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Ragoût per ravvivare il gusto

Ragu fatto in casa foto di Erika Trioschi via WikipediaRagu fatto in casa foto di Erika Trioschi via Wikipedia

#parolegolose. Un ragoût (dal 1990 ragout) è una preparazione culinaria francese definita come "una miscela di stufato di carne cotta a fuoco lento in una salsa". Così Wikipedia. 

Il nome deriva da goût «gusto» e dall'antico francese ragoûter con il significato di "far rivivere il gusto". o anche di "stuzzicare l'appetito".  Dal ragoût francese deriva già dall'età del Rinascimento il ragù della cucina italiana. 

 La semplificazione con l’accento tonico finale su “ragù”, per assicurarne la pronuncia alla francese, risale al secondo dopoguerra e ai successivi anni '50 e '60 del secolo scorso.  «Nessuno che sia venuto al mondo quando ragù si scriveva ancora ragoût può sostenere di essere giovane» scrive Beppe Severgnini in "Italiani si diventa”.  Durante il Ventennio,  con l'autarchia linguistica, il nome dal francese fu italianizzato in “ragutto” però con scarsi risultati nell'uso popolare. 

Altri ragù. In Canada viene preparato il ragoût de boulettes de pattes de cochon(Ragù di polpette e di zampini di maiale); in Svizzera il ragù di montone (ragoût de moutons). Equivale al tedesco Schweinepfeffer, al belga waterzooï all'ungherese pörkölt.

Poi c'è o' rraù napoletano, ma a quello dedichiamo un post a parte. 

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Sac à poche tasca del pasticcere

sac à poche o pastry bag - oksaysac à poche o pastry bag - oksay

#parolegolose. Sac à poche Recipiente di tela a forma di imbuto che, riempito di creme, salse, mousse, viene usato da pasticcieri e cuochi per decorare vivande dolci o salate oppure per dare una particolare forma a determinate preparazioni.

Barba di frate, senape dei monaci, lischi, roscani: insomma cosa sono gli agretti?

agrettiagretti

Gli agretti, noti con nomi diversi nelle varie regioni italiane, sono le tenere piantine della Salsola soda e sprigionano a tavola tutta l’energia della primavera, ricchissimi di sali minerali, di proprietà depurative e utilissimi ad attivare il metabolismo durante il cambio di stagione.
Dal sapore leggermente acidulo e dalle foglie che ricordano quasi quelle dell’erba cipollina, gli agretti rivelano dopo la cottura, il loro caratteristico sapore e sono ideali, per essere inseriti nell'alimentazione detox e a basso conenuto calorico. Diuretici e depurativi, tonici e rinfrescanti, se consumati ogni giorno, per almeno un mese, aiutano a ridurre i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue facilitando l’eliminazione delle tossine.
Ma sapete come scegliere e cucinare gli agretti?

La vostra dadolata è proprio mirepoix?

Mirepoix by my gourmet connectionMirepoix by my gourmet connection

#parolegolose. Mirepoix. Qualche volta è necessario tornare ai fondamentali. E il mirepoix (o la mirepoix, in francese è maschile, ma in italiano spesso lo citiamo al femminile) è uno di questi.  Potremmo assimilarlo al nostro basilare soffritto, ma frequentemente il rapporto più stretto ce l'ha con quella che chiamiamo dadolata (guarnizione per pietanze in cubetti di circa mezzo cm di lato). E nelle cucine di casa sua (la Francia) sta fra julienne e brunoise

Mirepoix è il termine tecnico in lingua francese per indicare un battuto di taglia media di verdure. Generalmente si riferisce a un misto di cipolle, carote e sedano tagliati a piccoli cubetti - se raggiungete la perfezione di 1 x 1 cm di lato - che può essere crudo, soffritto, saltato con un grasso o arrostito.  Una preparazione inventata dal cuoco personale del Duca di Lévis-Mirepoix, nel XVII secolo.

In seguito Joseph Favre, usò il termine Mirepoix nel Dizionario Universale di Cucina, per indicare il battuto di carote, cipolle, prosciutto ed erbe aromatiche usato per insaporire i brasati di carne. Nella cucina francese ne esistono due versioni: au maigre fatta con sole verdure e usata per preparazioni con crostacei o pesci, au gras con aggiunta di lardo, pancetta o prosciutto crudo.

