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Conoscete il bulgur? Qui una gustosa proposta

 

 

 bulgur e bio dado allo zafferano bulgur e bio dado allo zafferano

Conoscete il bulgur? È grano spezzato, costituito da grano duro integrale germogliato, che subisce un particolare processo di lavorazione. I chicchi vengono cotti al vapore e fatti essiccare, poi vengono macinati e ridotti in piccoli pezzetti. È molto diffuso in Turchia, Tunisia e in altri paesi del Medio Oriente; il suo nome deriva dal turco bulgur, che significa "orzo bollito". Vi sono diverse forme di bulgur a seconda della grandezza dei granelli: le pezzature più grandi sono utilizzate per preparare minestre, quelle più fini per piatti freddi e insalate. Esiste anche il bulgur crudo, non germogliato e non precotto. Si ottiene spezzando direttamente il grano duro selezionato, fino a ottenere una granulometria che permette la cottura in 10-15 minuti. Questo tipo di bulgur, non avendo subito i processi di germogliazione, essiccazione e precottura, mantiene tutte le caratteristiche e i benefici del cereale integrale: i granelli di grano duro infatti sono avvolti dalla loro crusca e provvisti del germe, conservando così le proprietà e il colore vivo del grano duro, inoltre dopo la cottura i granelli rimangono più consistenti. Il bulgur precotto deve essere messo in ammollo in acqua per 20-30 minuti per farlo reidratare, poi viene messo a cuocere in una quantità d'acqua pari al doppio del suo volume per 10 minuti circa; successivamente lo si lascia nell'acqua di cottura per altri dieci minuti per un'ulteriore crescita di volume. Si può servire caldo come pilaf o freddo come tabbouleh.

Bulgur con cipolla, gamberetti, briciole croccanti e dado allo zenzero Bio Bauer 

 

INGREDIENTI

 

320 g di Bulgur

2 cipolle rosse fresche

250 g di gamberetti sgusciati (anche surgelati)

4-5 fette di pane (anche raffermo)

1 o 2 dadi allo zenzero bio Bauer 

olio extravergine d’oliva q.b.

sale q. b.

 

Preparazione 

 

In un padellino antiaderente versate due cucchiai di olio extravergine d’oliva e lasciatelo scaldare.

Aggiungete il pane sbriciolato e lasciatelo cuocere circa 5 minuti a fiamma moderata, il tempo necessario per far diventare croccanti le briciole. Tenete da parte.

Versate in una pentola 1 litro di acqua, mettete all’interno il dado allo Zenzero, lasciate sciogliere e portate a bollore.

Nel frattempo, in una padella capiente antiaderente versate un filo d’olio extravergine d’oliva, unite le cipolle tagliate a fettine sottili e i gamberetti sgusciati.

Lasciate soffriggere per un paio di minuti; unite quindi il bulgur, lasciatelo tostare e aggiungete il brodo fino a completa cottura.

Suddividete il bulgur nei piatti, aggiungete in superficie le briciole croccanti e servite.

La ricetta è del blog elviradolciecucina.it

Fassoneria riapre. E voi conoscete la Fassona?

Fassoneria: ripartenzaFassoneria: ripartenza

#ripartenza. Riapre la Fassoneria di piazza Emanuele Filiberto 4 a Torino, e lo fa con un progetto di rinnovamento, affidato a due nuovi giovani gestori, Daniele e Serena, che hanno preso in mano lo storico punto vendita del Quadrilatero, là dove nacque la Fassoneria nel 2013.  “L'idea è  quella di seguire il percorso che la Fassoneria ha intrapreso negli ultimi anni, trasformandosi da semplice hamburgeria gourmet in ristorante monoprodotto, con piatti di carne 100% di Fassone di Razza Piemontese”. Il menu è stato quindi ampliato  ed è stata aggiunta una proposta a scaffale con prodotti del territorio: “vogliamo che la nostra Fassoneria diventi una vetrina di piemontesità”, spiegano. 

Per la riapertura, fissata per sabato 8 maggio, hanno pensato a una battuta condita con una spuma di mozzarella di bufala, pomodorini secchi e foglie di basilico fritte, un piatto che con i suoi colori ricordi la "rinascita", in questo caso la riapertura dell'Italia.

Gli orari:  lunedì: chiuso, martedì-venerdì: dalle 19:00 alle 22:00 (come da attuali disposizioni) o 23:00  sabato-domenica: dalle 12:00 alle 15:00 e dalle 19: alle 22:00 (o 23:00)

Il progetto Fassoneria, nato nel 2013 da un'idea del giovane imprenditore torinese Fabrizio Bocca, ha l'obiettivo di rafforzare l'identità della carne Fassona e divulgarne la cultura in tutta Italia. A incontrarsi nel marchio Fassoneria sono infatti Compral, una cooperativa agricola di allevatori della provincia di Cuneoe Coalvi, Consorzio di Tutela della Razza Piemontese,primo organismo in Italia ad aver messo a punto un disciplinare di etichettatura volontaria sviluppato esclusivamente per la Razza Piemontese, attivo dal 1984.

battuta al coltellobattuta al coltello

La Fassona. Il termine Fassone, o Fassona, è entrato in uso nel vocabolario commerciale per indicare il bovino di Razza piemontese. Questo termine è il risultato di una traduzione letterale e puramente fonetica del sostantivo “fasson”: è probabile che l’utilizzo del termine, con il significato di vitello di Razza Piemontese di pregio, si sia consolidato sui mercati zootecnici del Piemonte raccogliendo un’espressione usata dai commercianti francesi i quali commentavano i vitelli migliori dicendo che erano “de bonne façon”.

