I Maestri della Scuola del Cioccolato Perugina ci insegnano come creare pausa piena di gusto. con la ricetta del Salame al Cioccolato Fondente e Cacao, facile da porzionare e con una buona conservazione. Una ricetta smart de La Scuola del Cioccolato Perugina, grazie all’expertise del Maestro Alberto Farinelli. Un giusto mix di Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50% e Perugina® Cacao Extra Dark, biscotti e nocciole tostate. In soli trenta minuti il dolce sarà pronto e non si dovrà neanche accendere il forno per la preparazione!
Salame al cioccolato fondente e cacao
Ingredienti
• 250 g biscotti secchi • 100 g burro • 70 g zucchero a velo • 250 g Perugina® GranBlocco Fondente Extra 50% • 80 g nocciole tostate • 20 g Perugina® Cacao Extra Dark
Preparazione
Sciogliete a bagnomaria o al microonde il cioccolato Perugina® GranBlocco Fondente, insieme al burro tagliato a dadini, aggiungete lo zucchero e il Perugina® Cacao Extra Dark.
Amalgamate bene il tutto.
Spezzettate grossolanamente i biscotti con le mani e sminuzzate le nocciole con il coltello, aggiungeteli al composto e amalgamate bene.
Versate il tutto sopra un foglio di carta da forno, e con le mani compattate il composto dando la forma di un salame.
Arrotolate la carta molto stretta fino ad avvolgerlo completamente.
Ripiegate i lati del foglio in modo da chiudere bene il salame e posizionatelo su un vassoio in frigorifero per qualche ora prima di servire.
Appena alla fine dell’800 si chiuse la secolare disputa riguardo l'origine dei tortellini: Bologna o Modena? Fu indicata come patria del tortellino Castelfranco Emilia: si trovava in provincia di Modena, ma apparteneva alla diocesi di Bologna! Un'idea creativamente balzana, nata per mettere pace fra i gastronomi, ma ovviamente senza alcuna documentazione storica. Meglio affidarsi allora allo storico Massimo Montanari che attesta l'origine medievale del tortello, come variazione delle torte farcite.
Torta - tortello - torteletto - tortellino - turtlén a Bologna - turtléin a Modena
In una pergamena del XII secolo si legge: Tertia pars turtellorum monachorum est. NelTrecento e nel Quattrocento i torteletti – diretti antenati del tortellino – erano presenti sulle tavole delle famiglie più abbienti, ovviamente con preparazioni abbastanza diverse dalle attuali. Era il 1708 quando il menu del pranzo natalizio dei monaci di San Michele in Bosco (Bologna) cita una minestra di tortellini.
Ma il ripieno? Per tutto l'800 e fino ai primi decenni del '900 era obbligatorio inserire il midollo di bue (in base a una ricetta settecentesca del cuoco del vescovo di Imola). Ma che dice l'Artusi? Egli così stabilisce il ripieno dei tortellini (sarebbe "la ricetta definitiva", come si legge oggi sui blog): 30 grammi di prosciutto crudo, 20 grammi di mortadella, 60 grammi di midollo di bue, 60 grammi di parmigiano, un uovo, odore di noce moscata. "Con questa dose ne farete poco meno di trecento e ci vorrà una sfoglia di tre uova" afferma. Nel 1974 la ricetta originale dei tortellini in brodo da parte della Dotta Confraternita del Tortellino e dell'Accademia Italiana della Cucina viene depositata in Camera di Commercio di Bologna.
Diciamo subito che in mancanza di carne per brodo e del cappone natalizio, si possono cuocere anche in brodo di dado, MAI semplicemente in acqua, perchè si diluisce e quindi si perde buona parte del gusto del ripieno. N.B La chiusura del tortellino è fatta intorno all’indice a Modena, e attorno al mignolo a Bologna.