Preparazione. Si tagliano le verdure con il coltello e, in genere, si fanno soffriggere in un poco d'olio. Come grassi si possono usare anche il burro, il lardo, la pancetta. La mirepoix è considerata la base necessaria per zuppe, minestre, spezzatino, pesce e salse.

 

Le verdure tagliate a mirepoix possono essere consumate crude in insalata oppure cotte, per esempio in un risotto, in  minestre o in torte salate.

Le proporzioni base: un rapporto 2:1:1 di cipolla, carota e sedano. Si possono effettuare delle sostituzioni alle verdure: alla cipolla possiamo preferire dello scalogno oppure del porro, che fanno parte sempre della stessa famiglia di ortaggio, ma, come ben sapete, dal sapore più intenso e particolare.

Altri nomi e varianti. I francesi emigrati in Luisiana, hanno creato una mirepoix con sedano, cipolla e peperone verde conditi con qualche goccia di succo di limone (nome: Trinità Santa). 

In Polonia ai tre prodotti principali viene aggiunto del cavolo cappuccio.

La Mirepoix portoghese si chiama refogado ed è composta da una base di cipolla, pomodoro e aglio.

l mix di sapori utilizzato deve esaltare e sottolineare il gusto e i sapori delle ricette in cui viene impiegato.

Per un ragù vegetariano bisogna prima di tutto pulire e tagliare le verdure. Con un pelapatate sbucciate le carote.  Su un tagliere tagliate le carote in pezzi lunghi circa 10 centimetri, quindi tagliatele a fette spesse circa 4 o 5 millimetri, poi a bastoncini applicando lo stesso spessore. Da tutti i bastoncini di carota selezionate solo quelli molto regolari, uniteli nel senso della lunghezza, pareggiate le punte con il lato del coltello e tagliate tutti i bastoncini in cubetti regolari. Procedere in questo mondo anche per la cipolla e il sedano.

Una volta tagliati tutti i cubetti di verdura in modo regolare ed eliminati quelli che non presentano la forma o la dimensione voluta (i cubetti di verdura devono essere della stessa dimensione perché solo in questo modo possono cuocere in modo uniforme)  passate alla tostatura o rosolatura delle verdure (la padella utilizzata deve essere prima portata a temperatura, intorno ai 160 °C). 

 

 

Quando è nata la forchetta, perchè si chiama così?

Forchette in bronzo conservate al Museo di Torcello. Festival del Medioevo. Wikipedia.Forchette in bronzo conservate al Museo di Torcello. Festival del Medioevo. Wikipedia.

#parolegolose. Forchetta. Nulla sembra più semplice, a noi italiani, che puntare una forchetta nel piatto e arrotolare gli spaghetti. Ma ci sono voluti secoli, diciamo pure almeno un millennio, per arrivare alla semplicità di questo gesto. Sembra appurato che la prima persona a usare una forchetta in Italia sia stata una donna, la principessa bizantina Maria Argyropoulaina, nel pranzo nuziale del suo matrimonio  con il figlio del Doge  Orseolo II. Era il 1003. Si trattava di una forchetta d'oro a due rebbi, non molto apprezzata dai commensali, che anzi si scandalizzarono del gesto, ma lei impavida continuò a servirsene negli anni successivi, infilzando i pezzetti di cibo che si faceva precedentemente tagliare dagli eunuchi.

(Nella Roma del Tardo Impero la ligula o lingula a due rebbi era usata solo per mangiare i datteri o piccoli dolci al miele. Per portare i pezzi di cibo alla bocca i Romani usavano il coltello). 

Il ritardo nell'uso dell'utensile da cucina nei patri lidi è anche da imputare al monaco Pier Damiani che la considerava opera diabolica e ne sconsigliò l'uso ai cristiani. Del resto forchetta deriva proprio da forca. Di fatto la forchetta fu a lungo vietata nei conventi. Ma la si intravede in quest'opera del 1505 San Benedetto a tavola con i suoi monaci

San Benedetto a tavola con i suoi monaciSan Benedetto a tavola con i suoi monaci

Conoscete le busiate?

Busiate pasta trapanese fatta in casaBusiate pasta trapanese fatta in casa

Tra le centinaia di formati di paste italiane, oggi vi vogliamo raccontare delle busiate, tipiche della zona del Trapanese.  Si tratta di una sorta di maccheroni che vengono attorcigliati intorno a un apposito ferro creando la classica forma a spirale. Il nome “busiata” deriva dal termine dialettale “buso” che può indicare sia il ferro con cui ancora oggi si lavora la maglia per realizzare prodotti artigianali in lana o cotone, sia uno stelo sottile della disa una sorta di giunco che i contadini utilizzavano per legare i fasci di spighe.