 

 

 

 

La Razza bovina Piemontese può vantarecaratteristiche di alto pregio sia a livello organolettico sia di resa al macello. La particolarità che la rende immediatamente riconoscibile è  l'ipertrofia muscolare o groppa doppia, dovuta a una mutazione naturale comparsa probabilmente a inizio del Novecento. Si tratta di una razza a spiccata attitudine alla produzione di una carne di eccellente qualità, poco grassa e molto tenera.

 

 

 

 

Conoscete i carducci? E il Moretto di Brisighella?

carciofo moretto in cestacarciofo moretto in cesta

Nome scientifico: Cynara Scolymus. Terreno preferito: siliceo-argilloso,, tipico dei calanchi, ben esposto al sole. È il carciofo, il  bocciolo dell’infiorescenza che si raccoglie immatura, cioè prima che sbocci, nel mese di maggio. Nel caso del Moretto di Brisighella, carciofo dal colore viola con riflessi dorati,  i petali terminano con acute spine di colore giallo. È una varietà rustica, sulla quale non sono stati fatti interventi genetici, diversamente da altre, largamente coltivate nel bacino del Mediterraneo, e ciò ha consentito di mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche e gli aromi originari. È protetto da un disciplinare di produzione della D. O. C.  che delimita fra l'altro l'area di produzione  delimitata a Nord-Est con il comune di Faenza, a Est con il comune di Castrocaro, a Sud-Est con il comune di Modigliana, a Sud con il comune di Marradi, a Ovest con il comune di Palazzuolo, a Nord-Ovest con il comune di Casola Valsenio e a Nord con il comune di Riolo Terme.

carciofo moretto carciofaia ph fabio liveranicarciofo moretto carciofaia ph fabio liverani

La pianta si presenta come un cespuglio che può raggiungere un’altezza di 150 centimetri, il fusto è eretto con getti basali chiamati “carducci”, che vengono usati per la riproduzione. Le foglie, verdi-grigiastre, sono grandi e spinose, pendenti all’infuori. Il Disciplinare prevede che l’impianto sia effettuato per via vegetativa prelevando da piante madri di carciofo un numero variabile, max 20, getti vegetativi (carducci).

carciofo moretto primo piano ph fabio liveranicarciofo moretto primo piano ph fabio liverani

Il “Moretto” si mangia crudo e leggermente lessato, condito con sale e olio, preferibilmente con il Brisighello”, con il quale si sposa molto bene, in quanto i due prodotti hanno una base aromatica comune. Nel “Brisighello” infatti, il consumatore avverte con chiarezza, fra i vari sentori, i profumi e i gusti del carciofo verde. Piacciono del Moretto la leggera sensazione di amaro carciofo-cardato tipica dei carciofi non selezionati e la freschezza sellerina (sedano). 

Lo sapevate? Le  foglie del carciofo sono la base per la produzione di tutti gli amari, tanto che un tempo, fino agli anni Trenta del secolo scorso, venivano tagliate dopo il raccolto, fatte essiccare, imballate e spedite in Germania per la produzione di amari.

 Una ricetta speciale ddel ristorante Gigiolèdi Brisighella (ora ceduto dalla famiglia Raccagni ad altra proprietà) 

MOSTARDA DI CARCIOFI MORETTI ALLA SENAPE PER ACCOMPAGNARE FRITTI DI GAMBERI

 Pulire circa 20 carciofi moretti, tagliarli grossolanamente e immergerli in una soluzione di ¼ aceto bianco, 200 g di zucchero semolato, ¼ di vino bianco secco. Lasciarli a marinare una notte intera.
L’indomani porre i carciofi con la marinata in una casseruola e far bollire a fuoco lentissimo per alcune ore affinchè il liquido diventi sciropposo come il miele.

Aggiungere, fuori dal fuoco, alcune gocce (in verità pochissimo) di estratto di senape che troverete in erboristeria.

Mescolare e sistemare in barattolini di vetro a chiusura sigillata questa mostarda che, se ben fatta, può durare anche un anno.
N.B.: si sposa bene anche con altri tipi di fritto che non sia solo pesce.

 

Conoscete l'Iris fritta?

iris frittairis fritta

Siamo a Palermo nel 1901. I melomani sono in grande fermento per il debutto della nuova opera di Pietro Mascagni: “Iris”. Il pasticciere Antonio Lo Verso, sull’onda dell’entusiasmo generale,
prepara una sorta di ciambella priva di buco, da consumare calda, appena fritta, farcita di ricotta fredda mantecata con lo zucchero, con cioccolato fuso e a pezzetti. È apoteosi!

Da quel momento la pasticceria di Lo Verso divenne talmente famosa che cambiò presto il nome in Pasticceria Iris, oggi purtroppo scomparsa. Dell’Iris esistono versioni differenti: a esempio l’Iris fritta catanese è farcita con crema pasticciera gialla o al cioccolato.

iris fritta by blog siciliairis fritta by blog sicilia

Nonostante sia un dolce, i siciliani annoverano l’Iris tra le proposte di street food tradizionali palermitane. Del resto è figlia di una creazione precedente molto famosa a Palermo e ancora oggi ben conosciuta: la ravazzata. Una brioche cotta al forno con dello zucchero nell’impasto, ma farcita internamente con ragù di carne e piselli. Ne esiste anche una variante identica per impasto e ripieno che però viene fritta e che prende il nome di rizzuola. E ovviamente ci sono ravazzate e rizzuole diversamente declinate. A Castelvetrano la farcitura di questi due capolavori culinari è con carne tritata, prosciuttocotto e mozzarella vaccina. Ad Alcamo con il termine ravazzata si indica un dolcetto composto da un involucro di pastafrolla ripieno di ricotta e gocce di cioccolato.