Bevr'in vin.Nella bassa mantovana i tortellini vengono anche cotti in brodo di gallina o cappone e serviti in una scodella dove viene aggiunto del Lambrusco.
bevr in vin
Ci sono le versioni di misura più grande, diventano allorra tortelloni o capppelletti; quelli con gli spinaci usati per colorare di verde la pasta sfoglia a Bologna sono chiamati Balanzoni.
La versione di dimensioni maggiori del cappelletto si chiama anche cappellaccio o tortello, può avere ripieno a base di ricotta, di ricotta con zucca, di ricotta con amaretto.
Gli anolini, tipici delle provincie dell'Emilia occidentale, non vengono ripiegati. Per il ripieno numerose sono le ricette: ovviamente la sfoglia va sempre rigorosamente preparata a mano e tirata con il matterello.
Ma qui dobbiamo raccontarvi del brodo:
A Modena il brodo è di gallina, preparato la mattina per essere consumato la sera. A Bologna il brodo è di cappone e manzo, dove non deve mancare l’osso! per saperne di più Breve storia del cappone natalizio
tortellini in brodo
Nella foto il piatto della Trattoria del Borgo, di Monteveglio: Tortellini nel brodo buono (dalla prima bollitura di carni e verdure si ottiene il brodo buono, poi si rifà la pignatta con la stessa carne e le verdure fresche e si ottiene, più leggero, il cosiddetto brodo matto).
The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2020 premia come Miglior Prosecco 2020 il Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. Extra Dry 2019 Follador. Questo risultato è arrivato grazie a un grande lavoro di squadra che ha coinvolto tutta la nostra famiglia e rende omaggio alla tradizione storica che rappresentiamo - spiega Cristina Follador – sulla base di un sapere centenario abbiamo sperimentato tecniche di vinificazione innovative per esaltare ancor più la qualità dei nostri vini secondo il nostro esclusivo Metodo Gianfranco Follador® .
Saba a colazione col caffelatte. Svevo con il the del pomeriggio. Joyce dopocena con un vino da meditazione. Non sono i propositi di un lettore appassionato che vuole conoscere da vicino i grandi della letteratura triestina e quindi mondiale. Sono invece i propositi di chi ha ricevuto in dono o ha scoperto in pasticceria – Pasticceria triestina per eccellenza, cioè Eppinger - una scatola di biscotti. Biscotti unici. Biscotti letterari. Frollin fragranti di ppochi e semplicci ingredienti, farina zucchero, burro e bacche di vaniglia. Un prodotto assolutamente originale, cioè nuovo come idea e format di prodotto, ma anche originale in quanto ogni biscotto, artigianalmente realizzato dal titolare Sebastiano Scaggiante, è diverso dall’altro. Ancora più originale e unico, se possibile, lo stampo in argento, le matrici, che il maestro orafo Maurizio Stagni ha ideato, per innserire il volto di Saba, Svevo e Joyce sul frollino.
Vi piacerebbe imparare a fare la Dobos o la Rigojanci, la Linzertorte e la pinza? Nel libro di qubì editore, oltre trenta ricette della pasticceria triestina e mitteleuropea fotografate e spiegate passo passo! Vai subito allo shop.
Christmas Fruit Cake. Un dolce della tradizione inglese che deve maturare e che va quindi preparato in anticipo (la data fatidica di inizio è in genere il 1 dicembre). E come matura? Anche bevendo del buon brandy! Un tempo veniva preparata per la Twelfth Night, la Dodicesima Notte, cioè la notte precedente il giorno dell’Epifania (fra il 5 e il 6 gennaio). In epoca medievale e fino al regno dei Tudor, la Dodicesima Notte chiudeva le festività invernali che iniziavano con la notte di Halloween (All Hallows eve). Ognuno ddei commensali doveva mangiare un pezzettino di fruit cake. Oltre a diversi tipi di frutta candita nell’impasto venivano inseriti un fagiolo e un pisello secco. L’uomo che trovava il fagiolo sarebbe stato per quella sera il re della festa, la donna che avesse trovato il pisello sarebbe stata la sua regina. Successivamente al posto dei legumi si introdussero piccoli portafortuna e in seguito anche una monetina da un penny. Le varianti sono moltissime e quindi anche gli ingredienti posono mutare. Importantissime sono le uvette: Uvetta di Corinto (Currants: piccola piccola e molto scura), Uvetta comune (Raisins), Uvetta Sultanina (Sultanas: quella bianca). Un tempo un po' ovunque e anche in tutte le regioni italiane si credeva che i 12 giorni che vanno da Natale al 6 gennaio, fossero magici. Nella dodicesima notte, per chi crede nel potere della tradizione, possono accadere prodigi e meraviglie: non esitate quindi a preparare questo dolce simbolico.
