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Vino del futuro e varietà resistenti

relatori all'incontro "Vino del Futuro" foto Tassotto&Maxrelatori all'incontro "Vino del Futuro" foto Tassotto&MaxPronte per la vinificazione grazie a Iga e Vivai cooperativi Rauscedo le prime 10 “varietà resistenti”, che saranno presentate per l’iscrizione al Ministero già la prossima settimana. Future Forum: il vino del futuro è innovazione scientifica e sostenibilità. Un patto che coinvolga tutta la filiera, per abbattere questa diffidenza nei confronti della genetica e della scienza. Innovare, cambiare in viticoltura. Pensando alla sostenibilità e perciò sfruttando le enormi possibilità offerte dalla scienza e dalla genetica, che permettono la produzione di vini di qualità senza aver bisogno della chimica per difendersi dai patogeni. Il momento di un cambio culturale è ora, per replicare e rinnovare quell’enorme sviluppo che «il vino friulano ebbe negli anni ’70, proprio perché seppe cambiare», ha esordito l’esperto di agroalimentare Walter Filiputti, introducendo l’incontro “Il futuro del vino”, che oggi il Future Forum ha ospitato nella sede di via Calzolai, 5. E che si è concluso con un ricco dibattito e una speciale degustazione per i tanti produttori, enologi ed esperti presenti in sala, di alcune delle prime microvinificazioni di “varietà resistenti”, risultato del grande lavoro dell’Istituto di genomica applicata di Udine, dieci delle quali realizzate dai Vivai cooperativi Rauscedo e pronte ora per essere presentate alla registrazione al Ministero per le politiche agricole, già la prossima settimana, come ha anticipato il professor Raffaele Testolin dell’Iga, che ha guidato passo passo tutto il percorso, portando Udine all’avanguardia mondiale, fin dal 1998. Future Forum, vino del futuro, ph Tassotto&MaxFuture Forum, vino del futuro, ph Tassotto&Max

L’incontro, introdotto da Michele Morgante, ordinario di genetica all’Università di Udine e curatore della settimana conclusiva del Future Forum, ha visto come protagonisti anche Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università di Milano, ed Eugenio Sartori, direttore dei Vivai Cooperativi di Rauscedo, che si sono materialmente occupati della microvinificazione degustata. Il professor Scienza ha invocato la necessità di «un patto che coinvolga tutta la filiera, per abbattere questa diffidenza nei confronti della genetica. Un patto che alla base deve avere l’impegno degli scienziati a comunicare con immediatezza al consumatore», perché grazie ai progressi della genetica, le “varianti resistenti” di oggi non sono affatto come i primi ibridi di 100 anni fa, figli di un’agricoltura povera e di qualità modestissima. «Oggi siamo alla 4° generazione di “ibridi”, che garantiscono buona resistenza alle malattie della pianta e buona qualità». È questo dunque il futuro del vino «e il Fvg potrebbe anche qui giocare d’anticipo, essere tra i primi innovatori», ha ribadito Scienza, che ha evidenziato l’importanza della spiegazione al consumatore, «il quale deve entrare nella logica del processo genetico: non è il passato a cui dobbiamo riferirci, ma l’innovazione, la ricerca. È un processo culturale inevitabile». Oltre a convincere consumatori, ma anche viticoltori ed enologi scettici, l’impegno degli scienziati dev’essere quello di spiegare con chiarezza alle istituzioni, alle quali si chiede più sollecitudine per l’iscrizione nel registro varietale nazionale, passaggio obbligatorio per poter impiantare queste varietà. E magari promuovere un marchio nazionale che identifichi questi vini, con buona qualità, alta resistenza, e insieme alta sostenibilità. Ed è questo ciò che garantiscono i “nuovi resistenti”, al contrario della viticoltura tradizionale. Come ha spiegato il professor Testolin, infatti, «In Europa la vite occupa il 3% della superficie agricola ma impiega ben il 65% di tutti i fungicidi usati in agricoltura. L’uomo può dunque mantenere in vita le “vecchie” varietà di viti, ma il prezzo da pagare è troppo alto». Testolin ha spiegato dunque il progetto dell’Università di Udine, che si è posto dal 1998 l’obiettivo di creare nuove varietà di vite resistenti alle malattie, attraverso incrocio e selezione. In questi 15 anni, tra centinaia di combinazioni di incrocio realizzate e più di 400 nano e micro vinificazioni, «siamo oggi arrivati al completamento dei dossier, e le prime 10 varietà, pronte per la vinificazione, la settimana prossima saranno presentate per la registrazione al Ministero». Prospettive future (oltre all’ottenimento dell’autorizzazione a impiantarle)? «Dobbiamo cercare nuove resistenze e combinarle in modo sempre diverso – ha spiegato Testolin –, perché c’è sempre la possibilità che una resistenza singola venga superata. Bisogna perciò fare varietà sempre nuove, differenziare il prodotto. Oggi siamo assistiti dal sequenziamento del genoma, che permette di ottenere informazioni molto utili per fare selezione più rapida». Le varietà attuali sono infatti difficili da tenere in vita, «dunque ci sono varie opportunità – ha detto Testolin –: creare, come facciamo noi, nuove varietà resistenti, oppure introdurre resistenze nelle varietà già coltivate, oppure ancora studiare le popolazioni di mircroorganismi (epifiti ed endofiti) che possono contrastare i patogeni. Le tre strade non sono in competizione fra loro – ha concluso –, la cosa importante è ricordare, con Asimov, che la conoscenza può sì creare dei problemi, ma non è attraverso l’ignoranza che i problemi si possono risolvere».

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