Per preparare le “busiate” si utilizzano solo tre soli ingredienti: farina di semola di grano duro rimacinata, acqua e sale.L’utilizzo della farina di semola di grano duro garantisce la giusta ruvidità all’impasto rendendo la pasta adatta ai diversi condimenti.

Il sugo ideale per condirelle è il pesto alla trapanese, ma vanno benissimo anche il ragù di carne, sugo di carciofi o con pesce spada e melanzane e alla marinara con gambero rosso di Mazara del Vallo e vongole. Ecco come preparare le "busiate".

Che cos'è il roux e chi l'ha inventato?

Roux bianco. by Roger469Roux bianco. by Roger469

#parolegolose. In questo periodo in cui tutti seguiamo indicazioni e ricette dobbiamo conoscere almeno i fondamentali. E un fondamentale è certamente il roux  (pronuncia ru). Trattasi di un composto che funge da base legante o addensante per salse, sughi, vellutate e minestre. Si ottiene miscelando una parte di farina (o amido di mais, cioè maizena) con una parte - di uguale peso -  di burro fuso, preferibilmente chiarificato, o altro tipo di grasso (olio, margarina o strutto).

Il composto necessita di cottura per un tempo che varia da pochi minuti a circa mezz'ora. Necessaria un'azione regolare di mescolamento del composto durante la cottura stessa in modo che diventi liscio, viscoso, senza grumi.  

Quando è nata la meringa?

meringhe alla francese foto Michela Urbanomeringhe alla francese foto Michela Urbano

Breve storia delle meringa. Come nacque questa fantastica, friabile, spumosa unione tra albume e zucchero? Tutto ebbe inizio, secondo i più,  a Meiringen, nella valle dell’Haslital, nel XVIII secolo, nel piccolo laboratorio del pasticcere Gasparini (di probabili origini italiane), che fu poi chiamato alla corte del re di Polonia Stanislao Leszczynski. La figlia del re polacco, divenuta in seguito moglie di Luigi XV, re di Francia, fece conoscere le meringhe alla corte di Versailles. Il dolce si diffuse rapidamente in tutta Europa, in Germania con il nome di vento spagnolo e in Inghilterra con il nome di kiss.

Conoscete il profumo della violetta?

VioletteViolette

 

"Piccola, delicata, colorata e odorosa, la violetta è stata, insieme alla rosa e al gelsomino, tra le prime essenze floreali a essere studiate dai chimici. L’essenza naturale, l’assoluta, ha una resa bassissima e quindi è molto costosa; bisognava capire e carpire il segreto del suo odore, molto apprezzato dalle donne di fine '800. In quegli anni i chimici della Haarmann&Reimer, riuscirono a identificare la molecola responsabile dell’odore di violetta ma, nonostante i loro sforzi, i composti che sintetizzavano non risultavano odorosi. Un giorno gli oggetti in vetro usati dai ricercatori per gli esperimenti furono raccolta da un tecnico di laboratorio che provvide al loro lavaggio usando acido solforico diluito: all’improvviso in tutto il laboratorio si senti un potente odore di violetta: i ricercatori avevano identificato gli Iononi.
Tre molecole isomere, alfa, beta e gamma ionone (in base alla posizione del doppio legame nell’anello aromatico): l’alfa ionone è floreale intenso, potente e diretto, il beta ionone è quello che più si avvicina al delicato odore di violetta; l’isomero gamma tende ad avere piú sfumature ambrate e legnose.
Il primo profumo a utilizzare gli iononi fu Vera Violetta (1894) di Roger&Gallet: si ritrovano in Chanel 19 e nell’Air du Temps di Nina Ricci, in  Iris Silver Mist di S. Lutens, Iris Poudrè di Malle." (Roberto Dario, Profumiere). 

Oltre a essere un componente essenziale di molte fragranze, la violetta è un odore che caratterizza il bouquet di moltissimi vini. Infatti gli iononi sono presenti in tutti i vini rossi e sono facilmente percepibili in quanto presentano una soglia olfattiva bassa. La lista di vini che presentano questo sentore è quindi molto lunga, ma possiamo citare alcuni Bordeaux, Barolo.

E' possibile imparare a riconoscere questo profumo con Aromi del Vino Rosso. Scopri QUI come allenare l'olfatto alla degustazione 

Conoscete il Prosekar?