rizzuola by fornelli di siciliarizzuola by fornelli di sicilia

Nel Dizionario Siciliano-Italiano pubblicato a Palermo nel 1840 “ravazzata” è tradotto semplicemente con “specie di torta”, senza alcun riferimento alla farcitura di carne e piselli, mentre con il diminutivo “ravazzatina” si intende una “specie di pagnotta piena”. Oltre alla versione classica con il sugo e il macinato, nelle abitazioni palermitane è diffusa anche la ravazzata con gli spinaci e la ricotta di pecora, una ricetta delicatissima più adatta alla stagione estiva. Tipicamente invernale, invece, la variante con cimette di cavolfiore lesse, salsiccia, formaggio primo sale e olive nere, riportata dalla gastronoma Alba Allotta nel volume “La cucina siciliana in 1000 ricette tradizionali”.

rizzuola by sicilia fanrizzuola by sicilia fan
È proprio dalla ravazzata che forse si deve partire per ritrovare un’origine all’Iris fritta che a questo punto abbiamo compreso essere un’imitazione con pasta lievitata anziché frolla della ravazzata alcamese. Effettuando le dovute ricerche emerge che, come spesso accade, la ricetta deriverebbe dalle mani delle monache di clausura: nelle loro interminabili giornate di meditazione occupavano parte del tempo nel confezionare dolci che venivano poi venduti portando così piccoli proventi al convento. Le ricette poi sarebbero passate nelle mani dei pasticcieri locali che le avrebbero ulteriormente elaborate.
In sostanza quello che nel 1901 fece Antonio Lo Verso dando alla rizzuola (la ravazzata fritta per capirci) un ripieno dolce. Creando la mitica Iris. Nella ricetta antica si usavano dei panini simili alle rosette, da cui veniva raschiata la crosta, venivano svuotati dalla mollica, e bagnati con latte dolcificato, poi riempiti di ricotta, con una leggera panatura e fritti.

Conoscete la cabossa? Nuovo sorbetto al frutto del cacao

gelato cabossa ph RenataVeselygelato cabossa ph RenataVesely

Avete mai assaggiato il frutto del cacao? Difficile, ma ora possibile grazie alla CHOCOLATE ACADEMY, che, con il Choco gelato chef Ciro Fraddannoin collaborazione con ROGELFRUT,azienda che lavora frutta surgelata e purea di frutta,  propone un nuovissimo sorbetto al gusto tropicale del frutto del cacao. 

gelato cabossagelato cabossa

Per secoli, il frutto del cacao è stato raccolto solo per i suoi semi e nel tempo si è persa l'associazione con il frutto. Tuttavia, proprio come una mela o un'arancia, il cacao ha il suo gusto fruttato tipico. I suoi alberi crescono nelle regioni tropicali intorno all'equatore. Cresciuto sul tronco e sui rami dell'albero, il frutto del cacao chiamato cabossa, è costituito dalla buccia, la polpa e i semi (fave). I semi vengono lavorati per fare il cioccolato e rappresentano solo il 30% circa della composizione del frutto. Una volta mature, le cabosse colorate vengono accolte a mano, pulite e aperte per eliminare i semi e la polpa bianca e fresca. Solo una parte di questo frutto viene usato per consentire alle fave di fermentare

gelato cabossa biancogelato cabossa bianco

Oggi grazie allo studio di Cabosse Naturals, brand del gruppo Barry Callebaut, è possibile usare l’intero frutto del cacao e godere delle sue straordinarie qualità.

Il prodotto destinato al mercato della gelateria artigianale e realizzato in collaborazione con RogelFrut, contiene  il 40% di polpa del frutto del cacao ed è facile da usare perché pronto all’uso. Ciro Fraddanno cconsiglia di abbinare al sorbetto il gruè di cacao per dare croccantezza e un'esperienza di gusto dell’intero frutto: come ritrovarsi in una piantagione di cacao!

gelato cabossagelato cabossa

Chocolate Academy – è la scuola professionale dedicata al cioccolato fondata nel 2017 da Barry Callebaut, azienda leader mondiale nella produzione di cacao e di cioccolato. Il maître chocolatier Alberto Simionato è il direttore della Chocolate Academy™ di  Milano (centro internazionale del gelato al cioccolato artigianale).

Come fare pinza titole presnitz e putizze?

 promo libro Com'è dolce Trieste promo libro Com'è dolce Trieste

Promozione dolce all'insegna della #pasquatriestina per i componenti della nostra community qubista (a proposito vi siete ricordati di controllare l'iscrizione alla newsletter?) Fino al 4 aprile 2021, giorno di Pasqua compreso,

E gli studenti delle scuole alberghiere in pandemia?

ristorazione ospitalità evento on line 2 aprileristorazione ospitalità evento on line 2 aprileRistorazione & ospitalità: parole chiave della crisi economica e sociale dovuta alle restrizioni per la pandemia. E gli studenti della scuole alberghiere, i futuri cuochi o il futuro personale di sala come vivono questo periodo? Ne parleremo venerdì 2 aprile 2021

Come fare un arrosto perfetto?

arrosto al forno

Succulento e profumato, è il secondo piatto classico del pranzo della domenica, per la tavola delle feste e per ogni occasione speciale. È ancora più buono se servito insieme a un contorno di croccanti patate. Per portare in tavola un ARROSTO davvero PERFETTO eccovi pochi semplici suggerimenti:

1) Al momento di acquistare la carne scegliete pezzi di primo taglio come lo scamone, la noce o il magatello (girello). Queste sono infatti le parti più povere di collagene, che, per restare tenere, non richiedono tempi di cottura molto prolungati.

