Intervista all'oncologa Maria Rosa Di Fazio

Mària Croatto intervista la dottoressa Di Fazio, riproponiamo ai nostri lettori digitali l'articolo pubblicato sul numero di gennaio 2017 del mensile qbquantobasta.

Perché, da oncologa, ha deciso di scrivere una guida pratica dedicata al Mangiare Bene?

Per almeno due motivi. Come un “atto d’amore” nei confronti del mio prossimo, per poter condividere con tutti il bagaglio di studi e di esperienze accumulato in 23 anni di lavoro su un fronte terribile come quello della lotta contro i tumori. Usando i chemioterapici e le nuove molecole - perché io sono un’oncologa tradizionale - ma con un occhio sempre rivolto al nesso che lega cibo e salute. L’ho fatto anche perché, purtroppo, in Italia sono ancora troppi quelli che sottovalutano questo nesso. Molti addirittura lo negano. Eppure, io a San Marino curo pazienti che arrivano da tutta Europa e ovviamente da tutta Italia e ho ormai una mia statistica di incidenza di certi tumori, rispetto ad altri, a seconda del tipo di abitudini e tradizioni alimentari: colon e stomaco vengono colpiti dove più alto è il consumo di carni e salumi, mentre leucemie e linfomi prevalgono nelle persone a più elevato consumo di farinacei.
Vorrà, oppure no, significare qualcosa? Perché quando hai una casistica di centinaia di pazienti non è più possibile parlare di coincidenze.

Quanto influisce quello che mangiamo sulla nostra salute?
Premetto, per non essere fraintesa,
che le possibili cause e concause di
un tumore sono diverse: dall’inquinamento
ambientale al vizio del fumo,
dai ritmi di vita stressanti alla genetica,
dai grandi dolori della vita alla
familiarità con certe malattie. E poi
c’è l’alimentazione sbagliata e scorretta,
che si valuta essere oggi la causa
scatenante delle neoplasie in almeno
il 40% dei casi.
Non sono io, Maria Rosa Di Fazio, a
sparare cifre a caso: questi sono dati
emersi proprio di recente a Firenze
al Congresso internazionale dell’Artoi,
l’Associazione italiana di ricerca
sull’Oncologia Integrata. Dati portati
da tanti bravi colleghi italiani, ma confermati
anche dai massimi esponenti
della Sio, l’omologa associazione professionale
americana, e da autentici
fari di riferimento oncologico
a livello mondiale come il Memorial
Sloan Kettering di New
York o la Mayo Clinic di Rochester
(Minnesota), per citarne
soltanto due, senza dimenticare
i centri di ricerca e di cura attivi
tutto il mondo, da Israele alla
Cina, dalla Germania al Vietnam.


Sempre più persone, in età adulta, diventano intolleranti a certi cibi. Perché?
L’intolleranza è la reazione
anomala quando una sostanza
estranea non viene mediata dal
sistema immunitario, ovvero da
quella macchina meravigliosa
che si trova all’80% nel nostro
secondo cervello, cioè l’intestino.
Quella macchina la riceviamo
alla nascita in condizioni perfette.
Ma poi siamo noi a danneggiarlo:
per abuso quantitativo di
certi cibi e per insistita ripetitività
nel mangiarli. L’esempio del
glutine è da manuale, dato che
“incollando” le nostre pareti intestinali
ne altera la permeabilità
lasciando passare anche quello
che non dovrebbe mai passare.
I nostri vecchi questi problemi
non li avevano perché oltre una
fetta di pane e un po’ di pasta -
quando c’era - non andavano. Ma
avevano i legumi e le verdure.
Noi invece di glutine ne ingeriamo
ogni giorno quantitativi
abnormi, e quel che è peggio anche
inconsapevolmente, dal momento
che l’industria alimentare
ha reso questa proteina qualcosa
di invasivo, usato dappertutto e
in dosi eccessive: dalla brioche
del bar ai biscotti, dalle “finte”
fette integrali alle atroci merendine
spugnose e farcite che
diamo ai bambini. E sorvolo su
quant’altro contengono queste
“cose” - mi è difficile chiamarli
cibi - in termini di grassi saturi,
sostanze addensanti, aromi di
sintesi e altro.

Ci suggerisce una regola base da non dimenticare mai per stare in salute.
Semplice: fare il contrario di ciò che facciamo quasi tutti, mettendo in tavola le stesse cose, dalla prima colazione alla cena. Spesso sono porcherie confezionate che ingurgitiamo per di più
in quantità esagerate, nemmeno fossimo una generazione di spaccapietre anziché di animali stanziali da scrivania. Quindi le regole sono poche e semplici: grande varietà, alta qualità e
quantità ridotte. Queste ultime, oltre a farci stare meglio, compenseranno l’eventuale prezzo superiore del buon cibo e ci eviteranno altri eventuali e sgradevoli costi futuri: quelli per le medicine.

