Puzzone di Moena tra profumi e tradizione

“Racconta il formaggio del cuore”, concorso per appassionati scrittori di cucina promosso dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese e dalla Condotta Slow Food Gianni Cosetti con la collaborazione di qbquantobasta rivista mensile di gusto e buongusto nell’euroregione in occasione della manifestazione “Gemona, Formaggio… e dintorni”. Pubblichiamo oggi il secondo racconto Un giro nel caseificio tra profumi e tradizione di Enrica Gouthier che ha ottenuto una menzione speciale per l'impegno dimostrato nell'approfondimento della tematica della caseificazione a latte crudo (Puzzone di Moena)  Enrica scrive sul blog http://blog.giallozafferano.it/ilsoleincucina/

Non ci sono particolari dosi o ingredienti per questa ricetta che vi sto per presentare. L’idea mi è stata suggerita da un’amica. La colazione della domenica era un immancabile appuntamento con la torta di patate e puzzone. Ebbene sì! Al primo pasto, con tutta la famiglia riunita, si intingeva nel latte e caffè; quest’ultimo rigorosamente d’orzo, visto che il classico costava troppo all’epoca.
La ricetta è tipica di Predazzo, mi spiegava la mia amica. Nel paese limitrofo, a circa 3 km, la preparazione era già diversa. Una torta semplice con ingredienti poveri ma sicuramente sostanziosa e dal gusto deciso. Grazie a questa idea, mi collego per parlare di un’altra tradizione iniziata negli alpeggi con i malgari ed ora giunta in valle, nel piccolo Caseificio Sociale di Predazzo.
La preparazione dei formaggi a latte crudo è sempre stata la classica “ricetta” per produrre questi latticini. Con lo sviluppo di macchinari e tecnologie, la ricerca e test, questa lavorazione è stata messa in secondo piano, dando maggiore importanza all’utilizzo del latte pastorizzato. Forse più sicuri grazie all’eliminazione del 98% di batteri durante la lavorazione del latte, ma perdendo il gusto caratteristico dei formaggi.
Ma per chi volesse mantenere viva la tradizione è ancora possibile produrre il formaggio utilizzando il latte crudo nonostante tutto ciò che rischia di renderlo inquinato e non più fresco e genuino come una volta?


Questo è stato l’interrogativo che mi ha spinto all’interno del laboratorio in cui si produce il Puzzone di Moena, formaggio a latte crudo con una lunga lavorazione, passione e tradizione.
Diventato DOP nel 2013, il piccolo Caseificio è l’unico luogo al quale è permesso vendere le proprie forme di Puzzone anche al di fuori dello spaccio. La preparazione inizia tutti i giorni alla stessa ora, mi racconta il vice casaro, che mi ha accolta all’interno del suo mondo con molta pazienza e rispondendo a tutte le mie curiosità!
Vengono lavorati circa 3000-3500 litri di latte crudo ogni mattina e la resa è davvero minima: 90% di acqua (che verrà riutilizzata per creare le ricotte o per altri usi farmaceutici) e solo 10% di pasta. Il latte, oltre ad essere altamente controllato e verificato, è genuino! I 13 soci che forniscono questo elemento al Caseificio nutrono le loro mucche solo con fieno e l’aria dolomitica: gli ambienti aperti e i prati verdi fanno si che questa preziosa materia prima sia semplicemente perfetta. Sana e naturale anche sotto l’aspetto nutrizionale. Di questo latte possono andarne ben fieri i produttori di Puzzone. Inoltre, una volta addensato, tagliato, scaldato e messo nelle forme, il formaggio può spurgare il siero in eccesso su taglieri in legno grazie alla deroga ottenuta per mantenere viva la tradizione di un tempo.


Girando tra le varie stanze del Caseificio, spero sempre di non dare fastidio e guardo affascinata il duro lavoro che porta sulle nostre tavole un formaggio eccezionale. Il vice casaro mi fa strada nelle cantine molto umide e fredde (circa 95%-100% di umidità e 10-12 gradi) in cui le forme stagionano da un minimo di tre mesi ad un massimo di 10-12 mesi. Qui avviene un'altra enorme ed importante procedura: ogni settimana il formaggio va lavato con l’acqua per prevenire l’entrata di batteri estranei e per favorire la proliferazione di quelli interni donando così il classico odore tipico del Puzzone (procedura chiamata SPUGNATURA, dove le prime due settimana il latticino è bagnato con acqua e sale). All’interno del magazzino ci saranno altre 6000 forme che vengono bagnate una ad una manualmente. Finalmente è arrivato il momento della vendita, il momento in cui il formaggio lascia la sua casa per raggiungere luoghi lontani e allietare i pasti di tutte le famiglie.
Sicuramente non è facilmente apprezzabile, ha un gusto deciso e intenso ma grazie al mantenimento della tradizione, ad ogni singolo morso si può notare la differenza con altri tipi di formaggi. La lavorazione a latte crudo rende il Puzzone più delicato da lavorare, necessità di maggiori attenzioni ma il risultato è impagabile.
Ringrazio tutto il laboratorio che mi ha accolta come una di famiglia e mi ha svelato tutti i segreti per creare un formaggio così buono e ricco di storia.