2. Prima di mettere l’arrosto sul fuoco, tenete la carne a temperatura ambiente per almeno un’ora, tamponatela bene con carta assorbente da cucina e massaggiatela a lungo con olio extravergine di oliva (l’olio facilita la trasmissione del calore alla carne) e con un trito di aglio ed erbe aromatiche.  Accendete il forno in modalità statica e portate la temperatura a
200 °C;  poi, in una casseruola di ghisa, scaldate l’olio e rosolate la carne a fiamma alta per circa tre minuti per lato, così da sigillarla e ottenere un sugo più saporito.

3. Terminata la rosolatura, sfumate con un bicchiere di vino bianco, lasciate evaporare e passate l’arrosto in forno, per circa 40 minuti, girandolo soltanto una volta.

4. Al termine della cottura, estraete la teglia dal forno, regolate di sale, avvolgete l'arrosto in un foglio di carta stagnola e lasciatelo riposare almeno 15 minuti, in modo che i succhi si possano distribuire in modo omogeneo all’interno della polpa.

5. ntanto riscaldate il fondo di cottura sul fornello, regolate di sale, aggiungete un po' di acqua e, servendovi di un cucchiaio di legno, staccate gli eventuali residui di carne, per preparare il sugo di accompagnamento dell’arrosto.

6. Se preferite continuare la cottura dell’arrosto in una teglia, prima di porvi la carne non dimenticatevi di riscaldare la teglia stessa: in questo modo, infatti, la parte inferiore e quella superiore dell’arrosto continueranno a cuocere nello stesso momento.

Il segreto finale. Passato il tempo di riposo, versate sulla carne un po’ di olio extravergine e infornate per qualche minuto a 200 °C, per ottenere l’esterno croccante. Successo assicurato! 

arrostoarrosto

Ma che ne dite di questa domanda? L’arrosto è maschio e Il bollito è femmina?

Cucinare, nel senso di cuocere, ha generato l’abitudine a mangiare insieme in un posto e in momento prestabiliti, rendendo l’uomo più sociale e socievole. Cucinare, per il solo piacere di farlo, significa poter scegliere di dedicare una parte del nostro tempo a un’attività che sa gratificarci. La trasformazione dal crudo al cotto, avvenuta con la scoperta del fuoco, ha segnato l’evoluzione umana e ha coinvolto le civiltà nel corso dei millenni, anche se la differenza tra le cotture è rimasta sostanzialmente quella tra gli alimenti esposti al fuoco e quelli cotti nell’olio, nel burro o nell’acqua. La differenza tra il crudo e il cotto ha fondato il passaggio definitivo dalla natura alla “cultura”, proprio attraverso la cottura del cibo. 


Si deve a Lévi-Strauss la distinzione tra la cottura fatta direttamente sul fuoco e quella fatta in un recipiente con del liquido.

 

 

 

Arrosto e bollito sono quindi due diversi modi di cottura, dai quali si è giunti all’antinomia tra maschile e femminile, che riconduce l’arrosto - praticato un tempo all’aria aperta, anche frettolosamente durante la caccia - al genere maschile e il bollito, contraddistinto da una cottura al chiuso, lunga e paziente, a quello femminile. La suddivisione tra lo spiedo e la pentola ha rafforzato nei secoli, la netta divisione dei ruoli nella famiglia. 

Che diranno le femminsite di oggi? 

Conoscete la Frittedda?

la ricetta della frittedda pubblicata sul mensile qb nel gennaio 2020la ricetta della frittedda pubblicata sul mensile qb nel gennaio 2020

Il termine Frittedda probabilmente ci evoca qualcosa di fritto, forse una frittata; in realtà è un tipico piatto palermitano composto da fave, piselli e carciofi che vengono cucinati in umido.
È un contorno, ma può essere servito anche come antipasto ed è gustoso sia tiepido sia freddo.  Di seguito la mia personale ricetta.

 Frittedda

 

Ingredienti per 6 persone


*500 g di fave (anche surgelate)
* 500 g di piselli (anche surgelati)
* 6 carciofi
* 2 cipollotti
* un mazzetto di finocchietti selvatici
* olio extravergine d'oliva
* sale q.b. e pepe nero in grani


PREPARAZIONE

  1.  Pulire i carciofi, eliminare le foglie esterne e ricavarne i cuori, affettarli a fette sottili e metterli a bagno in acqua acidulata con limone.
  2. In una padella versare l'olio evo e i cipollotti mondati e affettati; rosolare, aggiungere i carciofi e rosolare il tutto ancora per cinque minuti.
  3. Aggiungere le fave, i piselli e poco meno di mezzo bicchiere di acqua. Coprire e cuocere e a fiamma dolce per circa quindici minuti.
  4. Aggiustare di sale, aggiungere il finocchietto selvatico spezzettato e cuocere per altri cinque minuti.
  5. A fine cottura macinare a piacere pepe nero in grani.

