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Il fermento della vendemmia

Piccolo vademecum per i piccoli ma “grandi produttori”. Piccoli perché producono modiche quantità ma grandi perché lo fanno con il cuore e con tanta passione, con l’orgoglio di offrire poi agli amici un buon bicchiere del proprio vino. La prima prerogativa per fare un buon vino è lavorare con attrezzature perfettamente pulite, usando un buon detergente e un valido sanitizzante. L’uva va raccolta nelle prime ore del mattino,

evitando di schiacciarla ed eliminando gli acini rinsecchiti o non maturi. Alla macina è indispensabile utilizzare una piccola dose di SO2, che, se impiegata nelle dosi consigliate, non è assolutamente nociva e protegge il mosto da infezioni batteriche.

E’ buona regola, per evitare che il mosto, magari freddo, non parta nella fermentazione con il rischio di inacidire, utilizzare lieviti selezionati: ne esiste una grande varietà adatta a diverse esigenze. Regolare bene la fermentazione quindi, prima con i lieviti e poi con attivanti a base di solfato e fosfato ammonico evitando arresti nella bollitura e fermentazioni anomale.

Il controllo analitico sul mosto serve per monitorare alcuni parametri fondamentali che consentono di agire in maniera mirata nel caso siano necessarie piccole correzioni. Si valutano l’alcool, gli zuccheri, l’acidità totale, l’acidità volatile, il PH e la percentuale di solforosa.

Quando il mosto, trasformato in vino, finisce la sua prima fermentazione si rende necessario seguire i travasi. I primi in modo ravvicinato per separare la feccia che può degenerare con odori sgradevoli (classico di uova marce), poi sempre più radi.

I tempi dei travasi sono comunque del tutto indicativi: ogni produttore conosce il suo vino, lo ascolta, lo assaggia, lo coccola pian piano, lo ripone nelle botti a maturare sino a che sarà pronto per l’imbottigliamento. www.enologicafriulana.it

 

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