Il gho tende al colore leonato
Nel 1570 fu stampata a Venezia “L’Arte del cucinare” di Bartolomeo Scappi, cuoco di Papa Pio V, ma di sicure origini venete, per i termini usati nel libro, i riferimenti a cose e persone, nonché alle preparazioni culinarie. Sue sono fra le prime notizie sull’uso dei go’ in cucina. “Il gho è un pesce tondo et liscio senza scaglia e tira al colore leonato se ne pigliano molti tra Chiozza e Venetia…. Vuol essere cucinato fresco percioche presto si corrompe. Li pescatori da Chiozza, et venetiani li cuociono alle bragie et anco ne fanno potaggio con malvagia et acqua, et un poco d’aceto e spetierie veneziane, e si friggono in oglio come gli altri, et si servono caldi con sugo di melangole sopra”.
Il go’ non era in ogni caso un pesce particolarmente ricercato, se non nelle zone lagunari di produzione, dove da piccolo (goatta) viene usato vivo come ottima esca nella pesca con la lenza del branzino e soprattutto del rombo. Da alcuni anni viene quindi proposto regolarmente vivo come esca in molte pescherie ed in negozi specializzati e la domanda sostenuta di cui è stato oggetto ne ha determinato uno sovrasfruttamento con evidente diminuzione delle taglie medie.
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