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Terrano 2011: un'ottima annata!

Modernità di gusto, vitalità di suggestioni antiche

Piccolo grande vino. Vino del non confine. Fatto di freschezza e vibrazioni. Dall’energia e dalla vitalità spettinata. Frutto della terra rossa e della roccia bianca. Sono solo alcune delle frasi pronunciate ieri a elogio del Terrano, vino del Carso per antonomasia, nella presentazione in anteprima di alcuni Terrani della vendemmia 2011. Prima dell’evento Teranum ospitato nella appena restaurata Galleria del Tergesto in piazza della Borsa, dove sono in degustazione e in vendita ben 26 etichette di Terrani. Ne hanno parlato direttamente i produttori, con la sapiente e appassionata regia di Aurora Endrici. Produttori-esponenti di una viticoltura eroica che, ci è sembrato di capire, sono stanchi di essere solo eroi.

 

Vogliono farsi capire dal mercato, ma vogliono soprattutto che li si vada a conoscere sul loro territorio. Solo così, scoprendo il Carso, le cantine, i vigneti strappati alla roccia, chi berrà il loro vino, assaggerà direttamente i sapori di una storia e di una vita. Non potrà scordarli. E dietro a ogni bicchiere saprà riconoscerne i dettagli. Il Dna del Terrano, autentico vino tintore, come ha ricordato Endrici, viene dall’Oriente: la sua origine è con tutta probabilità caucasica.

A raccontarlo c’erano soprattutto le giovani generazioni: Goran Kante, nipote di Edi, uno dei quattro produttori di Prepotto (Prepotto del Carso naturalmente, da non confondere con la località Prepotto dell'altro super-rosso caro al nostro cuore, lo Schioppettino), dove i vigneti guardano il mare; Lupinc, Milic, Matej Skerli e molti altri, accanto a quello che per noi è il guru del Terrano, cioè Beniamino Zidarich. Senza dimenticare il giovane presidente del Consorzio Sandi Skerk. Acido e minerale, sapido e dalla grande struttura, ricco di antociani, il Terrano decenni fa veniva venduto in farmacia, da Serravallo, come ricostituente per le puerpere. Ce lo ha ricordato Adriano Bellini, sommelier, che è stato uno dei primi a vendere nel suo wine bar di Trieste il Terrano in bottiglia.

Ricorda che il primo a proporlo fu Lupinc, seguito a ruota da Kante. Altri tempi ovviamente, quando il Terrano era venduto solo sfuso, consumato nelle osmize e alla mescita. Mentre negli spazi dell’antico caffè Tommaseo si assaggiavano i vini, ancora giovani, ancora bisognosi di respirare, prevalentemente dall’acidità sbilanciata e non baricentrica, ma gentile e spesso morbida, si gustavano le testimonianze concrete di una grande professionalità in vigna, e talora si restava travolti o coinvolti da interpretazioni che in bocca erano come spremuta di ribes o melograno. Un vino verticale e fisico, come è stato detto, declinato anche nella versione bio da Skerlj.

E nelle interessanti versioni del Carso sloveno, da quello dell’azienda Stoka di Duttogliano (Dutovlje) allo spiazzante e per noi mitico Terrano di Rikardo Vrabec di Pliskovica. Un vino che ad alcuni ha riportato nel cuore il gusto e il sapore della giovinezza.

ringraziamo per la foto Stefano Cergolj.

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