Il costone carsico in un'immagine d'epocaIl costone carsico in un'immagine d'epoca

Prosekar è uno spumante prodotto con metodo ancestrale, cioè antico. Quello che alcuni chiamano vino “col fondo” e che diventa più limpido o velato secondo il metodo di filtrazione usato. Un  vino che sta vivendo una vivace rinascita grazie alla passione e all’attenzione di una nuova generazione di vignaioli. Ne abbiamo giù scritto aul numero di dicembre 2018 del nostro mensile cartaceo. Lo avevamo assaggiato e apprezzato in varie declinazioni alla Serata Carsica conclusiva dell’evento Okusi Krasa Sapori del Carso da Krizman a Monrupino, dove era stato presentato da Alessio Stoka, presidente dell’Associazione creata nel 2017 per il Prosekar(termine che in lingua slovena significa “di Prosecco”) /nella foto qui sotto con Aurora Endrici presentatrice della serata. 

Sabato 14/12/2019 alle 16:15 DEGUSTAZIONE GUIDATA GRATUITA DEI PROSEKAR AUTOCTONI a Miramare nella sede Bioma con la presenza dei produttori.  L'evento è organizzata dal GAL Carso – LAS Kras e dal Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare, in collaborazione con diversi partner tra cui la sezione ONAV di Trieste. Noi di qbquantobasta saremo presenti a questa imperdibile opportunità. #èperlavoro #ociseioseguiqb

Già nel 1873 in Umno kletarstvo- Le buone pratiche vinicole Josip Vošnjak descrive il metodo di produzione fatto di frequenti travasi del mosto ancora non completamente fermentato di varie qualità di uva bianca tra cui di fondamentale è l’autoctona Glera.  Da alcuni anni il Prosekar sta vivendo sul Carsouna vivace rinascita grazie all'attenzione e alla passione di una nuova generazione di vignaioli che con entusiasmo e consapevolezza ha scelto di riprendere la coltivazione dei vigneti abbandonati. È un vino spumante dolce, un assemblaggio di tre autoctoni: Vitovska, Malvasia e Glera. Assoc. Prosekar, Prosecco – Prosek 2 34151 Trieste. 

A questo link anche l'elenco dei produttori Conoscete il Prosekar metodo ancestrale?

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Natura in posa: che cos'è la natura morta?

Attribuito a Jan van den Hecke, Natura Morta con frutta 1650-1660Attribuito a Jan van den Hecke, Natura Morta con frutta 1650-1660

Prima tappa di un progetto promosso dalla Città di Treviso e Civita Tre Venezie, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna, è la mostra NATURA IN POSA. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna in dialogo con la fotografia contemporanea, in programma dal 30 novembre 2019 al 31 maggio 2020, al Complesso di Santa Caterina a Treviso.

L’esposizione documenta come il soggetto della Natura morta si sia sviluppato tra la fine del Cinquecento e lungo tutto il XVII secolo a livello europeo, attraverso 50 capolavori presentati per la prima volta, in Italia. L'esposizione, curata dalla veneziana Francesca Del Torre, ci invita a guardare sotto una nuova luce uno dei generi più suggestivi della pittura europea. Con opere di Francesco Bassano, Jan Brueghel, Pieter Claesz, Willem Claesz Heda, Jan Weenix, Gerard Dou, Evaristo Baschenis, Gasparo Lopez dei Fiori, Elisabetta Marchioni.

Il percorso, al tempo stesso tematico e cronologico, muove i primi passi dalla seconda metà del Cinquecento, con un'accurata selezione di scene di mercato e rappresentazioni delle stagioni di Francesco Bassano e di Lodovico Pozzoserrato, ancorando solidamente il tema nel contesto geografico del Veneto.

Jan Brueghel il Vecchio, Mazzo di fiori in un vaso blu, 1608 circaJan Brueghel il Vecchio, Mazzo di fiori in un vaso blu, 1608 circa

Il confronto con i mercati fiamminghi di Frederik van Valckenborch e Jan Baptist Saive il vecchio conduce il visitatore Oltralpe. È qui soprattutto, nel contesto geografico, culturale e politico dei Paesi Bassi, che tali creazioni si perfezionano e specializzano, declinandosi in alcune categorie, come le nature morte scientifiche con i mazzi di fiori, le vanitas o allegorie della caducità, le tavole apparecchiate, le nature morte religiose, le scene di caccia. Artisti quali Jan Brueghel, Pieter Claesz, Willem Claesz Heda, Jan Weenix, Gerard Dou realizzano capolavori che incantano per fasto, creatività e perfezione di esecuzione. Un gruppo di nature morte italiane illustra, poi, attraverso le opere di Evaristo Baschenis, Gasparo Lopez dei Fiori, Elisabetta Marchioni la diffusione del genere nei vari centri artistici a sud delle Alpi.

