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Birra fai da te

 “Saper dove meglio si spini la birra, è pratica vera, è geografia” (Goethe)

Sin dai tempi remoti ogni popolo, in base a quello che offriva la terra, ha saputo preparare bevande fermentate. Con l’uva il vino, con le mele e pere il sidro, con il grano o l’orzo la birra. Comunque, lo zucchero che fermentando si trasformava in alcool, produceva gustose e inebrianti bevande che rompevano la monotonia dell’acqua. Mi piacerebbe raccontare nei dettagli la storia della “bionda” ma avrei bisogno dello spazio dell’intero numero. Quindi, sintesi: solo il luogo di nascita.

Mesopotamia, terra dove nacque la professione del birraio, era considerata bevanda sacra: la dea della vita Ishtar traeva dalla birra la sua potenza che nemmeno il fuoco di Nusku poteva estinguere. Gli antichi lo sapevano. La birra non era semplicemente una bevanda alcoolica. Era la bevanda degli dei, veniva data ai bambini o offerta in voto. Semplicemente era chiamata “pane liquido”.

Il procedimento per realizzarla oggi è semplice o perlomeno chiaro nei suoi passaggi. L’orzo, germogliato, macinato e spappolato nell’acqua a 60° si trasforma in maltosio. Si aggiunge il luppolo, si dosano i lieviti e si procede alla fermentazione. Il maltosio si trasforma in glucosio e poi in alcool e anidride carbonica. Le birre vengono poi chiarificate, filtrate e imbottigliate. è in grande crescita l’homebrewing, la birra fatta in casa.

Circa vent’anni fa, un anziano signore venne all’Enologica, cercando malto, luppolo e lievito perché nella sua famiglia si era sempre prodotta la birra in casa. Nel giro di pochi mesi avevamo creato un interesse unico, producevamo piccole quantità di birra che degustavamo assieme ai clienti. Di lì a poco, e non senza risolvere svariati problemi burocratici, in tutta Italia si diffondeva la birra artigianale. Un semplice kit iniziale, con l’attrezzatura necessaria, e poi una miriade di qualità di malti. Birre chiare, rosse, birre scure o a doppio malto; maltifici inglesi, australiani, neozelandesi, per arrivare alla birre dal retrogusto un po’ dolciastro tipico delle belghe.

I più bravi, o chi ha un po’ di tempo in più, acquistano l’orzo, se lo macinano, lo cucinano dosando il luppolo e le spezie, scelgono il lievito più adatto al proprio gusto e, per non sprecare nulla (questa sono io) con le trebbie che restano producono un ottimo pane.

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