#parolegolose. Una rubrica nata durante la quarantina (quarantena) Covid-19, ma covata a lungo, in attesa di esprimersi ed esplodere. PAROLE GOLOSE. PER SAPERNE QUANTOBASTA.Una rubrica che racconta di parole. E che nasce dal successo dell'altra nostra sezione Chiedilo a qb. Domande e curiosità che attirano e coinvolgono i nostri lettori. Saranno parole e frasi che racconteranno l'etimologia ma anche e soprattutto le origini di piatti, le trasmigrazioni di ingredienti e di vitigni, storie di modi di dire, di consuetudini alimentari. Senza troppe pretese, con la nostra consueta leggerezza. Per saperne quanto basta, appunto. #parolegolose
Dal 2021 la rubrica si arricchisce con le #ricettedaleggere. Ricette di scrittori, preparazioni tratte da libri che parlano di scrittori. Uno spunto per incuriosirvi e invitarvi a scoprire nuovi punti di vista.
Entrambe le rubriche #parolegolose e #ricettedaleggere sono aperte alle collaborazioni dei nostri lettori.
Segnalateci una parola golosa, indicateci un racconto culinario. L'indirizzo è Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
tallero qubista creato per il notro mensile da Alessandro Giudici
Tallero antenato del dollaro, alle radici del tallero qubista. Domenica 31 dicembre 2023. Ultima domenica e insieme ultimo giorno dell'anno. Un anno fortunato per qubi
#parolegolose. Stende allarga, spiana, rende sottile, uniforme, liscio ogni impasto. Il matterello è un utensile indispensabile in cucina. Costituito da un cilindro in legno di varia lunghezza (talora con le due estremità sagomate a impugnatura). Qui sono a suggerirvi di usare la forma corretta: matterello con la e (mattarello è una forma dialettale ancorchè diffusissima). Il nome deriva infatti da mattero, con significato generico di bastone, nonchè, pare, di arma simile a un giavellotto usata dai Celti.
Ogni volta che leggo mattarello vorrei liberare la Tordella che è in me. Ma chi sarebbe Tordella senza Bibì e Bibo?
The Katzenjammer Kids
un frammento di una strisci dal un numero del Corriere dei piccoli (1956)
pastinaca di Capitignano ph Marco Del Comune Pastinaca di Capitgnano e cipolla di Bagno nuovi Presìdi Slow Food istituiti nella fascia interna dell’Aquilano: un tubero e un bulbo mai del tutto scomparsi dagli orti dei contadini che oggi puntano a rigenerare l’agricoltura locale. È salito così a 20 il numero di prodotti tutelati nella regione.
Vi raccontiamo i sughitti di Montecassiano. Nella la Sagra dedicata a questa preparazione si perpetua la golosa usanza della preparazione di una leccornia a base di mais, noci e mosto d’uva che celebra la festa della vendemmia. Una preparazione tradizionale che oggi si fregia anche della De.Co. (Denominazione comunale) da gustare insieme a frittelle di polenta, castagne, vino cotto.
Farina di neccio della Garfagnana DOP. La ricetta di ossi bolliti di maiale e polenta con farina di castagne pubblicata qui sul quotidiano on line mi ha incuriosito e sono andata a documentarmi per capire meglio che cosa intendesse Nicola Santini con l'espressione farina di neccio, scoprendo che neccio è semplicmente un termine dialettale toscano per castagna. Ma neccio è anche il nome di una golosa preparazione regionale toscana, una focaccia sottile di farina di castagne, cotta tra due piastre arroventate sulla brace.
La farina di neccio della Garfagnana è un prodotto ottenuto dalla macinatura di castagne secche delle varietà Carpinese, Pontecosi, Mazzangaia, Pelosora, Rossola, Verdola, Nerona e Capannaccia a cui si aggiungono altre varietà locali.
Le restaurant, un brodo che ti ristora. All'origine restaurant era un termine che indicava qualcosa che ti ristorava, un brodo di carne che aveva lo scopo di ritemprare e ristorare lo stomaco. Dal brodo il nome passò al luogo nel quale veniva servito.
Fu solo dopo la rivoluzione francese che a Parigi si diffusero i ristoranti come li intendiamo oggi, luoghi di ristoro ma anche di convivialità. Coloro che erano stati cuochi della corte reale e dell'aristocrazia seppero - o dovettero - riciclarsi e cucinarono per tutti.
Breve storia dei Bretzel, chiamati anche Laugenbrezel, Pretzel, Pretzl, Brezn, Covrig, diffusi in Germania, Austria, Svizzera, Alto Adige e anche in vari panifici triestini. Pare che già nel Medioevo i monaci donassero i Brezel come premio ai fanciulli che imparavano bene a memoria versi e preghiere della Bibbia. Furono chiamati per tal motivo pretiola, cioè ricompensa, e poi italianizzati come brachiola. Perchè guardate la forma: sono proprio come due braccia che si incrociano a mo' di preghiera. In seguito i pretiola attraversarono le Alpi e nei paesi germanici divennero i Bretzel.
Come ho potuto farne a meno finora? Come ho potuto non solo averla mai assaggiata, il che sarebbe in fondo un peccato veniale per chi ama il burro e le panne, pur non potendo materialmente assaggiarle tuttissime di tutto il mondo, ma neppure avere avuto sentore della sua esistenza? Peccato gravissimo questo per chi come me, fra le varie leggiadre attività di scrittura, cura anche una rubrica di #parolegolose. Sto parlando della Cornish Clotted Cream, la crema di Cornovaglia, una panna densa, cremosa e goduriosa. Scioglievole e burrosa. Che però se ci affondate il cucchiaino rimane bello dritto.
terrine de foies de volaille ph gerard cohenParole golose. Perchè si chiama terrina? Il nome viene dal latino terrineus (fatto di terra) e deriva dal materiale che costituisce il manufatto, cioè la terracotta o il gres. Il termine definisce due categorie di oggetti differenti sia per uso sia per forma: - la terrina come grossa ciotola in cui si impastano ingredienti o si condisce l'insalata e - la terrina da forno. A volte il nome della terrina si riferisce sia al contenitore che alla specialità gastronomica. Nell'immagine qui sotto un Baekeoffe: recipiente di cottura che si trova in tutti i paesi del globo con altri nomi ovvio, come, per fare un esempio, tajine. baekeoffe ph gerard cohen
Al contadino non far sapere... Parole golose da svelare. I contadini non devono sapere che cosa è buono da mangiare, glielo si deve tenere segreto. Perché? Il formaggio, assieme al pane, alle uova e ai cavoli, era associato al mondo dei contadini e al mangiare povero. Un cibo solo per saziarsi, il cibo dei rozzi, incapaci di fabbricarsi cibi raffinati. Le pere invece erano frutti delicati, facilmente deteriorabili e insufficienti a togliere la fame; quindi frutti simbolo di eleganza, frutti di lusso. La lettura del saggio di Massimo Montanari Il formaggio con le pere. La storia in un proverbio svela un mondo.
#parolegolose Forse stiamo diventando monotematici e anche un po' monomaniaci con il #clubdeisardoni e attività connesse #insardoniwetrust Ma a ogni passo, quando pensiamo di essere prossimi alla fine della ricerca (non si va solo in cerca di "una di sardoni" nei buffet osterie trattorie tavole di amici che sanno cucinare, ma anche di letture, appunti, storie scritte, testimonianze) scopriamo mondi aggiuntivi che ci piace scoprire. Ed ecco che anche la rubrica domenicale #parolegolose di oggi racconta di acciughe (che ormai sono parenti strettissime dei sardoni lo sappiamo tutti vero?)