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Barboni: triglie di fango e di scoglio

triglie dell'alto Adriatico, ph: Aurelio Zentilintriglie dell'alto Adriatico, ph: Aurelio ZentilinEl Barbon (Mullus barbatus, Triglia di fango) e la Triglia di Scoglio o Triglia Maggiore (Mullus surmuletus). Triglia di fango e triglia di scoglio appartengono alla famiglia dei Mullidi, pesci esclusivamente marini, costieri, che nuotano o vengono trasportati dalle correnti (organismi pelagici) durante le fasi giovanili e da adulti sono invece vincolati al fondo marino (organismi bentonici). Barbatus e surmuletus sono autoctoni (o indigeni); ilgenere tropicale Upeneus, con le specie moluccensis e asymmetricus è invece penetrato nel Mediterraneo dopo l’aperturadel Canale di Suez (1869).  Abbastanza comuni nelle regioni del Sud, queste specie alloctone (o esotiche) compaiono raramente sui nostri mercati e sono eventualmente riconoscibili per la presenza di denti anche sulla mascella superiore. La Triglia di Scoglio o “Triglia Maggiore”, di taglia più grande (oltre 1 Kg), è quella osannata dalla letteratura classica. La Triglia di fango, cioè el Barbon, si distingue da essa oltre che per la taglia più piccola (poco oltre i 30 cm), per il profilo del capo piuttosto verticale, l’occhio vicino al profilo con la presenza di tre scaglie sotto ad esso. M. surmuletus (la Triglia di Scoglio) ha un profilo del capo più obliquo, l’occhio più distanziato, due sole squame sotto l’occhio e la pinna dorsale anteriore con due fasce longitudinali, bruno scuro la superiore, l’inferiore grigia e biforcata nella parte posteriore.

Il fatto che anche la Triglia di Scoglio nasce piccola, che il profilo del capo e la posizione dell’occhio siano piuttosto variabili e il fatto che, una volta morti, questi pesci  perdono facilmente le squame e modificano vistosamente il loro colore, sono fonte di non pochi imbarazzi anche per il buongustaio più esperto. Non è raro che, soprattutto lungo le coste dell’Istria, questi pesci vengano pescati assieme e assieme possano comparire nella medesima grigliata.

Attenzione, si è detto grigliata; nel caso del pesce, la piastra sia aborrita come barbaro influsso anglosassone (hamburger) o balcanico (ćevapčići, raznici, pljeskavica). Di fronte alla grigliata non ci sia quindi sconforto e si ricordi che, nonostante le esaltazioni classiche, il sapore più spiccato delle carni e il contrasto di sapore dolceamaro tra le carni e le interiora del Barbon (che come nella Beccaccia di Mare o nel Lotregan sono parte integrante del quadro) ne fanno un boccone tanto e forse più prelibato della congenere “maggiore”.

Ciò soprattutto se, come fanno molti pescatori adriatici, i Barboni appena pescati (esclusi quelli della cala dell’alba, che non si sono ancora alimentati) vengono liberati a uno a uno dal contenuto intestinale con una misurata pressione delle dita sul ventre, dalla testa verso la coda. Vista la consistenza piuttosto molle delle spine, i piccoli barboni possono essere gustati interi e anche per gli esemplari più grandi in tutto il Golfo di Trieste e lungo la costa occidentale dell’Istria vige il detto: “La testa del barbon, no la magna el gato, la magna el paròn”.

Ma prima di mangiare bisogna pescare. Dopo il periodo di fermo pesca (concepito anche in relazione al ciclo delle triglie, con i primi giorni di settembre, nell’Adriatico riprende la pesca con reti a strascico. Quella in corso – 2010 - sarà però un’annata del tutto particolare. In ottemperanza al Regolamento CE 1967/2006 per lo sfruttamento delle risorse del Mediterraneo, sono entrate in vigore alcune misure più restrittive che riguardano anche le dimensioni minime delle maglie delle reti a strascico (o coccia) e le distanze minime dalla costa per esercitare la pesca a strascico.

Soprattutto per la pesca dei Barboni  queste misure precauzionali avranno il sicuro effetto di ridurre il numero delle triglie pescate, che avranno però una taglia maggiore (la taglia minima di cattura è di 11 cm). Lo scontato malumore dei pescatori sarebbe però giustificato soltanto se le minori rese ponderali si verificassero anche il prossimo anno. Ciò significherebbe infatti che il capitale lasciato in acqua in forma di pesci di piccola taglia, passati attraverso le maglie più ampie, non ha maturato alcun profitto, vanificando il sacrificio di quest’anno.

Le produzioni annue di Triglie di Fango del Friuli Venezia Giulia si aggirano attualmente attorno alle 20-30 t, quelle venete attorno alle 160-220. t e quelle istriane sono fortemente aumentate in questi ultimi anni proprio grazie al fermo biologico per la pesca a strascico, attuato dall’Italia.

 

 

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