Ora vediamo come preparare la ricetta della mia amica Roberta, commessa dello spaccio.
TORTA DI PATATE (per 4 persone)
3 patate grandi bollite
Polenta avanzata (quanta ne avete, almeno 200g)
200 g di Puzzone di Moena DOP
Una noce di burro
Preparazione:
1. Utilizzate le patate e la polenta preparate il giorno precedente.
2. In una ciotola schiacciate le patate e unire la polenta. Tagliare a dadini il formaggio e unirlo al composto giallo.
3. Scaldare una padella e sciogliere una noce di burro.
4. Versare l’impasto di questa torta nella padella e cuocere a fuoco medio fino a quando non si sarà
formata una leggera crosticina. Girarla e cuocere ancora per 5 minuti.
5. Servire la torta di patate ancora calda a colazione con il latte e caffè.

PREPARAZIONE IN DETTAGLIO DEL PUZZONE DI MOENA
I 13 soci, provenienti da Predazzo, Moena e Passo San Pellegrino, portano il latte al Caseificio Sociale di Predazzo alla sera versandolo in enormi vasche chiamate tenk. Alle 6 arriva il casaro con i suoi collaboratori e si inizia la creazione delle forme. Circa 3000-3500 l di latte vengono spostati nel polivalente e qui viene aggiunto il fermento chiamato latte innesto. Quest’ultimo è prodotto direttamente in caseificio: il latte viene scaldato fino a raggiungere il 65°. Si fa raffreddare fino ai 45° e poi mantenuto a questa temperatura per un periodo detto incubazione. Qui si acidifica fino a quando in casaro non decide che è giunto al giusto indice di acidificazione. A questo punto è possibile utilizzarlo: dura al massimo tre giorni e serve ad aumentare la carica positiva nel latte crudo.
Su 3000 l di latte crudo si aggiunto circa 5 l di latte innesto. Ora si scaldano, portando la temperatura a 34° (ci vuole circa 30 minuti). Si unisce il caglio di vitello in polvere e si lascia rassodare per altri 30 minuti. Deve avere la consistenza di un budino; questo stato è detto rassodamento. Giunto alla densità desiderata, le pale della polivalente tagliano la pasta fino ad ottenere la grandezza di un chicco di grano. Si azionano nell’altro verso e mescolano la pasta raggiungendo la temperatura di 47°. Finita questa fase, si cala la il composto in vasche di acciaio con griglie e con delle assi si copre tutta la pasta facendo si che la cagliata si separi dal siero (circa 10 minuti). Quest’ultimo verrà riutilizzato per le ricotte oppure spedito al sierificio a Trento.
Durante il procedimento di separazione si vede quanta resa di pasta rimane: su 3000 l iniziali si formeranno 30 forme da 10 kg ciascuno. C’è quindi un 90% di acqua e solo un 10% di resa.
Passato il tempo necessario, la cagliata viene tagliata e messa in fascere di legno con teli di lino. Viene posata sui taglieri di legno e messe sotto delle presse un’ora e trenta per lato. Piccolo appunto sui taglieri di legni: il Caseificio Sociale è in possesso di una deroga per l’utilizzo di queste assi. Si utilizzano solo per la preparazione del Puzzone di Moena in quanto favoriscono lo spurgo del siero dalle forme e si mantiene viva la tradizione di anni di lavorazione di questo formaggio.
Per tutte le altre preparazioni vengono usato taglieri in plastica, facilmente lavabili e senza il rischio di incorrere in batteri assorbiti dallo stesso.
Passate le tre ore, le forme vengo tolte dalle fascere e messe nel marchio di plastica dove rimangono fino al mattino seguente. A questo punto si sarà data la forma al formaggio, verranno pesate e sistemate nell’acqua e sale per tre giorni.
Sistemate, poi, su altre assi di legno, rimarranno per tutta la stagionatura in luoghi molto umidi e freddi: 10°-12° con un 95%-100% di umidità.
Ogni settimana, fino al momento della vendita, viene praticata, su ogni singola forma, la spugnatura o bagnatura: si bagnano e puliscono le croste dalla muffa che si crea. Le prime due settimane questa procedura viene fatta con acqua e sale, in seguito solo con l’acqua.
Questa pratica è caratteristica di tutti i formaggi detti a crosta lavata, dove i batteri positivi continuano a proliferare all’interno, mentre la patina di unto impedisce ad altri batteri di penetrare conferendo una certa “puzza” al formaggio. Siccome la frequenza di questa pratica è molto elevata nel Puzzone e le mucche si nutrono solo di fieno con aromi dolomitici, ecco spiegato il nome di questo formaggio. Inoltre in ladino, lingua che si parlava anni fa, veniva chiamato spretz tzaorì ossia formaggio saporito.La sua stagionatura va da un minino di 3 mesi ad un massimo di 10-12 mesi.

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