Conoscete il Tagliamento?

tagliamentotagliamento

Giornata Mondiale dell'Acqua 2021. il Consorzio del Prosciutto di San Daniele omaggia il fiume Tagliamento, uno degli ultimi corsi d’acqua europei a conservare le condizioni idrologiche naturali e la morfologia originaria, a canali intrecciati, che cambia a seconda delle condizioni meteorologiche e del volume d’acqua trasportato. Definito il “re dei fiumi alpini”, il Tagliamento scorre per 170 chilometri, attraversando il Friuli-Venezia Giulia dal Passo della Mauria fino al Mare Adriatico e costeggiando la città di San Daniele. 

tagliamentotagliamento Risalendo il corso del fiume, le brezze salmastre adriatiche incontrano quelle fredde provenienti dalle Alpi Carniche, generando condizioni ambientali uniche. Sono proprio questi fattori a influire sul livello di umidità e sulla naturale regolazione della temperatura, conferendo unicità al peculiare microclima delle colline di San Daniele. 

Basta un piatto di minestra

Minestra riso patate e grisol (Silene Vulgaris) Minestra riso patate e grisol (Silene Vulgaris)

#Ricetta semplice e appetitosa proposta da Daniela Doretto su FB. Appassire uno scalogno, unire il grisol* crudo, fare insaporire e aggiungere i cubetti di patate, abbassare la fiamma al minimo e lasciare andare coperto per 8-10 minuti.

Alzare il fuoco e unire il riso, farlo intridere per poco tempo e poi coprire con brodo vegetale oppure acqua e sale; portare a cottura. Non deve essere troppo asciutto, ma neanche troppo brodoso, alla veneziana insomma. 

Silene vulgarisSilene vulgaris

*grisòl., scjopetin, sclopìt, strigoli, tanti nomi per la Silene Vulgaris, una delle piante spontanee più attese dai raccoglitori gourmet in queste settimane che anticipano la primavera. 

 

Conosci il Cammino di San Francesco Caracciolo?

cammino caracciolino

#torneremoaviaggiare. #scoprirelitalia. Il Cammino di San Francesco Caracciolo (protettore dei cuochi) attraversa Marche, Abruzzo, Molise e Campania, riscoprendo borghi, tradizioni e leggende, che da Loreto ci accompagnano a Napoli, correndo indietro nel tempo, tra il 1500 e il 1600.

Un percorso che non è solo religioso: un cammino che si snoda attraverso luoghi minori della #bellitalia. Chieti, Roccamontepiano, Montebello sul Sangro, Montelapiano, Villa Santa Maria, Roio, Rosello, Agnone sono le prime, tappe di un itinerario di oltre 500 chilometri (di cui oggi mappati 50) che offrono un’esperienza entusiasmante di scoperta storica, religiosa, paesaggistica e gastronomica.

“Lungo il Cammino di San Francesco Caracciolo intendiamo far camminare non solo le persone-turisti ma anche far circolare idee, esperienze, competenze che possano contribuire allo sviluppo integrale di meravigliose aree interne trascurate spesso dai grandi progetti", sottolinea Nicola Caracciolo di San Vito, ideatore, promotore e coordinatore del progetto:

 

CHI ERA SAN FRANCESCO CARACCIOLO


Nasce nel feudo paterno di Villa Santa Maria (Chieti) il 13 ottobre 1563, l’anno in cui si chiude il Concilio di Trento. Terzo rampollo di uno dei numerosi rami della potentissima famiglia dei principi Caracciolo, egli conduce la vita spensierata che il suo rango gli consente fino all’età di venti anni, quando contrae una grave malattia contagiosa.
Allora decide di farsi isolare in un sottoscala del palazzo di famiglia; ma proprio qui avviene la sua conversione del cuore, che lo porta a decidere, qualora fosse guarito, di consacrarsi a Dio e dedicarsi ai più bisognosi. La guarigione avviene miracolosamente ed egli lascia il piccolo borgo natìo per recarsi a Napoli, dove inizia a prestare servizio presso la Compagnia dei Bianchi di Giustizia a favore di poveri, malati e condannati a morte. Qui incontra casualmente il ricco e nobile genovese Agostino Adorno che lo coinvolge, insieme al consanguineo Fabrizio Caracciolo, a creare un nuovo ordine religioso: i Chierici Regolari Minori.
Il loro obiettivo era che questo Ordine mettesse insieme quanto di più bello la cristianità aveva prodotto fin dalle origini della Chiesa. Non ancora trentenne, Ascanio si trova a dover guidare da solo la nuova famiglia religiosa da lui fondata, essendo morto nel frattempo Agostino Adorno. Per tre volte nell’arco di venti anni si reca in Spagna, dove tra mille difficoltà fonda le prime comunità del nuovo Ordine.
Muore in odore di santità il 4 giugno 1608 ad Agnone, sulla via del ritorno a Napoli da un pellegrinaggio a Loreto. Viene canonizzato nel 1807 e proclamato nel 1840 compatrono di Napoli, città che è stata la culla del suo Ordine. Nel 1996 viene proclamato Patrono dei Cuochi.

 

Chi è Daphne blagayana? Un fiore raro della Val Tramontina  

 

daphne blagayana  Tramonti di Sopradaphne blagayana Tramonti di Sopra

E' stato scoperto nel 1989 dal naturalista Adrano Bruna e dal botanico prof. Livio Poldini che l'ha scientificamente certificata.  Trattasi di un fiore davvero raro. È la Daphne blagayana,  conosciuto in valle con il nome di rododendri blanc. Fiore appartenente alla famiglia delle Thymeleaceae e inserito nella lista rossa dei fiori protetti questo fiore in Italia cresce nel territorio di Tramonti di Sopra. Al di fuori dei confini nazionali si trova in alcune zone della Slovenia e in Bosnia.

Ringraziamo Roberto Zanette, un appassionato che ci ha scritto per correggere alcune imprecisioni che avevamo pubblicato in precedenza. 