Anonimo, Natura morta con frutta 1740-1750 circa Anonimo, Natura morta con frutta 1740-1750 circa

Completa la mostra la sezione, a cura di Denis Curti, dedicata alla fotografia contemporanea che testimonia come il tema della natura morta sia presente negli scatti di alcuni degli artisti più importanti e celebrati a livello internazionale.

Il termine Natura morta, nato in Francia nel Settecento e poi adottato anche in Italia, indica una categoria di opere d’arte che ha come soggetto scene di mercato e di cucina, mazzi di fiori, frutta, tavole apparecchiate, strumenti musicali, accessori per la caccia. La cultura “nordica” descrive tali composizioni con il titolo di still leffen – still leben e still life in tedesco e in inglese – a significare pitture che ritraggono oggetti immobili (still) al naturale. Il termine nordeuropeo mette inoltre in rilievo la dimensione contemplativa di queste rappresentazioni che invitano lo spettatore alla meditazione sulla caducità delle cose umane.

Orari: Da martedì a venerdì 9.00 – 18.00

Sabato e domenica 10.00 – 19.00

Lunedì chiuso

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Conoscete il Prosekar metodo ancestrale?

Il 9 novembre 2019 dalle 19 alle 22 presentazione e degustazione dei vini spumanti Prosekar, prodotti con metodo ancestrale. Con la partecipazione di 10 produttori locali e in collaborazione con i Sapori del Carso-Okusi Krasa organizzati dalla SDGZ-URES Unione regionale economica slovena, che presenterà piatti del territorio pensati appositamente per essere abbinati al vino Prosekar.

Un bicchiere di ProsekarUn bicchiere di Prosekar
Dove? Alla Casa del Prosekar a Prosecco,nei pressi della chiesa.  In apertura di serata presentazione del video “Prosekar” di Nebojsega. Dai terrazzamenti tra Carso e mare, un bicchiere pieno di storia!

Ecco la lista completa dei 10 produttori, di cui gli ultimi tre sono new entry: 1. MARKO RUPEL 2. IGOR VODOPIVEC 3. DAVORIN DANEU 4. ANDREJ BOLE 5. ŽARKO BUKAVEC 6. ALESSIO ŠTOKA 7. VALENTIN JURETIČ. Hanno presentato i loro Prosekar per la prima volta: 8. MILOŠ ŠKABAR 9. DEJAN ŠEMEC 10. KATRIN ŠTOKA

Conoscete la Vernaccia nera? A Serrapetrona appassimenti aperti

Serrapetrona piazza Santa MariaSerrapetrona piazza Santa Maria

Nelle domeniche del 10 e del 17 novembre a Serrapetrona (Macerata) degustazioni e visite in cantina per conoscere la Vernaccia nera  direttamente nei luoghi di produzione. Un evento organizzato dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, dedicato alla valorizzazione del vitigno autoctono nelle sue due espressioni: la Vernaccia di Serrapetrona docg e il Serrapetrona doc. Un'opportunità per scoprire gli “appassimenti”: in questi suggestivi spazi le uve vengono conservate dopo la vendemmia e impiegate via via nella lavorazione in procedimenti lunghi e complessi. La tecnica antica dei grappoli appesi è da sempre uno degli aspetti più affascinanti di Appassimenti aperti.

Serrapetrona appassimenti apertiSerrapetrona appassimenti aperti

Una produzione che vanta diversi primati: prima docg delle Marche edun legame così stretto con il territorio da rendere il vino da Vernaccia nera il prodotto tipico per eccellenza: “Tutto il procedimento – spiega Alberto Mazzoni, direttore di Imt –, dalla coltivazione all’imbottigliamento, viene mantenuto in questa piccola zona del Maceratese (70 ettari vitati), dando vita a vini unici, non riproducibili altrove, che meritano di essere apprezzati nei luoghi di produzione. Con questa filosofia è nata Appassimenti aperti”.