Quali sono gli alimenti da ridurre o eliminare - per primi - dalla nostra tavola?
Non ho dubbi. Inizio con i prodotti industriali da forno; sia perché ne mangiamo troppi, sia in quanto vengono fatti con farine impoverite dei loro antichi elementi nutritivi e benefici, chiarificate, trattate con antiparassitari e potenziate di una sola cosa: glutine. Seguono gli zuccheri, che sono il nutrimento preferito delle cellule tumorali. Cellule tumorali che, lo voglio precisare, abbiamo tutti noi, anche se persone sane, e che si replicano ogni 15 giorni. Esse si nutrono di zucchero - di qualsiasi zucchero, quindi moderazione anche con la frutta! - venti volte di più rispetto alle cellule normali. Chiudo con il latte e con i suoi derivati - yogurt per primo, lo dico soprattutto alle signore - in quanto acidificanti e carichi di ormoni “di specie” incompatibili
con quelli umani, di fattori di crescita sproporzionati a noi (non siamo vitellini, che pesano 40 chili alla nascita), di collose caseine e di zuccheri. Aggiungo che buona parte del latte usato per la trasformazione, e perlopiù importato, è anche pieno di antibiotici (il 70% della produzione europea di questi farmaci finisce in zootecnia per porre rimedio alle mastiti e ad altre patologie provocate dall’allevamento intensivo). Quanto alla carne, non sono talebana: non la elimino, ma suggerisco di consumarne molto poca, una fettina ogni otto giorni, mai grigliata e ovviamente bio.


Dagli inizi del ‘900 fino agli anni ’60 del secolo scorso veniva prodotta la pastina glutinata particolarmente indicata, secondo gli slogan dell’epoca, ai bambini per favorirne la crescita. Oggi invece scopriamo che…
…scopriamo che il glutine è invece
una coltre che ci “asfalta” il sistema
immunitario, ovvero la nostra sentinella
contro tutte le aggressioni.
Proprio a causa della quantità esagerata
in cui lo ingurgitiamo, il glutine
ci rende il sistema immunitario cieco
e sordo. Lo rottama. E una volta rottamato
non vede più virus, batteri,
tumori. Per capire meglio è bene aver
chiaro che il tumore non è la malattia
di un organo, come pensano tutti
(polmone o ovaio, prostata o colon),
ma è una malattia sistemica. Per una
o più delle concause che ho elencato
nella mia seconda risposta - alimentazione
sbagliata inclusa - ad ammalarsi
è l’intero organismo; così il tumore,
quando il sistema immunitario non
se ne accorge, va a colpire l’organo
che in quel momento è il più debole.



Lei partecipa anche a trasmissioni radio e tv, abbiamo notato un aumento di medici che - come lei - si stanno impegnando a divulgare una corretta e sana alimentazione. Come mai proprio ora?
A dire il vero appaio ben poco, sia
perché non amo farlo, sia perché tra
le visite a Milano e le terapie oncologiche
a San Marino non ne avrei né
il tempo né sinceramente la voglia.
Le sole eccezioni televisive, quando
posso, le riservo alla coraggiosa emittente
Telecolor di Cremona, visibile
in tutta Italia, il cui palinsesto serale
è dedicato esclusivamente, e in modo
molto professionale e scientifico, ai
problemi della salute. Non parteciperei
mai a chiassose arene dove fanno
a gara a chi strilla più forte e dove
mi sarebbe impossibile spiegare in
modo serio e comprensibile quello
che voglio fare sapere alla gente. Per
questo ho preferito trasferire la mia
esperienza in un libro.
Quanto al boom dei camici bianchi
catodici, posso essere sincera e anche
un po’ polemica? Vorrei che fossero
più numerosi quelli che fanno in tv
un’autentica divulgazione alimentare,
senza remore, soprattutto dal punto
di vista oncologico. Ci faccia caso: a
ogni autorevole allarme su un cibo
segue il giorno dopo un tempestivo
“pompieraggio” da parte di qualche
volto noto. Tempo fa avevano dato
voce al professor Berrino, luminare
dell’Istituto dei Tumori di Milano;
ma da quando disse peste e corna
di certe intoccabili icone alimentari
di potenti investitori pubblicitari, è
di fatto scomparso dai teleschermi.
Sia pubblici sia privati. In tv, anche
quando si parla di salute, vedo tanto
protagonismo e un’informazione frettolosa,
ansiosa e ansiogena. Oppure
rigorosamente istituzionale.