Gli scopritori della Daphne Blagayana, il prof Soldini la indica con un bastoncino Gli scopritori della Daphne Blagayana, il prof Soldini la indica con un bastoncino

Conoscete il rati? Sapori solo per uomini forti?

rati rati

Alcuni dei nostri lettori ricorderanno sicuramente una radice invernale dal colore nero che si consumava durante il verno. Era di prammatica servirla sul desco il primo giorno di Quaresima come accompagnamento alla renghe(aringa). Sapori forti per uomini forti. Il suo nome furlano, al maschile singolare era rati, mentre il nome scientifico è Raphanus sativus niger. Abbiamo usato il tempo passato per la denominazione furlana perché questo ortaggio è quasi sparito dagli orti (i furlani, ormai, danno la preferenza alle orticole estive), ma anche dalle bancarelle degli erbivendoli più attaccati alla tradizione. Non abbiamo grandi documentazioni storiche sul rati.

Possiamo solo dire che nel catalogo di sementi divulgato dallo Stabilimento agro-orticolo di Udine nel 1864 si trova un "Ravanello nero tondo d'inverno" che sicuramente è il nostro. Nel Vocabolario botanico friulano del 1871 Giulio Andrea Pirona gli dedica questo breve lemma: "Si coltiva per mangiarne la radice, ch'è grossa, nera e di sapore leggermente piccante". Gli fa eco il Vocabolario friulano detto Nuovo Pirona del 1935: "Si mangia in insalata la grossa e tonda radice, di sapore piccante". Non è il piccante del peperoncino, è quel sapore "forte", non a tutti gradito, che caratterizza tante piante appartenenti alla famiglia delle Crocifere, dette anche Brassicacee (senape, rapa, ravanello, cavoli vari, cren, ecc.).
Forte e acre, tanto che rati era sinonimo di persona aspra, pungente, stizzosa, irosa. Quello di pensare subito alla suocera è uno stolido luogo comune. 

ratirati

Noi ricordiamo che veniva mangiato crudo, previo passaggio nel grat, condito con olio, pepe e sale. C'era chi lo mescolava alla brovada, pure essa cruda: nella miscela entrava nella percentuale di circa il 25%, ma i veri uomini potevano superare questa percentuale.Qualcuno preferiva mangiarlo cotto (lessato), sempre grattugiato e condito come sopra.

La sua coltivazione era diffusa, ma non tra i cargnelli (ora però i fratelli Marzona a Verzegnis lo hanno recuperato), perché nella Flora friulana dei Gortani (1906) si legge che è coltivato in Friuli fino alla regione submontana. Nel 1962 compare nel catalogo di sementi e piante della ditta F.lli Rizzardi che aveva sede in via Treppo 5 a Udine (lì dal Vescul); siamo, così, informati che "si semina a dimora in agosto-settembre, diradando poi se la nascita risultasse eccessivamente fitta". La varietà Nero rotondo d'inverno ha la buccia nera, rugosa e polpa bianca.
In triestino questa pianta se ciama rato, che pare proprio una triestinizzazione di rati, e comunque al plurale anche a Trieste fa rati.
Quanto alla origine linguistica si potrebbe pensare al tedesco Rettich, che vuol dire proprio rati.
Tutte notizie inutili, visto che il rati è scomparso dagli orti, dalle mense e dal primo giorno di Quaresima. Forse si trova in qualche centro commerciale, non so, quelli son luoghi che non frequento. Ho scritto queste righe come piccola rosta al diluvio di ricette che sommerge ormai ogni rivista.

Come fare le scarolelle 'mbuttunate

scarolelle legatescarolelle legate

Le scarolelle ‘mbuttunate, cioè imbottite, sono un delizioso piatto della tradizione contadina campana, ancora oggi servito come antipasto o contorno, soprattutto in occasione delle Festività. Un involtino dal ripieno saporito che, appena liberato dallo spago da cucina, sprigiona un profumo intenso e indimenticabile. È questo il momento in cui si gusta per davvero il buon odore del Natale, che per noi napoletani, a tavola, è sempre l’appuntamento con un sogno.

 scarole 'mbuttunatescarole 'mbuttunate


Ingredienti per 4 persone


8 cespi piccoli di scarola
* 6 cucchiai di pane grattugiato
* 100 g di olive nere
* 50 g di capperi dissalati
* 8 filetti di acciughe sott’olio
* 30 g di uva passa
* 30 g di pinoli
* 1 spicchio di aglio
* 6 cucchiai di olio extravergine di oliva
* pepe q.b.


Preparazione

  • Mondate le scarole eliminando le foglie esterne, lavatele bene sotto l’acqua corrente, eliminando poi l’acqua in eccesso.
  • Snocciolate le olive, mettete l’uvetta in ammollo in acqua tiepida e sciacquate i capperi per eliminare il sale in eccesso.
  • Lessate le scarole in poca acqua bollente per alcuni minuti, solo per renderle più tenere.
  • Con una schiumarola mettetele a sgocciolare nel colapasta e lasciatele raffreddare.
  • In una padella soffriggete uno spicchio di aglio con tre cucchiai di olio, aggiungete quattro cucchiai di pangrattato e fate rosolare, mescolando.
  • Preparate un trito con i capperi, le olive e le acciughe, unitelo al pangrattato, aggiungete l’uva passa ammorbidita, ovviamente senza il liquido, e i pinoli.
  • Cuocete ancora per qualche minuto; regolate di pepe e fate raffreddare.
  • A questo punto aprite con delicatezza le scarole, farcitele con il ripieno e chiudetele con lo spago da cucina.
  • In una padella scaldate tre cucchiai di olio, aggiungete le verdure, (le scarole sono sostanzialmente indivia), cospargete con il resto del pangrattato. 
  • Cuocete a fiamma bassa per circa 15 minuti, mescolando con delicatezza, fino a quando saranno leggermente rosolate.
  • Togliete lo spago da cucina e servite subito.