Il brandy (o whisky o rum ) è ingrediente essenziale perché la torta deve essere nutrita a intervalli regolari.
Il chinotto. Il piccolo e prezioso agrume conosciuto come Chinotto di Savona – presidio Slow Food dal 2004 – sarebbe, secondo la maggioranza delle opinioni, una pianta originaria della Cina, portata in Riviera attorno al 1500 da un navigatore savonese. Secondo alcuni ricercatori invece il Citrus myrtifolia, comunemente detto chinotto, agrume del genere Citrus (famiglia Rutaceae), sarebbe originario del Mar Mediterraneo, e si sarebbe sviluppato a seguito di una mutazione gemmaria dell'arancio amaro. In questo caso il nome potrebbe significare soltanto che si tratta di un frutto "di tipo cinese". Attualmente, però, non ci sono notizie su alcun tipo di coltivazione del chinotto nei paesi asiatici.
In tutti i casi a Finale Ligure il chinotto ha trovato il proprio ambiente ideale. I frutti che si ottengono da questa pianta sempreverde, alta poco più di due metri, crescono in grappoli e sono poco più grandi di un’albicocca, hanno una buccia di colore giallo-arancio, sottile e intensamente profumata. La polpa è di colore giallo, non molto succosa e amarognola. Nel periodo del raccolto, tra settembre e novembre, si legge sul sito di Fondazione Slow food, è possibile scorgere tra le foglie grappoli di chinotti, di piccole dimensioni e dal colore verde brillante che, col tempo, vira all’arancio.
Il primo laboratorio di canditura in Liguria risale al 1877, quando la Silvestre-Allemand si trasferisce a Savona da Apt, nel sud-est della Francia, dove era attiva dal 1780. In pochi anni nacquero molti stabilimenti locali che, impiegando le tecniche introdotte dai francesi, affinarono l’arte della canditura, ponendo le basi di un’importante tradizione pasticciera. Verso la fine del 1800 a Savona fu fondata la “Società Cooperativa dei chinotti” che, sull’esempio delle Camere Agrumarie del sud Italia, provvedeva sia alla coltivazione che alla trasformazione e alla vendita dei frutti. La conservazione dei frutti comincia con un’immersione in salamoia – un tempo si utilizzava l’acqua di mare – che si prolunga per tre settimane circa. Gli agrumi vengono quindi torniti a mano per togliere un sottile strato di buccia contenente gli estratti e gli aromi più amari, e rimessi poi in salamoia. Dopo questi passaggi i chinotti sono pronti per essere conciati con bolliture successive in sciroppi dolci a concentrazione crescente e infine posti nel liquore, preferibilmente Maraschino, oppure canditi.
Lo sapevate? Intorno al XIX secolo questi piccoli agrumi, colti ancora verdi, erano utilizzati com edecorazione d'arredo in molti caffè italiani e francesi; venivano posizionati sul banco di vendita all’interno di un vaso con cucchiaino di maiolica e immersi nel Maraschino. Erano ritenuti un ottimo digestivo.
