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Parola d'ordine: petillant

Spumante o Champagne?

Il confronto tra spumante e champagne è un argomento ricorrente fra noi italiani. Ci piace un sacco dire frasi tipo "ormai non abbiamo niente da invidiare...". Ora proviamo a mettere un po' d'ordine con il sobrio contributo dei numeri.

Il confronto tra spumante e champagne è un argomento ricorrente fra noi italiani. Ci piace un sacco dire frasi tipo "ormai non abbiamo niente da invidiare..." o, al contrario, con aria finto-rassegnata-molto-snob, "niente da fare, c'è un abisso". Ora proviamo a mettere un po' d'ordine con il sobrio contributo dei numeri.

Intanto, ci si può inorgoglire del fatto che, di recente, le bollicine italiane hanno superato le francesi in termini di bottiglie prodotte. Ma le bollicine si fanno in tanti modi. Se ci limitiamo

al metodo champenois, che in Italia si chiama "classico", non c'è storia. Francia batte Italia 300 milioni di bottiglie a 20. Per il resto, noi lavoriamo col metodo charmat: niente di male, intendiamoci, ma è un'altra cosa. In gran sintesi, il metodo classico prevede mesi di contatto con i lieviti, dentro la bottiglia: un tempo e uno spazio che consentono a quei deliziosi funghetti, prima di formare alcol e bollicine, e poi di restituire al vino ciò che, per farlo, gli avevano sottratto.

Se poi parliamo di tradizione, che non è fumo negli occhi, ma arte che si affina con la preziosa esperienza degli errori, loro ci battono di circa duecento anni. Primi del '700 per i francesi, primi del '900 per noi: gli anni in cui Antinori e Ferrari producono i loro primi champenois. In questi duecento anni, i ragazzi di Reims hanno trovato e consolidato una pratica che si è tradotta in uno stile preciso connotato da struttura, eleganza ed elevata acidità. La Franciacorta, che molti considerano la nostra Champagne, sta formando ora un suo stile, favorito dalle caratteristiche del terroir, orientato ad aromi più fruttati e spiccata mineralità. Tutto ciò induce a una conclusione ovvia: per storia e quantità ci sono in giro molte più bottiglie eccellenti di champagne che di spumante italiano.

Fine del primo tempo. Francia in vantaggio.

Secondo tempo. Se confrontiamo i migliori con i migliori, le cose cambiano e il match diventa molto più equilibrato. Loro hanno i Dom Perignon, i Deutz, i Baron Fuente, ma noi abbiamo il Gulio Ferrari Riserva del Fondatore, l'Anna Maria Clementi di Ca' del Bosco e, scendendo un po' col prezzo, gioielli meravigliosi come il Saten di Bellavista, il Perlé Rosé di Ferrari, il Soul di Contadi Castaldi. E qui, davvero, come diceva quello, niente da invidiare.

Già, il prezzo. Perché tanta differenza fra uno champagne medio e un pari grado italiano? Una ragione su tutte: l'uva in Francia costa di più e – molti di voi saranno sorpresi - un sacco di produttori non coltivano l'uva. La comprano. Alla Ruinart non hanno un metro quadrato di vigne. Poi c'è il trasporto: mille chilometri pesano sui costi, e sui prezzi.

E già che parliamo di prezzo, che succede quando con 9,90 euro stappiamo una bottiglia di Bortolomiol Banda Rossa? E' uno spumante millesimato. D'accordo, è un metodo charmat, e allora? Assaggiatelo, e poi ne riparliamo. E adesso basta chiacchiere, firmiamo un pareggio che ci fa solo onore e beviamoci un calice, rigorosamente petillant. Pardon, spumeggiante.

fonte: articolo del  29 settembre de Il Giornale.it

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