Scritto da Fabiana Romanutti il . Pubblicato in Pesce.

Conoscete le trezze?

Concluso, dopo tre anni di studi e di ricerche, il progetto “TRECORALA- TREzze e CORalligeno dell'Alto Adriatico”, iniziativa per la valorizzazione e gestione sostenibile delle “trezze”, particolari affioramenti rocciosi dei fondali del Golfo di Trieste, fondamentali per la preservazione della biodiversità.  Per lungo tempo si è ritenuto che l'Alto Adriatico fosse caratterizzato soltanto da fondali fangosi e sabbiosi, dalla ricchezza dei nutrienti e dalla bassa profondità (max 30 m). In realtà questa relativa monotonia è spesso interrotta da innumerevoli affioramenti rocciosi, che sono stati indagati solo a partire dagli anni '60. Anche nel Golfo di Trieste, il bacino superiore del Mare Adriatico compreso tra le foci del Tagliamento e Punta Salvore – Slovenia, si riscontrano queste formazioni sottomarine che in loco sono chiamate “trezze”.

Il progetto “TRECORALA- TREzze e CORalligeno dell'Alto Adriatico” prende il via proprio dall'intenzione di valorizzare queste strutture e di consentire una loro gestione sostenibile, data la loro importanza dal punto di vista biologico. In un bacino caratterizzato da fondali fangosi e sabbiosi, le trezze rappresentano delle “oasi di vita” in cui si concentrano la flora e la fauna dei fondi duri e costituiscono veri e propri rifugi sottomarini, ricchi di biodiversità. L'eterogeneità dei fondi duri è infatti maggiore di quella dei fondi molli, determinando una ricchezza di ambienti e di popolamenti diversificati che contrastano vistosamente con l'apparente uniformità dei fondi molli circostanti.

Le trezze sono dunque delle autentiche riserve naturali per la riproduzione e l’insediamento di organismi marini, sia di quelli che vivono saldamente ancorati al substrato, sia di quelli che necessitano di un riparo. In altre parole sono dei veri e propri rifugi sottomarini, ricchi di biodiversità.

Gli obiettivi di TRECORALA sono stati: ampliare le conoscenze sulle trezze e sui fondali a coralligeno del Golfo di Trieste, valutare lo stato di salute (Good Ecological Status - GES) delle trezze e dell'impatto delle attività di pesca, con il coinvolgimento degli operatori del settore, individuare linee guida per la loro gestione, tutela e valorizzazione rafforzando l’attrattività e la competitività e contribuendo alla salvaguardia della biodiversità, formulare proposte gestionali su alcune risorse di particolare interesse commerciale, fornire gli strumenti necessari per la gestione transfrontaliera congiunta delle aree marine sviluppando anche il comparto turistico.

Le indagini, effettuate a livello multidisciplinare da geologi, biologi, fisici, chimici, italiani e sloveni, sommate agli studi precedenti, hanno mostrato che esistono circa 250 trezze solo nel Golfo di Trieste tra punta Sdobba e punta Tagliamento, di cui ne sono state indagate ben 54. È emerso come ciascuna di esse sia “unica”. La fascia di maggiore diffusione di questi affioramenti è localizzata sui fondali antistanti le lagune di Grado e Marano, a una distanza dalla linea di costa compresa tra 2 e 17 km, e a una profondità variabile tra 8,3 e 21,5 metri. Le aree interessate da questi affioramenti rocciosi si estendono poi dal Golfo di Trieste fino al litorale di Ancona, lungo tutta la costa nord-occidentale e occidentale dell'Alto Adriatico.

 

I risultati principali sono stati:

Il mare non può essere separato da linee di confine e i pesci non hanno passaporto. È necessario quindi lavorare insieme con comuni metodologie e strumentazioni per la protezione, la difesa dell’ambiente e anche per il suo sfruttamento sostenibile. Alla luce degli studi effettuati, per migliorare e aumentare la biodiversità nelle trezze si potrebbero introdurre dei meccanismi di tutela e protezione degli affioramenti quali ad esempio il blocco degli ancoraggi indiscriminati, l'uso di attrezzi da pesca idonei, il controllo delle attività di subacquee ma anche lo sviluppo di una cultura del rispetto basata sulla diffusione della conoscenza. Per il futuro, il progetto ha evidenziato la necessità di definire strumenti di pianificazione e di gestione congiunte e condivise anche a livello transnazionale per le aree a coralligeno. Si tratta di una tematica di notevole importanza in quanto riguarda un habitat prioritario anche in considerazione dell’attenzione sottolineata dalla Strategia Marina per il descrittore “Integrità del fondo marino”.

Tra le problematiche tuttora aperte ci sono: la necessità di individuare e definire le attuali minacce alle biocostruzioni; la valutazione delle future minacce connesse ai cambiamenti climatici; e la realizzazione di azioni standardizzate di conservazione, mitigazione e monitoraggio in siti selezionati.

 L'iniziativa, finanziata nell'ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e dai fondi nazionali, vede la partecipazione di OGS – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (nel ruolo di Lead Partner), Università degli Studi di Trieste - Dipartimento di Scienze della Vita, ARPA FVG, cooperativa Shoreline (realtà che gestisce la riserva di Miramare) e coinvolge i Comuni di Grado, Lignano Sabbiadoro e Marano Lagunare e l’Associazione Trezze di Lignano. È molto rilevante la partecipazione di importanti istituzioni slovene come la Stazione di Biologia Marina di Pirano (NIB), l’Università di Nova Gorica, il Ginnasio e Istituto nautico e elettronica Pirano.