Ancora oggi, nel territorio di Finale Ligure si trovano selezionate coltivazioni di chinotto, rinomate a livello mondiale. Con la lavorazione dei frutti si realizzano deliziose marmellate, canditi, liquori, birre e persino profumi. I chinotti al maraschino dell'azienda Parodi vengono prima canditi e poi immersi nel liquore. E cos'è il chinoro? Un olio aromatizzato realizzato con olive taggiasche accuratamente selezionate e Chinotto di Savona, ideale su carne e pesce sia crudi che leggermente scottati, ortaggi, pinzimoni, insalate e formaggi freschi. Azienda Agricola Parodi Alessandro Via Aquila, 15 Finale Ligure (SV) Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Conoscete la mela Carla? Una varietà antica definita dai padri della frutticoltura italiana,“una delle mele più saporite, con un sapore che ricorda viola e ananas” e “la regina delle mele croccanti”. Originaria del territorio di Finale Ligure, si raccoglie a fine settembre e si conserva sino alla primavera, sviluppando nei diversi gradi di maturazione qualità differenti che la rendono sempre speciale. Il frutto è piccolo e irregolare, ha una buccia liscia giallo-paglierina screziata di rosa e una polpa dolcissima, succosa e color bianco-crema. Particolarmente delicata, ha un aspetto elegante e si conserva meno delle altre varietà. Si mangia appena raccolta, cruda ma anche cotta.
In Ottobre è di un verdastro giallognolo, coperta da un lato di un bel rosso di rosa, a polpa croccante, piena di sugo e di un sapore forte. Essa sviluppa in Novembre una fragranza che assomiglia un poco a quella dell’Ananasso, e la sua polpa prende un sapor più gentile. In seguito il color verdastro si volta in un bel giallo cereo, e si cuopre sovente di qualche macchia di ruggine pallida: il rosso diviene allora meno vivo, o si perde, e l’odore svanisce o resta appena sensibile: la polpa diventa morbida senza cessare di essere fina, e non perde del suo sapore che al ritorno della primavera.
A Finalborgo, la bottega artigianale Sensu la utilizza per la preparazione di molti prodotti: la crema extra mela Carla, da gustare in ogni momento della giornata; la marmellata di mela Carla e chinotto; la beer de malum, birra dal colore leggermente torbido, soffice al palato prodotta con la mela Carla che le conferisce un gusto unico.
Il pernambucco è una profumatissima, succosa e dolcissima varietà di arancia che arriva da lontano, dallo stato brasiliano di Pernambucco, a cui deve il suo nome, probabilmente importata durante uno degli scambi commerciali tra Genova e l’allora colonia portoghese.
L’arancia pernambucco è un clone locale appartenente alla Washington Navel, che matura da fine ottobre in poi e che nella Riviera ligure,in particolare a Finale Ligure, ha trovato il suo habitat naturale grazie al terreno e al microclima ideale.
Già nel 1800 Giorgio Gallesio, avvocato e botanico finalese, parlava di questa particolare varietà di arancia sia nella Pomona Italiana che nel monumentale Traité du Citrus, rivendicando ai liguri l’introduzione delle arance in Italia. La coltivazione e l’esportazione di questi frutti preziosi era particolarmente importante per la Repubblica di Genova, che li commerciava con il nord Europa. Gli agrumi, raccolti ancora acerbi, erano cotti in una sorta di melassa ottenuta da zucchero, spezie e dal loro stesso succo, quindi stipati in barili di legno e conservati nelle stive.
Il pernambucco o pernambuco o fernambuco è un’arancia dolce, a polpa bionda di dimensioni medio-grandi ed è caratterizzata da una buccia abbastanza spessa e vescicolata, di colore arancione intenso. Il frutto è particolare, perché presenta all’interno un tipico frutto gemello (che ricorda l’ombelico, che in lingua inglese si dice appunto navel), localizzato al polo opposto rispetto al picciolo.
La coltivazione è oggi una produzione quasi esclusivamente familiare, ma in grado di regalare al palato un sapore unico e utilizzato anche per la realizzazione di deliziose marmellate di agrumi, dolci, liquori, ecc.
