Intervista a Emmanuel Giboulot
Con cadenza biennale si aprono le porte di Les Grands Jours de Bourgogne, il salone dei vini della Borgogna riservato agli operatori del settore (in effetti niente biglietto a pagamento, Vinitaly avrebbe da imparare su questo) . La tentazione era troppo forte per resistere all’assaggio di tutte le denominazioni mitiche quali Montrachet, Échezeaux, Vosne-Romanée, ecc. in un solo colpo. Così valigia e pignatin (vulgo sputacchiera) in mano sono partita per tutto ciò che di buono e bello la Borgogna può offrire. Ho avuto l’onore di incontrare Emmanuel Giboulot, vignaiolo che sta rischiando la prigione e una multa salatissima per aver rifiutato l’impiego coatto di un pesticida altamente tossico contro la flavescenza dorata, una malattia solitamente trasmessa da un insetto che porta alla morte della vite in pochi anni. Un uomo dall’apparenza e modi molto modesti, quasi noncurante della sua fama.
Nessuna degustazione dei suoi vini rossi ormai esauriti, gli unici disponibili all’assaggio erano i bianchi Côte de Beaune: La Grande Chateleine buon corpo e buona acidità, Les Pierres Blanches davvero interessante, naso ampio e intenso, ottimo equilibrio in bocca assieme a un finale lunghissimo ed infine Combe D’Eve con un’etichetta stilosa sempre a livello dei soliti buoni vini.
Quando gli ho domandato se aveva idea della ripercussione che la sua posizione ha avuto nel mondo, lui timidamente ha affermato che crede nelle sue convinzioni visto che non riguarda soltanto l’agricoltura biologica intrapresa da anni ma nel suo caso lui rispetta i principi della biodinamica. Ho fatto finta di non conoscere l’argomento e chiedo cosa significa. Secondo Emmanuel, oltre a non usare prodotti da sintesi chimica, bisogna fare dei riti propiziatori, per esempio seppellendo tra le vigne delle sostanze (o cose) naturali e agire allo stesso modo in cantina.
In cantina? Come si pratica la biodinamica in cantina? All’inizio è un po’ titubante a rispondermi, dopo aver sfoderato il mio miglior sorriso lui si è arreso: ogni barrique di vino ha una propria anima, un proprio carattere e per fare i tagli tra i vini lui deve pacificare il carattere di ognuna di esse affinché nasca l’armonia. Insomma, i rituali che pratica sono proprio come un “matrimonio” tra le barriques!
Dopo lo confessione, gli ho detto che tutto ciò mi ricordavano i riti sciamani. Lui mi ha fatto l’occhiolino e mi ha sorriso.
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