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Il mulino di Illegio e la farina di Firmino

Illegio, frazione del Comune di Tolmezzo, divenuta famosa negli ultimi anni per l’annuale mostra internazionale di arte, è un piccolo borgo di circa 360 abitanti, in cui si respira un’atmosfera d’altri tempi. La conca su cui sorge è costellata di prati, vegetazione arborea e campi coltivati per lo più a livello familiare. Una passeggiata per il centro del paese consente di ammirare le antiche case costruite secondo l’architettura tipica del luogo, in un connubio armonioso di pietra e legno.

C’è un elemento che rende unica Illegio a livello regionale ed è la presenza di una sorgente d’acqua dolce che sgorga proprio all’interno del borgo, dando origine al rio Tòuf. Questo, dopo un salto di 3,20 metri, attraversa il paese lungo dei canali in pietra, sui quali si trovano ancora gli antichi lavatoi utilizzati un tempo dalle donne per fare il bucato. Seguendo il percorso del rio, accanto al quale si sviluppa l’antica Via dei Mulini, è possibile fare un salto nel passato e conoscere la storia della civiltà agricola preindustriale di questa borgata. Qui, infatti, sorgevano ben sei mulini, di cui quattro erano ancora in funzione negli anni ’50, e una segheria veneziana, tutti alimentati dalle acque del Tòuf, grazie alla sua portata costante di circa 200 litri al secondo. Uno dei mulini era dedicato esclusivamente alla pilatura dell’orzo, mentre un secondo, detto il pestedôr o Mulin dal Gjenerâl, veniva utilizzato per battere e sfibrare la canapa, ampiamente utilizzata nel settore tessile.


Proprio accanto alla sorgente del rio si trova l’unico mulino attualmente in attività, il seicentesco Mulin dal Flec e dal Ross, recentemente ristrutturato. Il proprietario è il signor Firmino Scarsini, che prosegue la tradizione di famiglia macinando esclusivamente farina di granoturco. «Qui c’è il mio cuore» afferma, mentre mostra i vari passaggi della macinatura e racconta orgoglioso la storia del suo mulino e l’attività svolta dal nonno e dallo zio, da cui ha imparato il mestiere. Da loro ha appreso che un bravo mugnaio deve saper usare tutti e cinque i sensi.

La vista gli consente di individuare e quindi eliminare eventuali impurità; l’udito serve a capire se la macina sta andando troppo veloce o troppo lenta; l’olfatto permette di sentire il profumo della farina e valutare se è stata alterata a causa del surriscaldamento, fenomeno che non avviene nella lenta macinatura a pietra, ma è frequente nei moderni mulini a martelli che operano a velocità molto maggiori. Il tatto consente di percepire se la granulometria della farina è idonea e infine c’è il gusto. Il gusto di questa farina, sorprendentemente dolce, è indice dell’elevata presenza di amido, che garantisce la riuscita di una polenta dal sapore davvero inconfondibile.

Il signor Firmino ha infatti selezionato delle antiche varietà di granoturco locali, che venivano utilizzate dalla nonna e da altri compaesani, e le coltiva nei suoi campi con l’aiuto di un amico, effettuando ogni anno una rotazione con le patate. Tutte le operazioni colturali vengono eseguite a mano, dalla semina (che avviene la prima settimana di maggio), al diserbo; dalla raccolta (la terza settimana di ottobre) allo scartocciamento delle pannocchie. Queste vengono poi appese all’aria per l’asciugatura e vengono sgranate utilizzando ancora un antico strumento manuale. Ovviamente tutte queste operazioni implicano impegno, tempo e fatica, di conseguenza la produzione è molto limitata: ammonta a circa un quintale e mezzo di granella all’anno, a cui va tolta una piccola parte destinata alla semina delle piante per l’anno successivo. Ma la farina che ne deriva, come potete immaginare, è davvero unica. Non solo per il suo gusto rustico e autentico e per l’elevata qualità, ma anche e soprattutto per la passione e la cura che contraddistinguono tutta questa piccola filiera di montagna. Attualmente il signor Firmino vende la propria farina solo ad alcuni ristoranti della zona, rifugi, servizi di catering e a qualche privato, oltre a rendersi disponibile a macinare conto terzi il mais degli abitanti del borgo. Il Mulin dal Flec e dal Ross è una delle realtà che fanno parte di CarniaMusei, un progetto di valorizzazione culturale sostenuto dalla Comunità Montana della Carnia, ed è visitabile su prenotazione. Per informazioni tel. 0433 41004 o visitate il sito www.carniamusei.org

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