Scritto da Fabiana Romanutti il . Pubblicato in Editoriali.

I doni e i riti di Natale in tempi di Covid

Joseph Clark (1834 1926) A Christmas DoleJoseph Clark (1834 1926) A Christmas DoleViggo Johansen (1851-1935) Silent NightViggo Johansen (1851-1935) Silent Night

Per gli auguri di Natale a chi mi segue su qb non c'è nulla di più appropriato, a mio modesto parere, di una riflessione sul significato del dono e del rito nei tempi attuali a firma di Marino Niola,  pubblicata per “la Repubblica” al cui link vi rimando per la lettura integrale

«Dimenticati di santificare le feste». È il nuovo comandamento che ha messo in quarantena il Natale. Ridotto a ombra di se stesso. Controllato, confinato, distanziato. Ma la gente non ci sta e studia il modo di liberare il prigioniero. I social tracimano suggerimenti sui modi di aggirare il Dpcm. Non è solo l' impuntatura puerile e irresponsabile di chi non vuol saperne di saltare, anche solo per una volta, l' appuntamento con tavolate, rimpatriate, abbuffate, scampagnate. In realtà la posta in gioco è diversa.

(...) C'è una sorta di istinto cerimoniale custodito nelle profondità del nostro genoma culturale. E che spinge a difendere a ogni costo una festa che non è una semplice festa religiosa o consumistica. Ma è l'ultimo grande ciclo rituale dell' Occidente.

Ecco perché Natale non è singolare ma plurale. Non una festa ma le Feste, per antonomasia. Che da tempo immemorabile sono considerate la cerniera magica dell' anno. Un serial di liturgie sacre e profane cui è d'obbligo partecipare. Credenti e non credenti. Per tradizione e per devozione. Per piacere e per dovere. Per gioco e per forza. Spesso giocoforza.
I dodici giorni che vanno dal 24 dicembre al sei gennaio, dalla sera della Vigilia alla notte dell' Epifania, sono quel che resta degli antichi riti del solstizio d' inverno, quando le giornate ricominciano ad allungarsi. 

(...) Il palinsesto cerimoniale natalizio è quanto di più zippato si possa immaginare. Una successione ininterrotta di azioni comandate, emozioni recitate, riunioni obbligate. Fabbricare il presepe, adornare l' albero, la corsa ai regali, il cenone della Vigilia, il pranzo di Natale, la gita di Santo Stefano, il frastuono pagano della notte di Capodanno, l' attesa notturna della Befana. Un dodecathlon che lascia esausti i partecipanti. Una forma di agonismo ludico che ha qualcosa delle antiche prove iniziatiche. Il risultato è una fibrillazione collettiva, un fremito prolungato che accarezza la schiena della società. E si preannuncia già ai primi di dicembre quando in molte famiglie si rinnova l' annosa diatriba fra presepe ed albero, tra conservatori e innovatori, che trasforma ogni salotto italiano in una dépendance di casa Cupiello. Di fatto le feste sono un rito pubblico e privato, un bilancio consuntivo dell' anno vecchio e un preventivo di quello nuovo.

(...) E lo scambio dei regali resta la chiave di volta della kermesse natalizia, insieme alle abbuffate collettive. Perché rappresentano la materalizzazione degli affetti, l' incarnazione della generosità, la metabolizzazione della famiglia e della comunità che diventano nutrimento spirituale e materiale, l'esultanza che diventa pienezza. E mette le persone in relazione con il sacro attraverso i cibi comandati, che una volta si chiamavano "devozioni" o "sacrifici". 

(...) È come se le feste passassero un colpo di evidenziatore scintillante su tutto quel che unisce, e fa di tanti individui una famiglia, una comunità. Passata la festa passato l' incanto. La vita torna a scorrere e cancella quello scintillio che le persone in questi giorni difendono con le unghie e coi denti. I divieti del Dpcm accendono gli animi perché, nonostante le derive consumistiche, il Natale resta il solo avamposto dello spirito festivo in un' epoca di deritualizzazione della vita. L' ultimo rifugio dell' armonia, della grazia, della poesia in un mondo fatto solo di prosa. Perché è il momento in cui gli individui escono da sé stessi e fanno società. O attraverso il sacro. O attraverso la santificazione della convivialità, che aggiunge un posto a tavola e per una volta all' anno fa una cosa sola di parenti e serpenti.