Con tracce che arrivano fino al XV secolo, la Vernaccia racconta una storia antica e oggi raggiunge una nuova maturità grazie al lavoro dei produttori che alla voglia di esaltare la tradizione uniscono quella di sperimentare nuove strade. Ecco le cantine protagoniste di Appassimenti aperti 2019, impegnate nell’organizzazione dell’evento insieme con l’Amministrazione comunale: l’Azienda agricola Alberto Quacquarini, Cantine Fontezoppa, Terre di Serrapetrona, Podere sul lago e Vitivinicola Serboni.
È grazie al loro lavoro se oggi questa produzione riesce ad esprimere una grande versatilità e ad accompagnare ogni occasione dove il gusto della cucina italiana è protagonista. Le bollicine rosso rubino della docg sono perfette accanto ai dolci della tradizione; la versione secca si sposa con formaggi e salumi ma è sempre più apprezzata per accompagnare tutto il pasto, accanto a sapori corposi. Il Serrapetrona doc, vino fermo, è ottimo con salumi e antipasti in genere, primi piatti saporiti, carni rosse, al forno e alla griglia, formaggi stagionati. A legare questa varietà, i sentori speziati e minerali tipici del vitigno.

Nelle due domeniche di Appassimenti aperti i visitatori potranno godere anche di un paesaggio d’incanto, dipinto dalle calde cromie autunnali, e conoscere un territorio ricco di risorse naturalistiche e culturali. Da visitare a Serrapetrona Palazzo Claudi, la Chiesa di San Francesco che conserva capolavori come lo splendido Polittico di Lorenzo d'Alessandro e la Chiesa di Santa Maria di Piazza, riaperta lo scorso anno dopo il sisma e tornata a vivere come deposito attrezzato per le opere d’arte provenienti dai luoghi di cultura inagibili.

 

Appassimenti aperti  Domenica 10 e domenica 17 novembre 2019
Serrapetrona (Macerata)
web: www.appassimentiaperti.it

 

 

Qual è il miglior formaggio aromatizzato italiano?

Italian Cheese Awards 2019Italian Cheese Awards 2019Il formaggio aromatizzato migliore d’Italia nella categoria caseifici è trevigiano. Emanuela Perenzin di San Pietro di Feletto (TV) sale sul podio dell’Italian Cheese Awards per il terzo anno consecutivo. Con un omaggio allo scienziato e agronomo veneto Luigi Manzoni.  Dopo la recente medaglia d’oro per il Bufala al Glera al World Cheese Awards di Bergamo, la Latteria Perenzin conquista il gradino più alto del podio nella Categoria Aromatizzato all’Italian Cheese Awards di Veronafiere. Italian Cheese Awards è l’Oscar, assegnato annualmente, ai migliori formaggi prodotti con latte 100% italiano. Quattro mesi di selezioni dove sono stati degustati e valutati più di 1400 formaggi da una giuria composta da esperti e operatori del settore.

Con questa vittoria la Latteria Perenzin rende omaggio a Luigi Manzoni: l’Anniversary Bianco - il formaggio biologico affinato al Manzoni Bianco - è stato, infatti, creato lnel 2018 in occasione del 50° anniversario della scomparsa dell’illustre scienziato veneto, pioniere negli anni '30 del Novecento degli esperimenti genetici sulla vite in provincia di Treviso, celebre per aver creato i vini che portano il suo nome. Anniversary Bianco fa parte del "Progetto Manzoni": un fil rouge che unisce la storia e il lavoro dell'enologo Luigi Manzoni alle tecniche tradizionali dell'arte casearia dell'ubriacatura, sviluppate dalla latteria di San Pietro di Feletto a partire da Valentino Angelo Perenzin che è vissuto nello stesso periodo.

Il 70% dei formaggi Perenzin è  biologico. 

 Anniversary di PerenzinAnniversary di Perenzin

“La qualità del latte e dell’uva, il lento processo di affinamento che è anche il segreto del nostro caseificio, l’unicità della nostra microflora che risale agli anni ’50 del 1900, il sentore profumato, ma non invasivo, adatto sia alla cucina tradizionale sia alla contemporanea, sono le caratteristiche di questo formaggio realizzato da Luca Longo, il nostro casaro, e da Matteo Piccoli, responsabile delle ubriacature. Ci tengo a sottolineare che questo risultato è il frutto di un grande lavoro di squadra. Determinante è stato l’apporto di tutti quelli che ogni giorno si dedicano con passione a far crescere la nostra azienda e che hanno contribuito a ottenere un prodotto buonissimo». Parola di Emanuela Perenzin. 

