Vino rosso dalla Shandong

Vino rosso da vitigno dello Shandong

Gli amici lo sanno che da ogni luogo di vacanza mi devono portare una bottiglia di vino locale. Scoprire e conoscere culture e tradizioni diverse, lontane dalle nostre, mi piace farlo anche attraverso il vino. Il più delle volte, degustati due calici, la bottiglia finisce nel nostro laboratorio di analisi dell’Enologica Friulana. L’ultimo arrivato è stato un vino rosso cinese del 1994, un’etichetta stupenda, neanche 12 gradi alcoolici,

un’acidità volatile bassissima e quasi senza solforosa. Ovviamente sono andata a scoprire il vitigno, antichissimo, di provenienza. Una varietà selvatica (Vitis thunbergii) che ancor oggi cresce nella Regione dello Shandong, uva usata più per scopi terapeutici che per produrre vino.

La coltivazione dell’uva si diffuse in Cina solo nel VII secolo, quando i “capezzoli di cavalla” di color porpora venivano distinti per la loro forma allungata dalle forma sferica delle “perle del drago”. L’uva, come si legge negli antichi testi cinesi, “fa bene ai muscoli e alle ossa, potenzia il flusso vitale, ci rende immuni ai raffreddori e tiene lontana la vecchiaia” ma il “vino rosso” era considerato pericoloso perché colui che ne faceva uso perdeva facilmente la strada.

Il vino più antico e più diffuso in Cina resta sempre l’huang jiu (vino giallo) che era quello ricavatocdalla fermentazione del riso. Il popolo dagli occhi a mandorla chiama “vino” anche bevande ricavate dalla fermentazione del gelso (rimedio per i cinque sensi), dalla cipolla (ottimo ricostituente) e addirittura dal latte di vacca o dall’osso di tigre e solo raramente apprezzano il “Principe della grande tranquillità” come chiamano il nostro profumato vino d’uva.

Oggi i tempi sono cambiati, se in alcune parti del mondo i consumatori di vino stanno diminuendo, in Cina per il 2011 si prevede invece che sarà superato il miliardo di bottiglie vendute. Questo mi dà la percezione della straordinaria capacità del vino di attraversare il tempo e di accompagnare gli uomini e le donne di popoli e culture diverse nel loro cammino di vita e di storia.

Ritornando alla mia bottiglia, dalla bella e intrigante etichetta nera e azzurra, essa mi porta con gli occhi a luoghi seducenti, a una miriade di persone in movimento, veloci ma che ascoltano il loro cuore e sono capaci di prendere dalla natura tutte le cose buone che ci dona. Il vino non aveva l’intensità e la rotondità di un nostro Merlot o quelle caratteristiche note erbacee del Cabernet Franc ma sorseggiarlo è stata una forte emozione.

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