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Filiera dell'orto friulano

 

Progetti di filiera, occasione di crescita per i prodotti dell'orto friulano

Implementare la produzione orticola del territorio, formare i giovani, strutturare adeguatamente le imprese agricole affinché possano rispondere ai diversi tipi di domanda, dal "km 0" alla grande distribuzione, per un prodotto in cui la centralità sia data alla provenienza, alla qualità della lavorazione,

alla genuinità del prodotto e alla salute. Sia quella del consumatore, sia quella del sistema agricolo locale, che in questo segmento avrebbe grandi possibilità, non ancora ben sfruttate dalle nostre aziende.

L'opportunità e l'invito arrivano dal convegno organizzato dalla Cciaa di Udine con le associazioni di categorie di riferimento: Cia, Coldiretti e Confagricoltura Udine, Confcooperative e Lega Coop Fvg. «La Cciaa si sta impegnando molto nella valorizzazione di una filiera che leghi sempre più il mondo dell'agricoltura al commercio, al turismo, alla promozione complessiva del territorio. Ne sono espressione le varie iniziative messe in campo, da "Qui si mangia e si produce friulano" a "Cibo 2020", prima coniugazione al futuro del progetto 3F; dalla Guida dei Vini del Fvg fino al quarto volume della collana scritta da Walter Filiputti sui prodotti e la cucina di qualità del Friuli» ha sottolineato il presidente Cciaa.

Lorenzo Bazzana, capo servizio tecnico-economico Coldiretti nazionale,  ha spiegato l'importanza di tutelare la qualità, ma anche di spingere la propria produzione per essere pronti non solo a fare "km 0", ma anche ad "aggredire" la Grande Distribuzione e la ristorazione collettiva. Specie in un momento in cui, dopo un 2009 negativo, l'export sta ricominciando a crescere, ma contemporaneamente tiene anche l'import, segno che continuiamo ad acquistare dall'estero tanti prodotti che pure produciamo internamente.

Che significa? In parte, che la Gdo fa fatica a trovare in Italia quantità e qualità richieste, quando invece sarebbe un punto di favore avere l'ortaggio fresco proveniente da un territorio vicino a dove verrà consumato.

Diego Rolvaldo, tecnico orticolo, ha quindi analizzato le tipologie di prodotti su cui i friulani dovrebbero insistere, dai pomodori ai cetrioli, dallo zucchino al fagiolo, fino alla riscoperta del cavolo friulano. Per fare un "salto di quantità", però, ci vuole struttura, ci vuole una pianificazione attenta e articolata per la propria azienda, come ha ricordato Giuseppe Basei, direttore della Cooperativa Agricola di Bibione, che ha portato il suo esempio, spiegando nel dettaglio che cosa significa produrre ortaggi per la Gdo, dall'attenersi agli standard di conformità all'assistenza tecnica e analitica richiesta.

A parlare del prodotto locale per la ristorazione collettiva è intervenuto Fabrizio De Paulis, di Camst; quindi Claudio Bressanutti, vicedirettore Coldiretti Udine, ha presentato il Progetto integrato di filiera orticola territoriale (Pif): un progetto di quasi 4 milioni di euro che, tra gli obiettivi, ha il miglioramento della competitività delle imprese attraverso la riqualificazione strutturale, il supporto alla crescita strutturale delle imprese agricole favorendo il ricambio generazionale, nonché la promozione della riconversione colturale e di processi di aggregazione della produzione primaria, integrandola ai processi produttivi del comparto agroalimentare.

Il piano coinvolge le province di Udine e Pordenone su una superficie iniziale interessata di 20 ettari, per una produzione complessiva annuale di 4-5 mila quintali di prodotto fresco, tra "baby leaf", ossia orticole a foglia da taglio, e insalate adulte, da destinare alla produzione di IV gamma. I soggetti coinvolti sono 10 imprese agricole, una vivaistica, una deputata al condizionamento del prodotto fresco e due coop interessate alla distribuzione.

In conclusione, Nereo Peresson, della Cia, ha portato alcune esperienze nel settore agricolo montano sviluppate negli ultimi 10 anni, come il progetto, portato avanti assieme alla Cciaa, di coltivazione di ortaggi a raccolta estiva in montagna, per individuare varietà ed epoche di semine adatte a quelle zone (tra Sauris di Sopra, Lauco e Piano D'Arta).

Una sperimentazione che ha permesso per esempio di scoprire che dai 600 metri in su i radicchi hanno risposta molto positiva. Il secondo progetto, in collaborazione con l'Università di Udine, è Conser-va, un Interreg Italia-Austria che si è concentrato sulla raccolta e conservazione di specie di fagiolo particolari della montagna, che sono state rimesse in produzione con successo.

Uno studio che si è poi esteso anche ad alcune erbe aromatiche, come la menta, alle speciali varietà di mais della montagna e ad altri prodotti peculiari della zona. «Un progetto che ci ha consentito di fare ricerca e innovazione, grazie alla presenza dell'Università - ha sottolineato Peresson -, e che ha messo in luce nuove potenzialità attrattive per il turismo e la promozione d'eccellenza per il nostro territorio». fonte: Cciaa.

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