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  • È una ricetta che si presta a diverse varianti sia per le modalità di cottura (alcuni preferiscono non lessarle, altri scelgono la cottura in forno), sia nella scelta degli ingredienti; quelli che ho usato sono gli stessi che utilizzo per la preparazione della scarola in padella; qui, riuniti tutti insieme, danno vita a un piatto prelibato dal sapore intenso.
  • La ricetta è stata pubblicata nel numero di dicembre 2020 del mensile qbquantobasta. 

qbquantobasta dicembre  2020qbquantobasta dicembre 2020

E tu le sai fare le stelline dolci di Natale?

Biscotti di Natale PeruginaBiscotti di Natale Perugina

I biscotti natalizi sono il dolce ideale da condividere in famiglia, Le Stelline di Natale sono biscotti al burro preparati con il metodo classico, unendo farina, uova, zucchero, burro fuso, lievito e vaniglia. Grazie agli li stampini appositi prenderanno la forma di piccole stelle ma a renderli speciali è l’inconfondibile gusto intenso del Perugina GranBlocco fondente extra 50%, che con la sua facilità di scioglimento e lavorazione è perfetto a fine cottura per guarnire i biscotti. Tutte le ricette Perugina nascono e prendono vita alla Scuola del Cioccolato Perugina, a Perugia, dove i Maestri Cioccolatieri con passione, ogni giorno, offrono tutta la loro creatività ed esperienza nel mondo del Cioccolato. Il Maestro Cioccolatiere Alberto Farinelli svela la preparazione dei biscottti perfetti.

BISCOTTI NATALIZI AL CIOCCOLATO

Ingredienti


• 250 g farina
• 120 g zucchero
• ½ bustina lievito per dolci
• una bacca di vaniglia
• un uovo
• 120 g burro
• 90 g Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50%

 

Procedimento

Versate in una ciotola capiente la farina, lo zucchero, il lievito, i semi della bacca di vaniglia, l’uovo e infine il burro.

Amalgamate bene tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto omogeneo. 

Formate un panetto, copritelo con la pellicola e lasciatelo raffreddare in frigorifero per almeno 30’. 

Riprendete l’impasto dal frigorifero, ponetelo su una spianatoia infarinata e con il matterello tirate la pasta a uno spessore di 3-4 millimetri. 

Create dei biscotti con degli stampini o tagliapasta della forma che preferite, in questo caso a froma di stellina, e posizionateli sulla teglia ricoperta di carta da forno. 

Ponete in forno già caldo a 175 °C per 8-10 minuti o fino a quando i bordi dei biscotti saranno leggermente dorati quindi lasciateli raffreddare fuori dal forno.

 

Decorazione 

Sciogliete a bagnomaria o al microonde 90 g di Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50%.

Fate raffreddare il cioccolato mescolando fino a raggiungere circa 31 °C. 

Riempite una piccola sac à poche con punta fine e decorate i biscotti.

 

I blocchi di cioccolato Perugina GranBlocco nascono per essere protagonisti di creazioni che sanno distinguersi per qualità e gusto. Perugina GranBlocco è un cioccolato dall’alta versatilità: eccellente da gustare da solo, perfetto per essere utilizzato in più modi: dalle scaglie al fuso, facile da spezzare e con ottime capacità di sciogliersi e amalgamarsi con altri ingredienti.

Come si fa il salame di cioccolato?

salame di cioccolatosalame di cioccolato

I Maestri della Scuola del Cioccolato Perugina ci insegnano come creare pausa piena di gusto. con la ricetta del Salame al Cioccolato Fondente e Cacao, facile da porzionare e con una buona conservazione. Una ricetta smart de La Scuola del Cioccolato Perugina, grazie all’expertise del Maestro Alberto Farinelli. Un  giusto mix di Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50% e Perugina® Cacao Extra Dark, biscotti e nocciole tostate. In soli trenta minuti il dolce sarà pronto e non si dovrà neanche accendere il forno per la preparazione! 

Salame al cioccolato fondente e cacao 

 

Ingredienti

 

• 250 g biscotti secchi
• 100 g burro
• 70 g zucchero a velo
• 250 g Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50%
• 80 g nocciole tostate
• 20 g Perugina® Cacao Extra Dark

 

 Preparazione 

 

Sciogliete a bagnomaria o al microonde il cioccolato Perugina® GranBlocco Fondente, insieme al burro tagliato a dadini, aggiungete lo zucchero e il Perugina® Cacao Extra Dark.

Amalgamate bene il tutto.

Spezzettate grossolanamente i biscotti con le mani e sminuzzate le nocciole con il coltello, aggiungeteli al composto e amalgamate bene.

Versate il tutto sopra un foglio di carta da forno, e con le mani compattate il composto dando la forma di un salame.

Arrotolate la carta molto stretta fino ad avvolgerlo completamente.

Ripiegate i lati del foglio in modo da chiudere bene il salame e posizionatelo su un vassoio in frigorifero per qualche ora prima di servire.

Conosci le origini e la storia dei tortellini?