 Anniversary bianco e Veto 2014Anniversary bianco e Veto 2014

ANNIVERSARY BIANCO - Prodotto con latte biologico pastorizzato di vacca veneto, stagionatura 10 mesi, affinato con vinaccia di Incrocio Manzoni Bianco 6.0.13 biologico Case Paolin. Contraddistinto da una elegante texture, solubile e corposa, dolce, con delicati ricordi di burro e caramello tostato, aromi fruttati dati dal vino, con risultato finale di armonia e persistenza.

 

Conoscete la carne Wagyu Miyabi?

Waygu Miyabi a Il vostro EdenWaygu Miyabi a Il vostro Eden

Se anche tu sei cresciuto a “pane e manga” giapponesi negli anni '80, se adori l'Oriental Fashion e sfoggi lungomare kimono di seta, se sei innamorata del Japonisme parigino, se ami l'eccellenza in tavola, ecco l'appuntamento a cui non puoi assolutamente mancare! Il 27 ottobre: Wagyu Miyabi MASTERCLASS con Paolo Tucci, dalle 17.00 alle 19.00 da Il Vostro Eden in Viale XX Settembre a Gorizia. La carne Wagyu Miyabi di Kyoto è una delle migliori del Giappone e nel mondo. Letteralmente Wagyu significa “manzo giapponese” e identifica una specifica razza di bovini contraddistinta da una carne particolarmente marezzata e pregiatissima. “Dalla straordinaria morbidezza: i grassi monoinsaturi quali l'acido oleico la rendono
infatti molto tenera e salutare rispetto a moltissime carni d'allevamento occidentale”- ci racconta Paolo Tucci, direttore Commerciale di Wagyu Company, azienda importatrice e, possiamo dire, divulgatore culturale di questo prodotto. “La texture è caratterizzata da striature di grasso che, alla vista, ricordano quelle del marmo rosso. Il punto di fusione di questa carne è 28 gradi perciò può letteralmente sciogliersi in bocca, mentre l'aroma unico, con note di dolcezza, evoca le nocciole.”- continua.“
Gli animali vengono allevati per 3 anni in una fattoria giapponese nutriti a grani ed erba timotea, un'erba amara del luogo, bevono solo acqua di una fonte profonda 150 metri, purissima e dolce che conferisce alla carne il sapore così caratteristico e speciale.”
Ma che cosa porta Paolo Tucci da Milano a Gorizia? "Mi porta a Gorizia il progetto di Lara e Adriano de Il Vostro Eden – ci dice – un magnifico progetto di approfondimento della cultura giapponese in una terra, quella goriziana e del Friuli Venezia Giulia, celebre per la produzione enologica di alta qualità che fa da sfondo a tutta la sua cucina regionale e al territorio stesso”.

Il 27 ottobre potrete quindi scoprire ogni dettaglio organolettico della carne Wagyu Miyabi di Kyoto, ascoltare Paolo Tucci che la conosce meglio forse di chiunque altro e soddisfare ogni vostra curiosità su di un prodotto così raro, squisito e prezioso. E non mancherà il Sake! 

articolo pubblicato sul numero di ottobre 2019 del mensile di gusto e buongusto qbquantobasta 

ps: errata corrige: il nome dello chef è Adriano e non Alberto come erroneamente indicato nella dida sotto la foto

Amanti della birra conoscete il luppolo?

LuppoletoLuppoleto

Lo sapevate che molte delle patologie che colpiscono la vite si attaccano anche alle piante di luppolo? Si riassume nel concetto di biodiversity care (cura della biodiversità) tutto
ciò che viene introdotto nel luppoleto come piante, insetti, funghi naturali e microorganismi per dare equilibrio sanitario alla pianta. Perfino lo sfalcio alternato dell’erba tra i filari (i cosiddetti corridoi vegetali) garantisce l’ecosostenibilità grazie al passaggio di essenze e insetti da un punto all’altro della piantagione; essi contrastano le patologie dannose per le piante e sono bioindicatori naturali dell’andamento di questi agroecosistemi.
Il tipico luppoleto è costituito da piantagioni con lunghi filari che si sviluppano in verticale fino a 6-8 metri di altezza, che riescono a crescere fino a 10-12 cm al giorno (avete letto bene!). La bellezza della pianta risiede in quei simpatici coni verdi a forma di pigna che, a seconda della varietà (ce ne sono circa 150!!), sono più o meno allungati, più o meno ciccioni, più o meno profumati, più o meno resinosi grazie alla presenza di una polvere, resinosa appunto, di colore giallastro (luppolina) che è ricca delle sostanze amaricanti e aromatiche.