Perché nel suo libro scrive che la cena tipo degli ospedali è un esempio di tutto ciò che non è corretta alimentazione?
Semplice, perché è amaramente vero.
Le chiedo: c’è qualcosa di più malsano
del brodo fatto con il dado, e cioè
con una bomba di sale, glutammato e
grassi? Certo che c’è, se dentro a quel
brodo lei aggiunge della “innocente”
pastina, ovvero carboidrati, più una
bella grattata di formaggio. Carboidrati,
grassi e altro a cena, proprio
quando il metabolismo se la dorme
ormai della grossa? E per di più a un
malato? Mi creda, io quella roba lì
non la darei nemmeno a una persona
sana. Ma non basta, perché si arriva
alla pietanza, ovvero di norma alla
“salubre” opzione tra prosciutto cotto
e una bella crescenza spalmabile; e
cioè tra carne di maiale lavorata e una
mattonella di caseina, ormoni e fattori
di crescita. Sempre a un malato.Ma deve ancora venire il meglio: perché
insieme a una pioggia di grissini
e crackers fatti con tante cose buone
tra cui l’olio di palma, ecco arrivare
Sua Maestà il purè di patate, un
trionfo di amidi, zuccheri e latte che
viene servito con grande generosità:
costa poco, riempie e soddisfa.
Infine, chicca finale, la macedonia.
E cioè sciroppo di glucosio-fruttosio
(il peggio che si possa immaginare)
nel quale galleggia un mix di frutti
diversi, ciascuno con un diverso ph
(indice di acidità), destinati a fare
impazzire la digestione e a trasformarsi,
soprattutto a quell’ora, in una
cosa chiamata putrescina che farà
marcire tutto quanto mangiato in
precedenza. E quel “tutto” rimarrà
dentro, al caldo, tutta la notte.
Chi amministra gli ospedali saprà
senz’altro tutto di contabilità, controllo
dei costi e partita doppia, ma
non sa nulla di una materia fondamentale
che si chiama Cronobiologia.

Che cosa le piace di più a tavola. E cosa non manca mai nel suo frigo?
Amo i risotti, qualsiasi tipo di pesce e le verdure. Tante verdure. Col che ho già risposto anche alla seconda parte della domanda. Non manca mai il riso ovviamente, ma in dispensa, non in frigo.


Che cosa della sua Sicilia le è rimasto nel cuore (anche se è nata a Milano)? E che cosa ama del Friuli, dove viene spesso, visto che suo marito è udinese?
Della Sicilia amo tutto, e su tutto il mare e il sole. Ma da quando sono sposata mi sono innamorata anche del vostro Friuli, terra di gente splendida e di luoghi bellissimi. Se intende dal punto di vista gastronomico, della mia amata isola prediligo gli arancini di riso, la caponata e i cannoli (con ricotta di pecora!). Sì, cannoli, perché anche le oncologhe rompiscatole ogni tanto si concedono - e concedono - uno strappo. Del Friuli? Beh, senz’altro il vino, bevuto con moderazione; poi la brovada, che per me è stata una meravigliosa scoperta; e infine l’incanto anche visivo della Rosa di Gorizia, massima espressione di quale meraviglia sia la Natura.

L’esplosione dei tumori ha avuto un’impennata negli ultimi trent'anni, e continua ad averla, da quando la nostra alimentazione, da “povera” che era, è diventata via via più ricca. Ma ricca
di che? Bisognerebbe cominciare a chiederselo. Questo libro lo fa, dandovi anche tante risposte. “Fa’ che il cibo sia la tua medicina”, ammoniva Ippocrate, padre della scienza medica. Oggi, in un’epoca di cibi sempre più industriali, manipolati, e imposti dalla pubblicità e dal marketing, noi possiamo e dobbiamo andare oltre affermando che “stiamo” bene o male in base a “che cosa” mangiamo o non mangiamo. Non solo: la nostra salute e quella dei nostri figli dipendono anche dal “quando” consumiamo un determinato alimento, dal “come” lo cuciniamo, senza mai sottovalutare “insieme a che cosa” lo abbiniamo e lo portiamo in tavola. Sono tutte informazioni che troverete in questa guida pratica e di facile lettura allo stare bene, ma anche alla prevenzione più naturale, nonché più semplice e perfino più economica, di tante malattie.
Dobbiamo decidere se vogliamo continuare a essere azionisti occulti, inconsapevoli e senza nemmeno diritto di voto di qualche grande corporation alimentare o piuttosto ridiventare
i ben informati unici proprietari della nostra salute, ovvero del più importante patrimonio di cui disponiamo - gratuitamente, per dono divino - fin dalla nascita.

per qualsiasi ulteriore informazione e per domande potete rivolgervi QUI

La dottoressa Maria Rosa Di Fazio è responsabile Oncologia del Centro medico internazionale SH Health Service di San Marino, dove applica il metodo chemioterapico “soft” del professor Philippe Lagarde, luminare francese di fama
mondiale. Si è laureata in Medicina e Chirurgia, abilitata all’esercizio della professione medica e specializzata in Oncologia medica con pieni voti e lode; è inoltre diplomata in Ozonoterapia a Padova. Ha lavorato per oltre vent’anni a Milano in diverse strutture ospedaliere e come medico strutturato nei reparti di Oncologia medica. Oggi vive e lavora tra San Marino e il capoluogo lombardo. La sua filosofia: “Il paziente È un essere umano NON un numero”.

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