La famiglia Fernandez seleziona e lavora materie prime provenienti dai terreni di Perti, Gorra, Monte di Pia e Finalpia, località finalesi storicamente votate alla coltivazione, rispettando tempi e metodi di produzione che consentono di mantenere colori e profumi senza ricorrere a conservanti, additivi, addensanti, antiossidanti.
Azienda Agricola Fernandez, Via Calice, 160 - Finale Ligure (SV)
Per informazioni e orari di apertura al pubblico: tel. 334 9209933 email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
drink di Jonathan Bergamasco bar manager di Portico 4 Cafè Lounge Bar di Vercelli
L'IRLANDESE PIEMONTESE, drink che si ispira al capolavoro di Martin Scorsese 'Quei bravi ragazzi', un film che suggella, come farà anni dopo, sempre Scorsese, in The Departed, l’unione di due culture e territori come l’Irlanda e l’Italia. Jonathan Bergamasco, già finalista al Premio Strega Mixology e bar manager di Portico 4 Cafè & Lounge Bar, novità dell'estate 2020 post-lockdown a Vercelli, utilizza il Teeling Small Batch Irish Whiskey che, grazie al suo invecchiamento in botti di rum, sprigiona note di vaniglia e legno e si sposa perfettamente con l’aromaticità del liquore alle nocciole piemontesi. Il risultato è un mix dolcemente morbido, ma di grande carattere, che viene bilanciato dal tannico e acido del vino Barbera, reso meno pungente in uno sciroppo 1:1.
INGREDIENTI
45 ml Teeling Whiskey 15 ml liquore alle nocciole piemontesi 20 ml sciroppo di Barbera del Monferrato q.b. albume 4 drops bitter al cioccolato
PREPARAZIONE
Versare tutti gli ingredienti in un Boston shaker, effettuare un Dry shake, una shakerata senza ghiaccio per creare volume, grazie all’albume.
Riempire di ghiaccio e shakerare energicamente, quindi filtrare il tutto in una coppetta da champagne precedentemente ghiacciata.
Completare con 4 gocce di bitter al cioccolato in superficie.
Ricetta facile e stagionale, che dura nel tempo: ringraziamo Daniela Doretto che ce l'ha suggerita. Precisiamo subito: si chiama confettura di cachi e non marmellata (termine che vale solo per quando si conservano gli agrumi!). Aggiungiamo anche che il nome kaki deriva direttamente dal giapponese.
I maccheroncini di Campofilone ph. Maurizio Paradisi#LeMarcheintavola. Continuiamo con i nostri suggerimenti per i pranzi delle Festività e della Vigilia. Il 24 dicembre, come da tradizione, sulla tavola non possono mancare i Maccheroncini di Campofilone. La vera prelibatezza è proprio la pasta: tipicamente marchigiani, insigniti della denominazione di indicazione geografica protetta IGP e quindi prodotti solo a Campofilone – i maccheroncini si presentano come spaghettini finissimi, lunghi fino a 60 cm e fatti solo con farina o semola di grano duro e uova. Una varietà di pasta all'uovo con sfoglia sottilissima (0,3-0,7 mm) e del taglio (da 0,8 a 1,2 mm) Il disciplinare prevede l'utilizzo delle sole uova fresche nell'impasto, senza alcuna aggiunta di altri liquidi. Sono talmente sottili che spesso non vengono nemmeno lessati nell'acqua, ma cotti direttamente nel condimento. Talmente buoni da essere eccellenti anche con un semplice sugo di pomodoro. Qui ve li proponiamo in una versione informale: sicuramente dovrete esercitarvi un po' per riuscire a preparali da soli. Se volete essere sicuri del risultato vi conviene acquistarli pronti!
#maccheroncinidiCampofilone. Qui sotto vi proponiamo i maccheroncini con il ragù di carne di Alfredo alla Scrofa, Roma. Maccheroncini di Campofilone al ragù di carne