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L'oste e il cuoco: Filippo La Mantia

logo ufficiale cous cous festival 2013logo ufficiale cous cous festival 2013L' “oste e cuoco” : Filippo La Mantia  al Cous Cous Festival 2013  con Medici Senza Frontiere. Solidarietà per la Siria.  Il mio primo indimenticabile assaggio del cous cous siciliano risale a undici anni fa e fu alla “Zagara”, a due passi da Castel Sant’Angelo: il ristorante romano di un ancora semi-sconosciuto ma già eccellente Filippo La Mantia. Non ho mai scordato l'ineguagliabile profumo emanato di quel piatto al pesto di agrumi, basilico, mandorle e capperi. 
Carismatico e ormai riconosciuto come lo chef italiano prediletto dai VIP,  ai  successi ottenuti  alla "Trattoria" in via Pozzo delle Cornacchie nei pressi del Pantheon hanno fatto seguito gli elegantissimi ricevimenti al ristorante dell'Hotel Majestic e l'attuale presenza televisiva su La 5 nel talent “The Chef”.  Ha inoltre riempito le cronache rosa per  il suo matrimonio con Stefania Scarampi di Prunei, da cui ha avuto una bellissima bimba.
 In cucina, buona parte della sua fama è legata alla decisione rigorosa (quantunque eretica per i puristi della tradizione mediterranea) di non utilizzare nei suoi piatti l’aglio e la cipolla, sostituiti da un mix di spezie mediorientali  - cardamomo e coriandolo -  con l’aggiunta di mentuccia, pistacchi, pinoli, uva passa, mandorle e agrumi: gli ingredienti principe del dolce e del salato in Sicilia.
La sua rocambolesca biografia, da lui stesso resa nota attraverso molte interviste e ospitate televisive, lo circonda di un'aura quasi mitologica: un Ulisse bello di fama e di  "ventura"  con una parabola in costante ascesa, dopo aver attraversato momenti bui. Nel 1986, ingiustamente accusato di complicità nell’uccisione del vicequestore Ninni Cassarà, finì in carcere per sette lunghi mesi prima di essere scagionato in modo definitivo. Il documento di proscioglimento con formula piena reca in calce una firma importante, quella del compianto Giovanni Falcone.  Proprio in carcere tuttavia, paradossalmente, ebbe inizio la sua fortuna: non si lasciò infatti sopraffare dalla disperazione, ma si dedicò alla cucina trasformando così l’ingiustizia subita in una vittoria e nell’affermazione personale. 
La “Roma Godona” - copyright Dagospia -  ama La Mantia perché non smette di sorprendere né di rimettersi in gioco e soprattutto perché  non dimentica mai chi è meno fortunato di lui: chi lo segue in questi giorni sui social, lo sa ad esempio impegnato con Gino Strada in drammatici teatri di guerra e di desolazione.
Fotoreporter, ex karateka e motociclista di antica data, ha raggiunto proprio in moto San Vito Lo Capo, percorrendo il lungomare fino al PalaBia con un piglio da novello Brando nel “Selvaggio”.  Matteo Rizzo, sindaco di San Vito Lo Capo, con l'affetto e la confidenza di uno che, com’è evidente, lo conosce e lo stima da sempre, alla conferenza stampa in apertura del Festival ha ironizzato ricordando le origini culinarie sanvitesi del prestigioso ospite, quando ancora proponeva il pane con aglio e cipolla. La simpatica provocazione è stata seguita dal riconoscimento di aver accresciuto nel tempo, con la sua presenza, l’importanza del Cous Cous Fest.  Una presenza ancor più significativa quest’anno grazie al sostegno da lui offerto a Medici Senza Frontiere: una cena di solidarietà  in favore dell'emergenza in Siria, dove il personale di MSF opera in sei ospedali e quattro centri sanitari. Ma non basta: nelle zone in cui le proprie équipes sono impossibilitate ad arrivare, l'organizzazione ha creato un programma di supporto in collaborazione con medici siriani, fornendo farmaci, attrezzature mediche e consulenza tecnica ad altri 27 ospedali e 56 presidi sanitari in tutto il Paese lacerato dal conflitto armato.  Ho visitato l'ospedale gonfiabile da campo allestito sul lungomare  a pochi passi dai padiglioni del Festival: grande l’emozione provata nel constatare dal vivo l'incredibile efficienza di questa struttura mobile, dotata di tutti i servizi principali (pronto soccorso, sala operatoria e farmacia).  (ospedalegonfiabile.msf.it)
Ma torniamo al La Mantia “oste e cuoco”: proprio a San Vito Lo Capo  e in altri centri della provincia di Trapani egli conobbe, giovanissimo, le anziane signore che gli hanno insegnato l'arte di "incocciare" la semola e che gli hanno fatto apprendere le preghiere recitate delle donne magrebine mentre preparano il cous cous da lui rivisitato con grande originalità creativa e con tanto successo. 
Due sono le parole chiave per chi voglia conoscere l'antico mondo di questo alimento. La prima è "marafadda", il recipiente in terracotta a pareti svasate, solitamente decorato con colori accesi, un enorme piatto divenuto simbolo dell'arte della ceramica siciliana, come quella di Caltagirone e di Santo Stefano di Camastra. La seconda è "incocciare", verbo che definisce il movimento rotatorio che si fa con il palmo della mano per ottenere il cous cous. Sono necessarie due qualità di semola, una a granelli minuti e l'altra di macinazione più grossolana. Quest’ultima viene versata nella marafadda con acqua salata, si aggiunge poi la semola a granelli più piccoli e si incoccia fino a ottenere grumi più grossi, il cous cous appunto, che si stende su un tovagliolo per farlo asciugare; la tradizione vuole che l'incocciatura sia fatta a più riprese per ottenere il migliore risultato. La cottura prosegue nella couscoussiera, una pentola di terracotta forata sul fondo, simile a una sorta di scolapasta. Essa viene appoggiata sopra un’altra pentola che, nella tradizione trapanese, viene riempita d'acqua contenente cipolla, aglio, una stecca di cannella, scorza di limone e arancio per aromatizzare il cous cous mentre si cuoce a vapore circa un’ora e mezza. Al fine di evitare la fuoruscita del vapore, la pentola con l'acqua e gli aromi viene saldamente “cucita” alla couscoussiera tramite un impasto di acqua e farina.
Nel nostro mondo frenetico, dove ben pochi troverebbero il tempo di incocciare, aromatizzare e cuocere secondo i dettami della tradizione, possiamo gustare comunque un ottimo cous cous facile da preparare e altamente digeribile: viene proposto da BIA, main sponsor di tutta la rassegna. Si tratta dell’azienda leader in Italia nella produzione di cous cous convenzionale e biologico certificato. Ha sede ad Argenta in provincia di Ferrara e propone una vasta gamma di semole: integrale, semi integrale, farro, kamut, orzo, 4 cereali, mais, mais e riso e solo riso, anche senza glutine. Soluzione ideale quindi per chi abbia problemi di intolleranze alimentari.

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