Carmenere: una vera rarità

La chicca di Viniamo di questo mese è una vera rarità. Non tanto per la bottiglia in sé, che viene prodotta in 60.000 esemplari, ma per il vitigno, che, pur avendo una storia nobile e antica, viene ora coltivato da pochissimi produttori in Europa.

Il Carmenere è infatti un fratellino del Cabernet, del Malbech, del Merlot: i vitigni che hanno reso grande il vino bordolese. Tutti derivano infatti dalla  Vitis Biturica, un’uva importata in Francia molti secoli fa dalla Dalmazia. Solo che la variante Carmenere fu sterminata dalla filossera a fine Ottocento e, in Francia, se ne persero le tracce. Ricomparve in Italia, come spesso accade alle decisioni di successo, per errore, scambiata per Cabernet Franc, e impiantata soprattutto in Veneto, dove, rilevate le sue straordinarie qualità, la prestigiosa azienda Inama la elesse a vitigno di riferimento per la produzione dei suoi rossi.

Ed eccone qua, per voi, l’espressione a nostro avviso migliore, a un prezzo di grande attrazione: il Carmenere Più, per l’appunto, di Inama.

Evidentemente gli Inama hanno visto giusto, individuando nella struttura argillosa dei Colli Iberici l’ambiente ideale per restituire al Carmenere la gloria perduta.  Un rendimento non intensivo, un’accurata selezione dei graspi e un invecchiamento di 24 mesi, di cui 12 in barrique, completano l’opera.

Il risultato  è un vino davvero speciale: il colore è rosso cupo con riflessi blu-violacei. Il naso è elegante di piccole bacche scure, cacao e pepe nero. Al palato è equilibrato, di ottima freschezza, fruttato senza impedimenti tannici.
Il “Più” si esprime al meglio con i salumi (se li trovate, meglio quelli tipici dei Colli Berici: soppresse, pancette e salami all’aglio), ma è perfetto anche con la carne, massime le grigliate di maiale.

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