Nella produzione della birra, se introdotto in fase di bollitura, il luppolo conferisce l’amaro, volto a contrastare la “dolcezza” del malto; aggiunto in momenti successivi (e in tal caso parliamo di dry hopping), serve ad apportare aromi e profumi che, a seconda della varietà, possono essere agrumati, floreali, fruttati, resinosi o erbacei. Un mondo fatto davvero di tante sfumature.
Ben più delle canoniche cinquanta. 

E' il tempo di Raccogliere i coni di luppolo, che proprietà hanno?

Coni di luppolo pronti per la raccoltaConi di luppolo pronti per la raccolta

Complice una piacevole visita a un piccolo luppoleto locale e qualche ricerca da autodidatta, eccovi qualche notizia sul profumatissimo luppolo.
1. Lo sapete che il luppolo è un “arbusto sessista”? Si sviluppa solo dalle piante femminili, mentre i maschi servono solo nel momento in cui si voglia studiare qualche nuovo ibrido. Mescolandosi in campo maschi e femmine combinerebbero un bel pasticcio insomma. Motivo per cui le piante sono tutte riprodotte per innesto e non per semina.

2. Quando il luppolo veniva raccolto a mano, era comune osservare disturbi mestruali nelle donne che si occupavano del raccolto: al suo interno vi sono infatti principi estrogenici venuti alla luce solo negli anni Cinquanta del secolo scorso.

3. I capelli sono un problema? Niente paura: birra e infusioni di luppolo venivano usate in tutta l’area germanica, ma anche nei paesi arabi e in India per curare il cuoio capelluto preservandolo anche dall’alopecia. Provateci! Al massimo vi sarete fatti una birretta.

4. Siete particolarmente ansiose, stressate e agitate? Sappiate che il luppolo ha diversi effetti benefici soprattutto sull’umore, possiede miracolosi effetti calmanti e ha potere digestivo e depurativo.

5. E, udite udite, ha anche proprietà ipno-induttive. Se vi chiedete perché, la risposta è che fa parte della stessa famiglia della Cannabis!

6. Al tempo dei Romani veniva mescolato per aromatizzare le bevande con diverse erbe come rosmarino, mirto, maggiorana, menta e perfino fieno. Ma è solo negli ultimi 500 anni che è entrato a fare parte degli elementi cardine per la produzione della birra.

7. Quanto al nome scientifico, humulus lupulus, parrebbe che humulus derivi dal fatto che predilige i luoghi di terra umida e che lupulus si riferisca allo strano comportamento della pianta che strangola il suo tutore così come un lupo farebbe con la pecora sua preda.

 Luppoleto in Alta BavieraLuppoleto in Alta Baviera

In Italia non vi è tradizione agricola di questa pianta. La stessa tradizione birraria è storia recente e solo grazie all’aumento della produzione di birra alcuni lungimiranti imprenditori agricoli hanno dedicato parte delle loro campagne alla sua coltura.

Quali sono i migliori mieli 2019 della regione FVG?

Il 29° Concorso regionale mieli Città di Pantianicco svoltosi nell'ambito del programma di attività dedicate al mondo agricolo della 50/sima Mostra regionale della Melae organizzato in collaborazione con il Consorzio Apicoltori della provincia di Udine, l’A.R.P.A FVG e il CREA, nonostante l’annata pesante per gli apicoltori, ha visto la presenza di ben 67 campioni, suddivisi nelle categorie Acacia, Tiglio, Castagno, Millefiori, Millefiori di alta montagna, mieli particolari. La Commissione giudicatrice, composta da assaggiatori provetti iscritti all’Albo nazionale degli Esperti in analisi sensoriale del miele, per la "categoria Millefiori” ha assegnato la medaglia d’oro a Christian Revelant di Primulacco-Povoletto (Ud). Per la “categoria Millefiori di montagna” primo posto all’Azienda Agricola Andrea D’Orlando di Villa Santina (Ud) e al secondo l’apicoltore Gabriele Durì Gabriele, di Buttrio (Ud). Nella "sezione Castagno" si è imposta l’Apicoltura di Maroncelli Emiliano di Cavazzo Carnico (Ud). Nella "categoria mieli particolari” ad aggiudicarsi il primo posto è stata l’azienda agricola Il Miele di Zora di Codroipo (Ud), con il miele di Tiglio e Castagno. 

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