo fatto altro – si fa per dire – che interpretarla a modo nostro rendendola unica. E allora vai con le più svariate erbe e spezie, come lo zenzero, il coriandolo, la camomilla, il pepe, lo zafferano, le arance, il miele, e ancor di più. Ora, l’applicazione di questo stile realizzato con le nostre materie prime si sta affermando nel mondo. Abbiamo così, tra le tante, etichette come la “New Morning” del Birrificio del Ducato, la “Dui E Mes” del Birrificio Pausa Caffè, la “Brighella” del Birrificio Lambrate o la “Sibilla” di Toccalmatto.
Infine, l’ultima tipologia, e forse la più particolare di tutte, è l’archeobirra. Un coraggioso esperimento nato dalle menti di tre dei più famosi brassicoli a livello mondiale: due italiani e un americano. Teo Musso del Birrificio Baladin (nella foto), Leonardo di Vincenzo del Birrificio del Borgo e San Calagione del Dogfish Head Brewwey sono i pionieri dell’archeologia della birra. Grazie anche al contributo di alcuni archeologi molecolari hanno ripreso, all’interno di orci etruschi ben conservati, i lieviti e i residui di birra che vi erano stoccati, li hanno reidrati, li hanno clonati, e poi hanno fatto fare da alcuni tornitori delle riproduzioni di questi vecchi orci – delle grandi anfore per intenderci – in cui fermentava la birra. In questo modo sono riusciti a riprodurre quella che era la birra etrusca permettendoci così di bere, come un salto nel passato, la stessa bevanda dei nostri avi.
Estro e creatività. In sostanza il successo che la birra artigianale italiana sta riscuotendo nel mondo è da ricondurre all’estro e alla creatività che ci contraddistingue. I 350 birrifici sparsi per lo stivale non hanno seguito i classici stili – come ad esempio i belgi e i tedeschi – proprio perché non avevano una storia brassicola. Perciò mentre gli altri hanno da sempre continuato a produrre secondo le loro storiche tipologie, i birrifici nostrani hanno dovuto inventare e reinterpretare. Col senno di poi i risultati sono tutti a loro favore. Forse la chiave del successo, che ci ha portato ad avere più di diecimila etichette, è il diverso approccio al mondo del luppolo. E questo grazie anche alla passione per la gastronomia e alla bravura nella cucina, infatti Tommaso ci spiega che quando si fa la birra il termine tecnico è «cucinare la birra».
Ma cos’è la birra artigianale? La differenza principale tra la birra commerciale e quella artigianale è che la seconda non è pastorizzata, e di conseguenza «non si uccidono i sapori». Tuttavia, è vero che saltare la fase di pastorizzazione permette di mantenere inalterato l’interno contenuto organolettico, ma così facendo non si uccidono neanche i batteri. Per ovviare a questa problematica è necessario utilizzare ingredienti di prima qualità e applicare delle metodologie estremamente accurate. Con la birra artigianale si punta più all’eccellenza che alla quantità e alla durata di conservazione del prodotto. Per esempio vi siete mai chiesti perché la birra di qualità – e anche il vino – è conservata all’interno di bottiglie di vetro scuro? Il prodotto artigianale non deve essere esposto a un’elevata quantità di luce perché non è stabilizzato, di conseguenza è richiesta molta attenzione nella fase di stoccaggio. La birra artigianale non è una bevanda dissetante, bensì un’emozione che ti permea sia a livello olfattivo che gustativo. Inoltre, come si evince anche dal termine “artigianale”, è un prodotto che nasce dallo “sporcarsi le mani” e da processi non automatizzati. Difatti, anche se della stessa etichetta, ogni birra è sempre diversa l’una dall’altra e ha sempre una sfumatura che la differenzia, come una sorta di opera d’arte.



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