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Svelato il segreto dei bianchi muffati?

Il segreto degli inconfondibili sentori dei vini muffati che la Francia ha saputo portare sull'Olimpo dei grandi vini soprattutto con le uve del Semillon e del Sauvignon blanc (in realtà i muffati sarebbero nati in Ungheria: nella regione di Tokaj-Hegyalja una vera e propria classificazione in Cru fu definita per legge nel 1772), pare sia stato svelato da ricercatori dell'Università di Davis. "La Botrytis cinerea innescherebbe regolatori di vie metaboliche che sono tipicamente associati alla maturazione delle uve a buccia rossa". Ne parla Graziano Alderighi in un articolo su Teatro Naturale.

La Botrytis cinerea (o muffa grigia) è un fungo che si sviluppa sui grappoli in particolari condizioni del vigneto, tra cui alta umidità e scarsa ventilazione. Nella maggior parte dei casi, lo sviluppo di questo fungo porta a un peggioramento sanitario e qualitativo dell’uva, con conseguente perdita del raccolto. In altri casi questa muffa si sviluppa in una forma che apporta al grappolo caratteristiche positive, tanto da essere considerata “muffa nobile”.

La muffa conferisce al vino un valore aggiunto a livello di aromi e profumi (miele, spezie, frutti canditi, vaniglia, nocciole e caramello), spiega Alderighi. Ma perchè Botrytis cinerea riesce a mutare così profondamente il profilo aromatico dell'uva e del vino? I ricercatori dell’Università di Davis lo hanno dimostrato: i risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Plant Physiology.

La Botrytis induce sugli acini d'uva bianca processi metabolici che normalmente si verificano solo durante la maturazione delle uve a buccia rossa. Normalmente le bacche bianche sono mutanti di sviluppo non in grado di attivare diversi percorsi di maturazione, come la sintesi di antociani, molecole che impartiscono il colore rosso alla pelle degli acini d'uva rossa.

La ricerca ha inoltre confermato che la riprogrammazione del metabolismo dell’uva da Botrytis provoca l'accumulo di composti chiave dell’aroma e del gusto.

"Questo lavoro dimostra quanto sia efficace l’integrazione tra genomica e metabolomica per l’analisi dell'impatto delle interazioni pianta-microorganismo sul metabolismo vegetale"- sottolineano dal Dipartimento di Viticoltura ed Enologia dell’UC. Davis”


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