Tortellini ph. Angelo Muratore by wikipediaTortellini ph. Angelo Muratore by wikipedia

Appena alla fine dell’800 si chiuse la secolare disputa riguardo l'origine dei tortellini: Bologna o Modena? Fu indicata come patria del tortellino Castelfranco Emilia: si trovava in provincia di Modena, ma apparteneva alla diocesi di Bologna! Un'idea creativamente  balzana, nata per mettere pace fra i gastronomi, ma ovviamente senza alcuna documentazione storica. Meglio affidarsi allora allo storico Massimo Montanari che attesta l'origine medievale del tortello, come variazione delle torte farcite. 

Torta - tortello - torteletto - tortellino - turtlén a Bologna - turtléin a Modena

 

 

 

In una pergamena del XII secolo si legge: Tertia pars turtellorum monachorum est.Nel Trecento e nel Quattrocento i torteletti – diretti antenati del tortellino – erano presenti sulle tavole delle famiglie più abbienti, ovviamente con preparazioni abbastanza diverse dalle attuali.  Era il 1708 quando il menu del pranzo natalizio dei monaci di San Michele in Bosco (Bologna) cita una minestra di tortellini.

Ma il ripieno? Per tutto l'800 e fino ai primi decenni del '900 era obbligatorio inserire il midollo di bue (in base a una ricetta settecentesca del cuoco del vescovo di Imola). Ma che dice l'Artusi? Egli così stabilisce il ripieno dei tortellini (sarebbe "la ricetta definitiva", come si legge oggi sui blog): 30 grammi di prosciutto crudo, 20 grammi di mortadella, 60 grammi di midollo di bue, 60 grammi di parmigiano, un uovo, odore di noce moscata. "Con questa dose ne farete poco meno di trecento e ci vorrà una sfoglia di tre uova" afferma.  Nel 1974 la ricetta originale dei tortellini in brodo da parte della Dotta Confraternita del Tortellino e dell'Accademia Italiana della Cucina viene  depositata in Camera di Commercio di Bologna.

Diciamo subito che in mancanza di carne per brodo e del cappone natalizio, si possono cuocere anche in brodo di dado, MAI semplicemente in acqua, perchè si diluisce e quindi si perde buona parte del gusto del ripieno.  N.B La chiusura del tortellino è fatta intorno all’indice a Modena, e attorno al mignolo a Bologna.

Bevr'in vin. Nella bassa mantovana i tortellini vengono anche cotti in brodo di gallina o cappone e serviti in una scodella dove viene aggiunto del Lambrusco. 

bevr in vinbevr in vin

Ci sono le versioni di misura più grande, diventano allorra tortelloni o capppelletti; quelli con gli spinaci usati per colorare di verde la pasta sfoglia a Bologna sono chiamati Balanzoni.

La versione di dimensioni maggiori del cappelletto si chiama anche cappellaccio o tortello, può avere ripieno a base di ricotta, di ricotta con zucca, di ricotta con amaretto.

Gli anolini, tipici delle provincie dell'Emilia occidentale, non vengono ripiegati.
Per il ripieno numerose sono le ricette: ovviamente la sfoglia va sempre rigorosamente preparata a mano e tirata con il matterello.

Ma qui dobbiamo raccontarvi del brodo: 

A Modena il brodo è di gallina, preparato la mattina per essere consumato la sera.
A Bologna il brodo è di cappone e manzo, dove non deve mancare l’osso!   per saperne di più Breve storia del cappone natalizio

tortellini in brodotortellini in brodo

Nella foto il piatto della Trattoria del Borgo, di Monteveglio: Tortellini nel brodo buono (dalla prima bollitura di carni e verdure si ottiene il brodo buono, poi si rifà la pignatta con la stessa carne e le verdure fresche e si ottiene, più leggero, il cosiddetto brodo matto). 

Qual è il miglior Prosecco of the year

 

The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2020 premia come Miglior Prosecco 2020 il Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. Extra Dry 2019 Follador. Questo risultato è arrivato grazie a un grande lavoro di squadra che ha coinvolto tutta la nostra famiglia e rende omaggio alla tradizione storica che rappresentiamo - spiega Cristina Follador – sulla base di un sapere centenario abbiamo sperimentato tecniche di vinificazione innovative per esaltare ancor più la qualità dei nostri vini  secondo il nostro esclusivo Metodo Gianfranco Follador®.

 

Conoscete i biscotti letterari? Scopriteli da Eppinger!

biscotti letterari by Stagni- Eppingerbiscotti letterari by Stagni- Eppinger

Saba a colazione col caffelatte.  Svevo con il the del pomeriggio. Joyce dopocena con un vino da meditazione. Non sono i propositi di un lettore appassionato che vuole conoscere da vicino i grandi della letteratura triestina e quindi mondiale. Sono invece i propositi di chi ha ricevuto in dono o ha scoperto in pasticceria – Pasticceria triestina per eccellenza, cioè Eppinger - una
scatola di biscotti. Biscotti unici. Biscotti letterari. Frollin fragranti di ppochi e semplicci ingredienti, farina zucchero, burro e bacche di vaniglia. Un prodotto assolutamente originale, cioè nuovo come idea e format di prodotto, ma anche originale in quanto ogni biscotto, artigianalmente realizzato dal titolare Sebastiano Scaggiante, è diverso dall’altro. Ancora più originale e unico, se possibile, lo stampo in argento, le matrici, che il maestro orafo Maurizio Stagni ha ideato, per innserire il volto di Saba, Svevo e Joyce sul frollino.

 

Vi piacerebbe imparare a fare la Dobos o la Rigojanci, la Linzertorte e la pinza? Nel libro di qubì editore, oltre trenta ricette della pasticceria triestina e mitteleuropea fotografate e spiegate passo passo! Vai subito allo shop. 

 

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