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Pinot grigio rosato rosè o ramato

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DOC DELLE VENEZIE. Il Pinot grigio rosato diventa un caso di studio.  Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la modifica di disciplinare della DOC delle Venezie: emanato il decreto che permetterà di utilizzare i termini “rosato”, “rosé” o “ramato” in etichetta. 

Il Consorzio delle Venezie – che rappresenta gli operatori della filiera produttiva di Pinot grigio DOC del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della Provincia Autonoma di Trento, una delle aree a vitigno unico più estese al mondo –, attraverso uno studio iniziato già nel 2017 e guidato dal Dottor Diego Tomasi del Centro Ricerca Viticoltura ed Enologia (CREA-VE) di Conegliano, ha deciso di investire prima di tutto nella ricerca associata al Pinot grigio e, in particolare, alla sua versione rosata o ramata. Una tipologia che a tutti gli effetti rappresenta la storia e la tradizione vitivinicola di questo vino-vitigno del Nordest italiano sin dalla fine dell’800: qui viene oggi prodotto l’85% del Pinot grigio nazionale e il 43% di quello globale.

Benché sia principalmente diffuso e conosciuto a livello mondiale per la sua versione bianca, il Pinot grigio deve il suo nome proprio al tipico colore grigio dell’uva e per questo il risultato della vinificazione tradizionale, ossia lasciato macerare con le bucce per un tempo variabile, è un colore ramato o “buccia di cipolla”.

Lo scopo del progetto, condotto dal CREA-VE e finanziato dalla Regione Veneto, è quello di studiare e confrontare le proprietà ampelografiche di 17 cloni di Pinot grigio provenienti da diversi areali produttivi di Italia, Francia, Germania e Serbia: forma e compattezza del grappolo, forma dell’acino, spessore della buccia, proprietà coloranti (quantità di polifenoli e antociani), resistenza alla botrytis, sono tutte informazioni qualitative fondamentali per la progettazione del nuovo vigneto e per la gestione dei processi di vinificazione, in particolare nelle fasi di ammostamento e macerazione.

Uno studio di grande interesse scientifico e divulgativo, su due annate, che permetterà non solo di selezionare attraverso l’analisi dei diversi campioni e delle micro-vinificazioni i cloni di Pinot grigio migliori per la produzione del “rosato”, ma di definire anche una vera e propria “identità del colore” da applicare anche in etichetta, scegliendo quindi il termine più coerente rispetto al risultato ottenuto – rosato o ramato - nell’ottica di cogliere le migliori opportunità e tendenze di mercato.

Un tema caldo portato nel 2020 sul tavolo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali dal Consorzio delle Venezie DOC e conclusosi a seguito dell’emanazione del decreto - e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo con la prima modifica ufficiale al Disciplinare di Produzione - che, senza mettere mano alla base ampelografica, permetterà di riportare in etichetta i termini “rosato”, “rosé” o “ramato” riferiti alla specifica tipologia e che a tutti gli effetti formalizza una tipologia già esistente.

“Nel frattempo” racconta Diego Tomasi “abbiamo provveduto ad allestire un altro impianto sperimentale con lo scopo di confrontare 13 diversi portinnesti tutti innestati su Pinot grigio. Il cambio climatico, delle tecniche agronomiche, dei caratteri dinamici del suolo e delle attese qualitative, obbligano ad una attenta e forse diversa scelta del portinnesto. Le verifiche fisiologiche e di espressione genica, dovrebbero portare in poche stagioni a nuovi consigli per il viticoltore”.

 

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