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Olea prima omnium arborum est

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Olea prima omnium arborum est (L'ulivo è la più importante fra tutte le piante): così scrive Columella nel I secolo d.C. nel suo De re rustica, trattato dedicato all’agricoltura. All'epoca l'olio d'oliva era utilizzato nella cosmesi, per massaggi, per curare ustioni e lacerazioni della pelle ecc.; era inoltre usato nel processo di saponificazione. Si ipotizza che ai tempi di Columella ogni cittadino adulto consumasse almeno 55 litri di olio: 30 per l’igiene del corpo, 20 in cucina, 3 per illuminazione, 2 per usi rituali, 0,5 come medicamento. Nel IV secolo d.C. a Roma le testimonianze storiche parlano di ben 2.300 distributori di olio, molti dei quali provenienti dalla Betica (Andalusia).
Plinio racconta che l’olio d’oliva diventava però facilmente rancido e si condensava se non veniva salato; non potendo essere conservato a lungo, si preferiva conservare le olive e spremerle secondo necessità diettamente a tavola, venivano quindi spesso raccolte ancora non mature.
Solitamente erano conservate in salamoia, ben coperte dal liquido, fino al momento di usarle, poi si scolavano e si snocciolavano tritandole con vari aromi e miele. Le olive bianche venivano anche marinate in aceto. Con le olive più grosse si facevano conserve usate come companatico. Le colymbadas (letteralmente “le affiorate”) galleggiavano in un liquido fatto di una parte di salamoia satura e due parti di aceto. La preparazione consisteva nel praticare alle olive, dopo la salagione, due o tre incisioni con un pezzo di canna, e quindi tenerle immerse per tre giorni in aceto; poi le olive venivano scolate e sistemate con prezzemolo e ruta, in vasi da conserve che erano poi riempiti con salamoia e aceto facendo in modo che restassero ben coperte. Dopo venti giorni erano pronte per essere portate in tavola.


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