Scritto da Fabiana Romanutti il . Pubblicato in Pesce.

fumo trota

Tutto un altro fumo!


Walter Brisinello, Mauro Pighin

Per conservare gli alimenti, indispensabile strumento per la sopravvivenza, l’uomo nel corso dei millenni ha utilizzato sale, zucchero, fumo, acidificazione, essicazione (per citarne solamente alcuni). Anche l’utilizzo del freddo (come accade ai giorni nostri),  era noto all’uomo fin dall’antichità, ma non a tutte le latitudini era possibile disporre del ghiaccio proveniente dalle “ghiacciaie”, profonde fosse in cui veniva raccolta la neve durante l’inverno, per conservarla poi  per il resto dell’anno, adeguatamente protetta da uno spesso mantello di frasche. L’avvento su larga scala dei frigoriferi, dapprima a servizio dell’industria e poi negli ambienti domestici (fenomeno che ci riporta agli anni ’60) ha liberato l’industria dalla necessità dell’uso di concentrazioni elevate di sale o di utilizzo della disidratazione spinta. Il pesce, per esempio, poteva essere conservato in congelatore lasciandolo così com’era, per diversi mesi, anche se non era salato quanto un baccalà o essiccato quanto uno stoccafisso. Anche l’affumicatura, nel tempo, è andata via via modificandosi nella sua funzione, che, da conservante, ha assunto principalmente il ruolo di semplice aromatizzante. Sono andate quindi scomparendo le affumicature pesanti, per fare largo a fragranze più dolci e leggere, in grado di conferire ai prodotti una palatabilità più immediata e affine ai gusti dei giorni nostri.
In questo contesto evolutivo, intorno agli anni ’90, iniziarono ad affermarsi i cosiddetti “fumi liquidi” che, accanto a un costo decisamente più basso e a una gestione più semplice (è sufficiente nebulizzare tale aromatizzante sul prodotto e… il gioco è fatto!), sembravano poter dare maggiori garanzie anche sul piano igienico sanitario (ricordiamo che da una affumicatura condotta senza i dovuti controlli di processo possono originarsi composti insalubri). Ma in quanto alle fragranze… un disastro! Inutile dire che certuni, che hanno considerato la riduzione dei costi una priorità golosa e irrinunciabile, hanno preso immediatamente la palla al balzo. Altri, come noi di Friultrota, hanno continuato nella strada più impegnativa (e, sembrerebbe anche più salubre http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/cef100108.htm) dei fumi naturali, a nostro avviso, più accattivanti anche dal punto di vista della complessità aromatica. Ma ci viene alla mente, in merito a quest’ultima, una curiosità davvero “fragrante e gustosa”, che va, però, doverosamente introdotta.
Il nostro e altrui palato si è educato, nel tempo, a riconoscere certe sensazioni organolettiche come positive. Questo imprinting gustativo – così dice la scienza – si determina già da quando siamo bambini (addirittura durante lo stadio fetale quando, al futuro neonato, arrivano per via ematica, certe molecole provenienti dal cibo che la gestante ha assunto). Per questo, ci sono graditi e ci rassicurano i sapori e i profumi retaggio della personale storia “mangereccia” (i sapori di quando eravamo bambini, per intenderci). Per la stessa ragione possiamo altresì rimanere sconcertati davanti a certe “leccornie” che vengono dalla storia di altre genti, particolarmente se lontane. In Islanda non ci sono alberi, salvo isolate macchie di betulle e salici nella parte meridionale. Sono abbondanti invece i pascoli magri, adatti all’allevamento degli ovini e caprini. In Islanda, per affumicare il pesce e le carni, si produce il fumo utilizzando, al posto dei trucioli di legno… lo sterco essiccato di pecora e di capra! E’ naturale pensare che le fragranze (chiamiamole così per rispetto agli Islandesi) che scaturiscono da un tale tipo di affumicatura, possano risultare, per noi, poco accattivanti! Che dite? Potenza dell’imprinting! A noi, che della dolcezza del “sospetto di fumo” (tanto deve essere leggera l’intensità dell’affumicatura) abbiamo fatto una bandiera, rimane il dovere di completare questa breve dissertazione, precisando alcuni aspetti relativi all’etichettatura dei prodotti alimentari affumicati. I prodotti per i quali sono stati utilizzati “fumi liquidi” devono riportare la dicitura “aroma di affumicatura” nell’elenco degli ingredienti, mentre per prodotti ottenuti con l’affumicatura “vera”, la dicitura può essere omessa (si dà per scontato che la definizione di “affumicato” che accompagna la descrizione dello stato fisico del prodotto, sia esaustiva), oppure può rientrare nelle voci “aromi naturali”, o “fumo da legno”. Morale: sempre attenti alla lista degli ingredienti, ma senza trascurare di “buttare l’occhio” sulla provenienza!